altra notte. stesso balcone, stessa ragazza. lei “a questa notte manca soltanto il mare, sentire il ritmico e flebile alitare del mare, ora, con te, su questo balcone, non avrebbe eguali”. entrambi siamo accanto alla ringhiera metallica, con i palmi delle mani poggiati sul ferro. lei si volta verso di me “faresti una cosa per me?” la guardo in silenzio, i miei occhi imperturbabili esprimono incondizionata condiscendenza, lei continua “se te lo chiedessi, mi spingeresti giù dal balcone?” fa una breve pausa fissando il bosco e, sempre con lo sguardo fisso davanti a sé “ è una cosa che sogno di fare fin da bambina… un volo… un salto incosciente e sfrontato…. mi ha sempre frenato la paura… la paura dell’attimo prima di toccare il suolo, la paura di quell’attimo di estrema lucidità…” io “ non credo di poterti garantire quell’attimo di serenità che vai cercando…”. i nostri sguardi si toccano, ci baciamo. la bacio nonostante le nostre bocche non si siano ancora toccate. il bacio comincia qualche attimo prima che le bocche entrino in contatto, c’è un momento, carico di magica alchimia, in cui due anime si baciano, anche se le due bocche ancora non sono un tutt’uno. quell’attimo, forse, è l’essenza del bacio, il resto è un’umida conseguenza di quell’attimo di magia.
assaporiamo l’essenza di quel bacio (presumo lo faccia anche lei) senza accostare le nostre labbra. i nostri sguardi ora sono più fluidi. lei “ti rendi conto che non sappiamo niente l’uno dell’altra? ciò rende questa situazione surreale…” io “ non credo ci sia bisogno di sapere qualcosa l’uno dell’altra per stare qui, stanotte, in questo balcone. ci diciamo quello che ci va, il resto sarebbe vano chiacchiericcio estivo”. lei “ti rendi conto che potremmo anche non vederci mai più? ed io non so nemmeno come ti chiami…” io “parole da donna, e il mio ruolo di uomo mi suggerirebbe parole improntate ad un risoluto e dignitoso cinismo alla umphrey bogart eheheheheh” sorrido con dolce accortezza e, qualche istante dopo, i muscoli del mio viso appianano gradualmente le sfumature di quell’impercettibile sorriso. “nel frigo della mia camera” fa lei “ho una bottiglia di vino rosso, ti andrebbe se la portassi qui?”. io, con espressione serissima “parole più audaci e geniali, ora, non potevi pronunciare. ti aspetto…”. si allontana ed io, in un baleno, mi dissocio mentalmente dal mondo, dalla ragazza, dalla bottiglia di vino. completamente solo, Solo. sulla sedia, le gambe dritte e divaricate, le punte delle dita delle mani tutte in contatto tra di loro, i palmi staccati come se stringessi un’invisibile palla sospesa a mezz’aria. la presenza della ragazza è assolutamente piacevole eppure, ora, assaporo avidamente la solitudine, forse perché si tratta di un’ effimera solitudine con i secondi contati, “la bellezza delle cose mortali” penso, o forse la verità è che sono realmente e semplicemente un amante della Solitudine? si avvicina col suo leggerissimo vestitino bianco, la chioma rossiccia e la pelle placcata di una discreta doratura estiva, in una mano la bottiglia di vino piena per tre quarti, nell’altra due piccoli calici di vetro che involontariamente fa tintinnare due o tre volte, mentre cammina. grazie a Dio non pronuncia frasi stupide e banali tipo “ti sono mancata?”. mi porge un bicchiere mezzo pieno, lei prende l’altro ma non beve, forse aspetta che sia io a fare il primo sorso, poi mi dice “ti andrebbe se ti dicessi quando partirò, quando andrò via? o ti andrebbe di dirmi quando partirai tu?” bevo un sorso e lei fa altrettanto, io “ se fossimo in pieno giorno forse sì, ma un po’di mistero ben si addice ad una notte come questa”. il suo viso diventa malinconico, si dedica silenziosamente al suo bicchiere e lo svuota, io faccio altrettanto poi mi alzo e le prendo una mano, invitandola ad alzarsi. la conduco davanti alla ringhiera del balcone, i nostri fianchi e le gambe poggiati sul metallo, mi avvicino a lei cingendole la vita con il braccio. restiamo un po’ così, in silenzio. penso ad alcune cose che mi detto “ti rendi conto che potremmo anche non vederci più? alla bottiglia di vino, alla domanda “ti andrebbe se ti dicessi quando andrò via?”, probabilmente andrà via domani, penso. e penso anche che se ci scambiassimo i numeri, se decidessimo di incontrarci ancora, sicuramente non ci sarebbe questa stessa, soffusa magia quasi incantata. restiamo così, appoggiati contro la ringhiera, la mia mano sul suo fianco. io sto bene così, ogni parola, ogni decisione, ogni falsa speranza sarebbe ora una spiacevole presenza. restiamo così, in silenzio, davanti alla notte, la nostra notte.