un’altra notte tutta mia, a scribacchiare queste parole che, anche se
non saranno un granché, sono assolutamente naturali come il respiro che mi esce
dalla bocca. voglio dire, non devo pensare o concentrarmi, escono da sole e
lasciarle sgorgare liberamente mi regala una sensazione che è una specie di
ritaglio di una beatitudine incastonata tra le fesserie sparse per la giornata.
scalzo, in mutande e maglietta, ogni tanto passeggio per la casa, mi affaccio
alla finestra, gradevole lo scroscio della piccola fontanella sotto casa, bevo
qualche sorso d’acqua, vado a pisciare, mi risiedo davanti a questo pc
scassato, mancano alcuni tasti della tastiera, la città dorme, sono quasi le
quattro del mattino, sono l’unico essere sveglio immerso in un dormitorio fatto
di loculi di cemento. sto così bene che anche i miei lupi sono mansueti, lontani,
da qualche parte del bosco a cui sono legato per volere di chi mi ha creato.
notti come questa sono una mentale fuga dal mondo, sono manciate di ore fatte
di assenza di azione, sono assurde, semplici e intense passeggiate intime e
forse anche un poco metafisiche. in queste notti sono come una carta assorbente
che si imbeve del silenzioso nulla che mi attornia. probabilmente la somma di
tutte queste mie notti sarebbe quanto di più vicino all’essenza della mia
esistenza. e considerato che si tratta di notti necessariamente solitarie,
posso dire che nessuno mi ha mai visto vivere. è la mia ombra, l’ombra della
mia vita, quella che gli altri vedono. scribacchiare in queste notti è ignorare
tutto ciò che accade e respira aldilà della finestra. non riesco ad immaginarmi
senza scribacchiare queste parole, potranno anche essere sconclusionate, ma se
non le lasciassi danzare nella notte mi resterebbero dentro le viscere
dell’animo, col loro peso e… liberarle e farle danzare credo sia come vedere
volare via un uccellino a cui abbiamo spalancato lo sportellino della gabbia.
una bella sensazione, insomma. è un silenzio piumato quello che si affaccia
alla mia finestra, un silenzio che è la mia tana in cui sto come su una morbida
zattera alla deriva nel cuore del mio oscuro bosco a tratti ardente come un
deserto, a tratti piovoso come un cimitero avvelenato.
giovedì 29 ottobre 2015
sabato 24 ottobre 2015
il
contatto con gli altri esseri umani mi tocca, se vuoi stare a questo mondo non
puoi cliccare sull’opzione “non accetto”. devi guardarli, usare la tua voce,
persino ascoltarli. che seccatura! stare tra la gente, che tu lo voglia o no,
ti rende un po’ come tutti loro. io ad esempio non riesco nemmeno a leggere, in
presenza di altre persone. certo, posso leggere parole, pagine, ma non riesco
ad assaporarle come quando sono solo. anche guardare una partita di basket, o
un film, da solo è tutta un’altra cosa. anche scribacchiare queste parole
sarebbe inammissibile in presenza di estranei. ora, nel cuore della notte,
mentre scribacchio davanti a questo pc tutto scassato, sto bene come non potrei
stare in alcun luogo che comprendesse la presenza di altre persone. dio, quanto
mi piacerebbe farla finita con questo trantran del circo e delle persone da
incontrare per forza, tutti i giorni. me ne starei volentieri a casa, a leggere
gli scrittori del passato, a guardare i miei film (la scatola piena di
spazzatura cartacea che ho appena fatto volare dalla finestra, destinazione
marciapiede, ha fatto un po’ di baccano ma sembra che lo schianto sia passato
inosservato, nessuna finestra si è spalancata, nessuno ha pensato di vedere chi
è lo stronzo che getta l’immondizia dalla finestra…). farla finita col solito
trantran della quotidianità, il mio più grande sogno, in molti lo
considererebbero una perdita di tempo, uno spreco di tempo. io di sicuro non la
penso così. in questo momento beatles, candele, notte e città addormentata che
nemmeno bada alla mia scatola volante, in questo momento, mentre scribacchio
libero e leggero, sto così bene che riesco distaccarmi completamente dagli
umani che non mi conoscono e che non voglio conoscere. se questo è perdere
tempo, be’, adoro farlo. notti simili a questa ne ho trascorse chissà quante,
fin da adolescente. che ci crediate o no, scribacchiare ora queste parole è una
vera delizia. è un modo di far evaporare tutto quel trantran che dicevo prima.
sono circa le 3,30. penso che tirerò sino alle prime luci dell’alba, sereno e
beato come un cammello solitario tra le dune del deserto.
martedì 20 ottobre 2015
dalle ceneri
di questo mondo di merda sbocciano fiori… è dal letame che nascono i fiori più
belli, diceva il cantante…
profonde
melodie attraversano il silenzio delle stelle che ondeggiano malate e annoiate…
la mia
notte è fatta di fiamme e oscurità, i miei petali scintillano dall’alto di un
campanile celeste. la mia notte esala ardenti granelli di tempeste che si
addensano lasciando presagire naufragi insanguinati.
venerdì 16 ottobre 2015
sorrido provando
ad immaginare una soffice e tranquilla notte con i miei lupi domati e mansueti.
sono una tanica di benzina che ingurgita fiammiferi accesi (mmmm mangiafuoco,
pinocchio… naaaa, inconscio fai il bravo, almeno per un po’ ) . rannicchiato e
congelato nel mio nido infuocato vedo angeli e uccelli danzare liberi come
malinconiche parole drogate. un’adunata di alberi bruciati poco più in là. il mio
silenzioso grido selvaggio è forse un semplice scherzo per questo mondo che sta
davanti alla tv a vedere il grande fratello.
lunedì 12 ottobre 2015
un momento che
adoro è quando mi alzo dal letto ancora bagnato dai sogni di cui il cervello ha
prontamente asciugato le immagini. un corpo finto-immacolato con addosso i
selvatici rampicanti della notte. quando la ragione si finge morta possiamo
vagare fra le rovine che possono tagliuzzarci i piedi, le gambe, la gola. adoro
quando appena sveglio i sogni traboccano senza alcuna autorizzazione.
giovedì 8 ottobre 2015
domenica 4 ottobre 2015
chi racconterà la tristezza della mediocrità che
come peste ammorba le esistenze che popolano questo mondo? adoro quando il mio
spirito dorme sognando di essere eterno. le lame tagliano il mio umido cervello
che sorride alle carezze di un marciume silenzioso come angelica neve che non
smetterà di imbiancare nuovi fiori. ho la pelle arida e stanca che si trascina
come una bocca senza speranze. l’acerbo morso notturno è una muta finestra che
sanguina trascinata dalle gemme di parole che hanno più di duemila anni. forse
una notte berrò stando a braccetto con l’eternità e le noie e le sofferenze
saranno semplici immagini da cui evadere.
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