eccolo, mancava da un po’, il mio squilibrato inferno personale, ciò che mi rende una meravigliosa anima in pena abbigliata da anima comune, in puro mediocritas-style. s’intravede la voragine, la bocca dell’inferno, e mi ci tuffo con scriteriata veemenza, volo a testa in giù, come un orfano figlio di puttana che vuole fottere il mondo intero, con un ghigno diabolico sulle labbra. sono crudele, cattivo, malvagio, spietato e insofferente, osservo i miei graffi, le mie mille pugnalate dalle quali sgorga corrosivo veleno acido che nessuno può vedere, nessuno potrebbe tollerare. mi lascio sprofondare nel mio inferno mentre l’utero che mi ha inghiottito si richiude sopra di me, come una vagina a cui sta a cuore la propria verginità. verginità come inviolabilità nei confronti del mondo intero. il cielo flaccido-plumbeo si chiude isolandomi, le cose di cui ho bisogno, se ho bisogno di qualche cosa, restano fuori, dalla vostra parte del mondo. il mio respiro è fuoco, il mio cuore una bomba che esplode ad ogni battito, distruggendo ogni cosa. nessuno potrà mai toccarmi sul serio. mi strappo qualche brandello di carne per trovare un po’ di sollievo, sputo pezzetti di carne mista a denso sangue scuro e pesante, sento la mia insana e perversa serenità sprigionarsi come vapore. mi perdo nel mio inferno. la luce, il vostro mondo, la vostra aria sono il vero inferno. continuo a lacerarmi le membra, mi placo un poco e all’ombra di un cipresso mi stendo respirando buio, sognando buio, vomitando fuoco.
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