Mentalmente volteggio nella
mia stanza su un’altalena celestialmente inesistente, sono una dolce pallida
ninfetta cannibale, ho fame di terribili immagini che sconvolgerebbero gli
umani, bianche culotte maglietta bianca e impallidita pelle diciannovenne. Sono
la più pallida la più bella diciannovenne del mondo. Tutti i restanti esseri
del pianeta piccoli esseri a metà con la loro piccola luce il loro microbuio e
magari stanno anche male in quelle mini pozzanghere di angosce diluite e
annacquate. Dondolo senza sosta con Sister Morphine in eterno repeat. Piccoli
sorsi ritmati di William Lawson’s direttamente dalla bottiglia verde
trasparente. Spengo la luce al buio cammino nel mio monolocale al tredicesimo
come un’affamata tigre ingabbiata metto I got the blues in repeat, vorrei essere
amata da tutte le persone del pianeta all’unisono, senza mai essere sfiorata,
tutti a guardarmi col naso appiccicato al vetro della mia portafinestra. Alzo
il volume piccoli sorsi ritmati di William Lawson’s canto alta e maleducata.
Amo il mio bellissimo corpo bianco e slanciato, esangue bellezza incontaminata
come un’insensata anonima lapide di marmo bianco nel bel mezzo di un’isola
spartitraffico in un incrocio pregno di vitalità grigia di smog e cemento e
lamiere che procedono con ripetuti e ipnotici singulti privi di ogni forma di
passione. Amo il mio bellissimo corpo bianco e magro da sedare con amore. Una
capsula rosa e blu trenta gocce di soporifero siero disciolte in piccolo
bicchierino con del succo d’arancia altro sorso di William Lawson’s direttamente
dal vetro verde trasparente. Accendo una grossa candela color avorio accendo
una sigaretta accendo C’mon Billy di PJ Harvey. Cammino per la stanza scalza e
bellissima come una dea diciannovenne in un mondo che ha dimenticato ogni
mitologia. Micromonetina bianca di gesso benzodiazepinico deglutita con un
sorso di Lawson’s. Mi siedo sul pavimento bella come una dea. Mi alzo prendo
una birra e mi risiedo sul pavimento. Bella come una dea. Squilla il telefono è
Senia “una di queste sere usciamo e ci beviamo la notte”. “Vorrei” le rispondo
“vorrei piangere abbracciando triste una bianca sconosciuta lapide di
ghiaccio”. Senia: “sono nuda appena uscita dalla doccia, indosso solo
un’esuberante quantità di mascara sul mio sguardo”. Le dico “una di queste sere
usciamo, sì. Ho voglia di vomitare fredde e chirurgiche cattiverie su chiunque
cerchi di attaccare bottone”. Senia: “Cerco di recuperare anche Lara. Tra poco
dovrei uscire con uno stronzetto che mi fa il filo a lavoro. Credo gli darò
buca. Preferisco stare a casa, ho voglia di bere musica e dormire, senza
respiri estranei sulla mia carne”. “Una di queste sere usciamo, sì. Fanculo
Senia”. “ Ok, ci sentiamo. Fanculo a te Cry”.
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