Dopo una, forse due ore di ricerca, scandagliando con la mente la superficie intera del globo, la mia scelta è caduta sull’Islanda, l’isola del ghiaccio e del fuoco, dell’acqua purissima che scorre su incontaminati corsi d’acqua, che compiendo impressionanti balzi dà luogo a splendide cascate, che viene vaporizzata e schizza verso il cielo terso nei numerosi geyser.
Seduta sul pavimento, davanti al mio mappamondo e sotto lo sguardo taciturno di bullet, dopo aver sorseggiato una camomilla in cui erano disciolte numerose benzodiazepiniche goccioline, osservo quella terra adagiata nel mezzo dell’oceano atlantico, osservo il mappamondo e lascio che i pensieri facciano quello che vogliono. Quando comincio a sentire un lieve torpore che scende lieve su di me, come bruma di notte, mi stendo sul letto attorniata da totale silenzio e lascio che la sonnolenza mi si adagi sopra come un’intima coperta delicata. Chiudo gli occhi e ascolto solo la sonnolenza che mi percorre come fa l’acqua del mare sulla battigia, ritmicamente, piacevolmente. Quando sento la mente allontanarsi in silenzio dal vostro mondo, come una zattera sospinta da un soffio delicato, decido che è giunto il momento per staccarmi dal mio corpo. Comincio a fluttuare nell’aria, do un’occhiata al mio corpo steso sul letto, il viso sereno come quello della Madonna del cardellino di Raffaello, e leggerissima evaporo oltre il soffitto, mi ritrovo nel cielo a svolazzare come una nuvola. D’un tratto il mio letto, il monolocale, la città sono impalpabili ricordi e sotto di me solo la grande distesa del mare, acqua azzurra e niente più, acqua azzurra e niente più. Anche il tempo è solo un ricordo impalpabile, sento un’arietta fresca e frizzante che mi accarezza tutta quanta e, sotto, solo un’immensa distesa d’acqua, sotto l’oceano ed io libera e leggera come un gabbiano.
Come avviene nei sogni mi rendo conto che la terra che vedo è l’Islanda, continuo a sorvolare l’Isola fino a quando, nella regione settentrionale, tra una miriade di stabilimenti per la lavorazione del pesce scorgo la città di Akureyri, la città del sole di mezzanotte. Sono vicina alla mia meta e già assaporo lo splendore che mi attende, un sottile brivido d’eccitazione mi scorre a fior di pelle come una piacevole mini scossa elettrica, una sensazione che nel mondo concreto penso di non aver mai provato. Eccomi giunta nel luogo dove potrò vivere uno stralcio di vera e incorrotta felicità. Ci sono pochi turisti sparsi come formichine nella vastità dello spazio circostante, tutt’attorno verdi colline abbracciate l’una con l’altra come un’immensa squadra di rugby a consulto e sopra un cielo che a parole è difficile da descrivere, un azzurro spettacolo che lascia senza fiato. C’è solo il suono della natura, il silenzio del cielo, dell’aria fresca e pulita, lo sguardo muto delle colline verdi e implacabili e, su tutto, l’imponente ma armonioso scroscio dell’acqua. Vostra Cry in un paradisiaco angolino della Godafoss, la cascata degli dèi. Mi siedo tra le rocce e mi perdo in contemplazione, osservando la cascata e, credetemi, il vostro mondo non è mai stato così distante...
Seduta sul pavimento, davanti al mio mappamondo e sotto lo sguardo taciturno di bullet, dopo aver sorseggiato una camomilla in cui erano disciolte numerose benzodiazepiniche goccioline, osservo quella terra adagiata nel mezzo dell’oceano atlantico, osservo il mappamondo e lascio che i pensieri facciano quello che vogliono. Quando comincio a sentire un lieve torpore che scende lieve su di me, come bruma di notte, mi stendo sul letto attorniata da totale silenzio e lascio che la sonnolenza mi si adagi sopra come un’intima coperta delicata. Chiudo gli occhi e ascolto solo la sonnolenza che mi percorre come fa l’acqua del mare sulla battigia, ritmicamente, piacevolmente. Quando sento la mente allontanarsi in silenzio dal vostro mondo, come una zattera sospinta da un soffio delicato, decido che è giunto il momento per staccarmi dal mio corpo. Comincio a fluttuare nell’aria, do un’occhiata al mio corpo steso sul letto, il viso sereno come quello della Madonna del cardellino di Raffaello, e leggerissima evaporo oltre il soffitto, mi ritrovo nel cielo a svolazzare come una nuvola. D’un tratto il mio letto, il monolocale, la città sono impalpabili ricordi e sotto di me solo la grande distesa del mare, acqua azzurra e niente più, acqua azzurra e niente più. Anche il tempo è solo un ricordo impalpabile, sento un’arietta fresca e frizzante che mi accarezza tutta quanta e, sotto, solo un’immensa distesa d’acqua, sotto l’oceano ed io libera e leggera come un gabbiano.
Come avviene nei sogni mi rendo conto che la terra che vedo è l’Islanda, continuo a sorvolare l’Isola fino a quando, nella regione settentrionale, tra una miriade di stabilimenti per la lavorazione del pesce scorgo la città di Akureyri, la città del sole di mezzanotte. Sono vicina alla mia meta e già assaporo lo splendore che mi attende, un sottile brivido d’eccitazione mi scorre a fior di pelle come una piacevole mini scossa elettrica, una sensazione che nel mondo concreto penso di non aver mai provato. Eccomi giunta nel luogo dove potrò vivere uno stralcio di vera e incorrotta felicità. Ci sono pochi turisti sparsi come formichine nella vastità dello spazio circostante, tutt’attorno verdi colline abbracciate l’una con l’altra come un’immensa squadra di rugby a consulto e sopra un cielo che a parole è difficile da descrivere, un azzurro spettacolo che lascia senza fiato. C’è solo il suono della natura, il silenzio del cielo, dell’aria fresca e pulita, lo sguardo muto delle colline verdi e implacabili e, su tutto, l’imponente ma armonioso scroscio dell’acqua. Vostra Cry in un paradisiaco angolino della Godafoss, la cascata degli dèi. Mi siedo tra le rocce e mi perdo in contemplazione, osservando la cascata e, credetemi, il vostro mondo non è mai stato così distante...
1 commento:
QUELL'ARIA, QUEL CIELO TERSO....
CI SONO STATA ANCH'IO, GRAZIE
BlackStar
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