
Tutte le mie chimiche sostanze ad assecondare lunari incostanze, colorate come ombre invisibili e allucinate. Sono nato dalle lacrime della luna, piovuto in una notte di fredde intemperanze, lupi affamati mi hanno allevato come un fanciullo sbranato dalle sofferenze. Tu, come un flebile ricordo sotterraneo, emergi rammentandomi che, se io mi dico poeta, dovrei rischiarare la tua bellezza come si faceva per le dee nell’antichità. Il poeta, dal tenero animo bianco e sognante, attende che il cuore gli venga estirpato da quelle unghie che sanno di esser belle e desiderate, oh si, loro sanno che c’è chi si lascerebbe annientare dal loro gesto duro e spietato. Il poeta è un bambino solo, nato per soffrire, morto innamorato, che guarda al cielo e al suo amore per cui è malato, è un triste pagliaccio condannato. Il suo dolore è d’una simile bellezza di cera e di vetro, di sangue e di sudore che chi lo vede ne resta incantato. Oh mia bellissima musa dalle vene di ghiaccio, tu sai che mi lascerei morire sfiorando i tuoi scintillanti capelli fioriti dall’incanto, il tuo distacco è una morte gelida e un rovente dolore, il mio inchiostro è la velenosa sofferenza che mi lasci sorseggiare come una fontana fiera del suo vanto raffinato, oh giovane Letea troppo innamorata della tua bellezza, mentre contempli la pietrosa carnagione innocente uccidimi pure col tuo pugnale affilato, non aspetto che di essere accoltellato, avvelenato, sono un bambino e sogno di morire di candore come la tela aspetta il tocco del suo pittore.