domenica 25 aprile 2010

sguardi, pioggia e cieli adolescenziali

ieri ho a lungo osservato il cielo notturno. un cielo estremamente diverso da quello che contemplavo tra tormenti e cosmiche riflessioni adolescenziali. questo è così basso, modesto, grigio-spento. mi vien da pensare che man mano che si procede nel percorso della vita gli spazi si riducano sempre più. dalle idilliche e sfrenate escursioni giovanili per le campagne, alle interminabili giornate passate a cazzeggiare tra campetti di calcio più o meno improvvisati sino alle giornate di adesso, vissute in un appartamentino del cazzo, scandite da orari di lavoro e pagamenti di bollette, supermercati e bla bla bla. e probabilmente all’orizzonte gli spazi si ridurranno ineluttabilmente, prendendo le fattezze di un ospizio, una camera d’ospedale e infine una cassa di legno zincata. detto così sembrerà pure drastico e pessimistico ma, con impercettibile gradualità, gli spazi hanno cominciato a ridursi e guardando il cielo lo si sente eccome. gli spazi ristretti comportano immagini mentali agli antipodi della libertà e del romanticismo. per non lasciare avvizzire la libertà devo preservare i miei spazi interiori, salvaguardate oasi spirituali in cui posso gioire di incontaminati scenari dove i mediocri esserini non possono metter piede.
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ieri, parlando della mia bellissima jeanne, una piacevolissima persona mi ha detto, citanto Shakespeare: “l’amore non guarda con gli occhi ma con l’anima, è per questo che la vedi così bella”. appropriatissime parole che condivido in pieno. e, sempre ieri, ho intravisto un’altra cosina che, estasiato, osservavo giorni fa con l’anima. vedere le belle cose con gli occhi dell’anima mi fa sorridere di piacere.
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da diversi giorni ho in mente un’immagine che, ciclicamente, fa la sua comparsa tra i miei pensieri, da anni e anni. quando il divino Raffaello morì,nel 1520, stava lavorando alla Trasfigurazione, appunto la sua ultima opera. il Vasari ci racconta che la tavola, col dipinto incompiuto, fu messa davanti al letto funebre e, vedere quella tavola così viva e il corpo morto “faceva scoppiare l’anima di dolore”. ho sempre immaginato quella scena in una notte di pioggia. ho sempre immaginato quella pioggia, la pioggia di quando morì Raffaello. quelle gocce di pioggia erano l’espressione del dolore della natura, che piangeva per la scomparsa del divino fanciullo. ho più volte visto nitidamente, con i miei occhi, quelle bellissime gocce di pioggia. quella pioggia è bellissima.

1 commento:

Anonimo ha detto...

...
Che colori in quella tela ... che rumore quella pioggia ...
sembra quasi una ninna nanna ... ;)

un sospiro.