mercoledì 13 aprile 2011

solitudine, rifletto sullo star soli e ovviamente la cosa più positiva che balza alla mente è la libertà. libertà dai compromessi, vabbè, fin troppo ovvio. ma anche la libertà di non essere usati. usati per occultare insicurezze, allontanare paure, ottenere tepore e premure. ultimamente gli angoli che avevo volontariamente smussato hanno ripreso il loro acuminato aspetto di una volta. sono un educato e perbene ragazzaccio che si piega il meno possibile ai dettami sociali. non gioco a fare il chiassoso sovversivo, a sbandierare ai quattro venti atteggiamenti ribelli. la mia è la libertà del pagliaccio che, tornato a casa, si toglie il trucco di dosso, sorride e si compiace guardandosi allo specchio. più sono solo e più sento, tratteggiando la mia mente col dito, le asperità taglienti che mi piacciono tanto. una volta, uscimmo in compagnia, tra gli altri c’era anche mio fratello e una sua amica che s’interessava a me, lei chiedeva a lui di me e lui se ne uscì dicendo “lo vedi così ma è matto, è matto come max di “c’era una volta in america”…” io sorrisi perché il paragone non era affatto appropriato, del resto mio fratello non ha neanche l’un per cento del mio acume psicologico. le mie stranezze sono bagnate dal mare della riservatezza, la prima immagine che mi salta in mente, pensando alla mia stranezza, sono i miei cieli stellati adolescenziali. quanto ero bello e strano, a sedici anni, sotto quei cieli così profondi, quando tutto svaniva e tutti rientravano a casa, io, provetto pagliaccio, sotto quei cieli riflettevo il mio sguardo sulla luna e mi fondevo con quel cosmo, mi sentivo così splendidamente solo. li ricordo così bene quei cieli, osservati dal giardino della casa dei miei. una volta, erano le tre, le quattro del mattino, mi trovavo in giardino a fissare e ascoltare il mio cosmo, un barbagianni si posò su un albero a pochi passi da me, io mi spaventai un po’ e feci un pochino di rumore, era estate e la finestra della camera dei miei era aperta, si svegliarono e mi toccò rientrare in casa. il mattino dopo “abbiamo sentito un po’ di rumore, abbiamo visto un grosso uccello bianco e tu eri fuori, ti sei spaventato eh!” e tutti a ridere eheheheeh. ma dei miei cieli, del mio cosmo, che cosa ne potevano sapere? comunque la storia del batt che si prese uno spavento per l’improvvisa visita di un barbagianni tenne banco per un po’ ed ora, bè, la sapete anche voi ehehheehhe

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