le mie
parole possono sembrare troppo acide o troppo scure o, se lette con
superficialità, persino carine. non queste in particolare, le mie parole in
generale, il mio alfabeto personale, linguaggio nudo, struccato parlare,
discinto volteggiare e danzare, piangere e ridacchiare, velenoso e amorevole
sanguinare. la voce più bella è quella di chi sa di non essere ascoltato. adoro
ascoltarmi in silenzio steso sul bianco del pavimento. sorrido mentre mezzo
nudo sulle mattonelle scribacchio queste parole. mesto sorriso un po’ pazzo.
dentro la mia cattedrale avvelenata. la sfocata luce di un faro distante si
staglia nell’orizzonte palpita come un esanime cuore vagante in una nebbia
inesistente. aleggia nell’aria la caratteristica allegria di ogni guerra. una
voce inconsistente mi suggerisce che le parole che sto facendo danzare non
hanno molto senso. per chi è questo balletto? nemmeno un organetto accompagna
le danze. mi sento libero anche se questo è forse un sogno. o una specie di
miracolo. se voi siete qui io non ci sono. non voglio ascoltare i vostri
stupidi orologi. schiavi senza catene a cui hanno sottratto l’istinto a bramare
ogni libertà. ogni istinto è andato perduto. svanito come la vittima di uno
straniero dai lunghi capelli neri e lo sguardo d’oro. il mio sguardo invece ha
le braccia incrociate. non cercatemi quando avrò chiuso gli occhi.
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