venerdì 16 agosto 2013

le mie parole possono sembrare troppo acide o troppo scure o, se lette con superficialità, persino carine. non queste in particolare, le mie parole in generale, il mio alfabeto personale, linguaggio nudo, struccato parlare, discinto volteggiare e danzare, piangere e ridacchiare, velenoso e amorevole sanguinare. la voce più bella è quella di chi sa di non essere ascoltato. adoro ascoltarmi in silenzio steso sul bianco del pavimento. sorrido mentre mezzo nudo sulle mattonelle scribacchio queste parole. mesto sorriso un po’ pazzo. dentro la mia cattedrale avvelenata. la sfocata luce di un faro distante si staglia nell’orizzonte palpita come un esanime cuore vagante in una nebbia inesistente. aleggia nell’aria la caratteristica allegria di ogni guerra. una voce inconsistente mi suggerisce che le parole che sto facendo danzare non hanno molto senso. per chi è questo balletto? nemmeno un organetto accompagna le danze. mi sento libero anche se questo è forse un sogno. o una specie di miracolo. se voi siete qui io non ci sono. non voglio ascoltare i vostri stupidi orologi. schiavi senza catene a cui hanno sottratto l’istinto a bramare ogni libertà. ogni istinto è andato perduto. svanito come la vittima di uno straniero dai lunghi capelli neri e lo sguardo d’oro. il mio sguardo invece ha le braccia incrociate. non cercatemi quando avrò chiuso gli occhi. 

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