domenica 10 maggio 2015

il tempo cola goccia dopo goccia dopo goccia mentre immobile seduto sul pavimento fisso il niente che mi circonda cercando di pensare guardare il baratro che si apre dentro le mie ferite. sabbie mobili una voragine una clessidra nel fondo della quale in uno specchio mi specchio. io. ricordo che qualche tempo fa scribacchiando non mi veniva in mente la parola ossidiana la pietra nera e lucente. il riflesso dello specchio è una fredda e nera lucentezza una luce che vive in certi occhi certe pupille che riflettono cosmiche profondità silenziose come appuntite formazioni di ghiaccio in qualche sperduta caverna antartica.

bevo un mediocre porto dal colore indubitabilmente rosso sangue e mi viene in mente un episodio della battaglia navale di trafalgar, episodio in cui m’imbattei leggendo tempo fa una poesia del buon jorge luis borges. battaglia navale ottocentesca tra inglesi e franco-spagnoli. l’ammiraglio Nelson fu ferito ad un polmone ma restò in vita sino ad apprendere della vittoria inglese. ferito a morte, l’ammiraglio, per non demoralizzare i suoi uomini, indossò una camicia color rosso sangue per nascondere la ferita. bevo un mediocre porto color rosso sangue. coloro il mio sangue per, giusto per citare ancora il buon borges, sprofondare nelle profonde e buie acque del sonno. 

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