non si può vincere una guerra da soli. senza
l’ipocrisia del compromesso si è condannati alla sconfitta. forse è qui il
fascino di certi eroi immortalati dalla sconfitta. la vittoria della sconfitta.
è estate ma sogno una notte d’inverno. voglio una bottega desolata in un freddo
pomeriggio di gennaio col cielo così cupo e scuro da atteggiarsi quasi a
crepuscolo. un cielo così cupo e scuro da richiamare folate di veleno tra le
mura solitarie. ogni tanto bisogna sciacquarsi levarsi di dosso il cielo
azzurro che incombe nell’animo profondo. ascolto il vento soffiare contro il
mio muro contro il mio firmamento. è il respiro degli abissi che trafigge le
pietre del mio silenzio. il mio silenzio lastricato di sconcertanti tuoni di
vetro. una foresta di cemento e automobili e personcine brulicanti là sotto.
qua dentro un mare calmo e tempestoso ombre che scorrono come gemiti tra
lenzuoli artiglieria d’intimità e piacere e confusi estatici labirinti
rampicanti. il vento soffia la polvere muta come un mare segreto in cui
annegare in una stanza sbiadita e confusa dove ammutoliti pipistrelli danzano
stando fermi appesi a testa in giù. dalla mia finestra vedo bugie mischiate al
vino alle danze ai colori ai sorrisi e alle malinconie che cadono a pezzi come
cantilene d’argento senza nome. sono un soldato senza corpo con le vene sature
di neve arrugginita.
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