lunedì 30 agosto 2010

agosto I







mi godo la mia notte tra cicale, grilli e cuculi. Se qualcuno mi vedesse ora, a bordo piscina, seduto su una sedia in totale solitudine, forse mi prenderebbe per un pazzo. se io mi vedessi dall’esterno, seduto con un’espressione così profonda, terribilmente intelligente, quieta e armoniosa, mi troverei bellissimo. si sta benissimo, la piscina è fiocamente illuminata da alcuni lampioncini posti nel perimetro, pochi, penombra per niente irriguardosa nei confronti della notte. sopra l’immobile specchio d’acqua, stelle. e la luna. tonda,luminosa, bianchissima. vorrei che mi guardassi, tu che guardi il tramonto della luna. non so, è un pensiero e lo scrivo. e penso anche che più tardi mi farò un bagno, così, mi va di farlo. sorseggio una ceres immerso nel respiro della campagna. sorrido silenzioso. la ceres ha incoraggiato un piccolo rutto (vabbè, sono solo eh… ) e forse questo suono ha richiamato qualcuno. Qualcosa si muove tra l’erbetta: un rospo. mi avvicino e lo fotografo. la luna mi guarda…
ci sono dei periodi in cui il mio organismo se ne infischia dei ritmi fisiologici: nelle ultime due notti ho dormito poco e male (due,tre ore a notte…), stamattina mi sono messo in viaggio alle 7,30 e ora eccomi qui, in piena notte, completamente privo di qualsiasi stanchezza. è una strana elettricità che mi tiene in piedi, per niente imparentata con lo stress. sorrido ancora silenziosamente perché sono davvero qui, a bordo piscina, in piena notte, completamente solo, a scrivere queste cose…
ora altri mille uccelli dai versi più strani mi attorniano, sembra di essere in una foresta amazzonica. credetemi, non sono un fighettino cresciuto in città che si meraviglia
di queste cose… forse sono un provetto campagnolo mancato: mi spiego, ho la sensibilità per “sentire” certe cose ma la verità è che sono cresciuto con qualche generazione in ritardo. non parlo di secoli fa, di pre-rivoluzioni-industriali, parlo della generazione dei miei nonni, anche dei miei genitori. parlo di quando c’era un diverso rapporto con la natura. io ho la sensibilità di quelle generazioni ma, ahimè, sono drasticamente ignorante: non conosco gli alberi, i cespugli, le erbe, gli uccelli..
penso ad un bel libro che ha scritto un giornalista un po’ di tempo fa, lui un vero campagnolo, il titolo del libro “la via dei sensi”: i racconti di un uomo di campagna che si trasferisce in città e ricorda i colori, i gesti e soprattutto i profumi della natura, ricordo che scrive di essere in grado di riconoscere una ventina di tipi di pere selvatiche, descrive quanto sia importante, per cuocere bene la carne arrosto, la scelta della legna; ogni legno, ogni arbusto ha il suo aroma che viene trasmesso alla carne… non so se capite cosa intendo…

2 commenti:

Alkmenes ha detto...

Non e' difficile capire cosa intendi, se si usa il Tempo per farlo.

Probabilmente i "figli" delle citta', oggi, non hanno piu' Tempo per cercare alcune risposte (di cui probabilmente non riuscirebbero nemmeno a comprendere il significato) e forse nemmeno piu' la Voglia di farlo.

Ma alla fine, la nostra societa' (per come l'abbiamo strutturata) non e' la somma di una moltotidine di solitudini individuali?

Anche tu, nel tuo piccolo bozzolo vitale di solitudine ti lasci andare ad espressioni corporali libere da ogni imposizione morale (ma te ne scusi, al contempo - Bukowski non l'avrebbe mai fatto), e godi dell'Istante in cui puo, grazie al Tuo Tempo, incontrare qualcosa di diverso, una luce nel buio, qualcosa che attira la tua attenzione.

Se devi liberarti, pero', fallo completamente... IL Gabbiano (Jonathan Livingston) non avrebbe mai passato quel Confine, se avesse volato con un'ala sola, o con le zampe legate.

Alkmenes ha detto...

Ma alla fine, la nostra societa' (per come l'abbiamo strutturata) non e' la somma di una moltItUdine di solitudini individuali?*