venerdì 29 aprile 2011

la casa delle tre grazie


...Sono passati alcuni giorni, una settimana credo. Da una settimana mi trovo nella “casa delle tre grazie”, il ricovero per vagabondi, psicolabili, disagiati e artisti di strada coordinato da padre Carhal, un poderoso omone di origini irlandesi che tutti qui chiamano “padre” pur non essendo un prete. Ha lavorato come psichiatra in un rinomato ospedale di una grande città, poi per via dei suoi metodi stravaganti è stato estromesso e alla fine è stato relegato a dirigere questa strana comunità ai confini del mondo. Nella grande sala rischiarata dalla luce arancione e tremolante del fuoco io e lui sorseggiamo un po’ di cognac, mentre Viola, in silenzio e col volto completamente assorto e l’animo sprofondato nelle sue fantasie, accarezza la tela col suo pennello, ispirato lento ed ipnotico, come le parole di uno sciamano in trance.
Mi ha parlato, padre Carhal, dell’importanza per ogni uomo di quella che lui chiama “valvola dell’occhio spirituale”, una valvola di sfogo per la creatività, la fantasia ma anche le angosce e le paure, le ansie che, come si sa, se si accumulano nell’animo generano mostri. Ognuno alla casa delle tre grazie ha la sua personale valvola dell’occhio spirituale: chi dipinge, chi scrive racconti o poesie, chi realizza piccole sculture in legno, chi suona. Non tutti, mi ha spiegato padre Carhal, hanno la necessità di questa valvola di sfogo; gli animi mediocri hanno la capacità di sentirsi completamente a loro agio nella bassezza della mediocrità, il loro animo non è in grado di produrre mostri. Mentre parlavamo di ciò, Viola era totalmente assorbita dalla tela che aveva davanti, le nostre voci, le nostre presenze non la sfioravano nemmeno, una rara, atipica e trascendente viola del pensiero. Stava plasmando, al centro della tela, una deflagrazione di colore rosso acceso che si stagliava su uno sfondo che, dal nero dell’esterno, sfumava man mano che ci si avvicinava al centro in un viola cupo, angoscioso e rattristante. E al centro quella cruenta ed efferata esplosione di sangue, un falò di tormento, passione e martirio. Viola aveva la mania di cercare di fissare, sulla tela, la vitalità che esplodendo con violenza diventava, in un attimo cruciale, morte. Voleva immortalare quell’istante. E per farlo aveva decimato lo stuolo di animali domestici che pervadono il cortile del caseggiato, come mi aveva raccontato padre Carhal con tono tra il serio e il divertito. Usando dei petardi e dei piccoli fuochi artificiali che padre Carhal si era fatto portare per festeggiare il capodanno, la bizzarra quattordicenne aveva dilaniato una certa quantità di anatre, galline e oche, lo faceva con l’austerità di uno scienziato che osserva e annota i fenomeni che vuole studiare. Il suo sogno, però, era quello di squarciare con l’esplosivo un bellissimo cigno immacolato. Mentre padre Carhal mi raccontava ciò, lei aveva lo sguardo fisso alla tela, uno sguardo nero lucido, intelligentissimo ed estremamente vivace, incastonato in un amabile visino pallido contornato da un caschetto di capelli neri un poco mossi. Immaginavo il suo sorrisino brillante e pungente mentre aveva la faccia cosparsa di sangue e frattaglie, immersa in una vorticosa nube di piume svolazzanti. Quando privo di coscienza fui portato in casa da padre Carhal, lei mi prese subito in simpatia e si prese cura di me, una volta che mi fui ripreso spesso mi portava in camera la minestra o qualche infuso preparato da padre Carhal, stava ore seduta accanto al mio letto, in silenzio, leggendo, o guardando fuori dalla finestra della mia camera. La fiamma danzava nel grande camino proferendo arcane parole silenziose, la mia anima in fuga dal mondo aveva trovato un favorevole e temporaneo rifugio isolato...

1 commento:

Anonimo ha detto...

.........!
"Il sonno della ragione genera mostri", Francisco Goya..