rido del mio momento di sconforto appena trascorso. mi prendo in giro perché anche (e soprattutto) nei momenti di massima vulnerabilità sono così diverso dal resto dell’umanità che mi circonda. placo la mia angoscia scrivendo e scrivendo sorrido mentalmente. sprofondo sofficemente nel mio mare d’inquietudine. curioso come quando la solitudine ti esplode dentro, con deflagrante potenza, si senta un reale, concreto freddo, un gelo che s’irradia dal centro dell’anima, si estende dentro le ossa e da lì impregni i muscoli, la carne, le vene, fino a giungere a fior di pelle. un freddo palpabile, asfissiante, che ti porta a trovare consolazione in una coperta. spegni tutto e ti ritrovi accoccolato nel buio, completamente avvolto nella coperta, dentro un soffice sarcofago che ti isola dalle sfocate immagini, dalle indistinte voci portate dal vento.
1 commento:
In posizione fetale...Io almeno mi ritrovo così quando mi perdo nelle sensazioni che tu hai descritto... e li paradossalmente alla fine traggo il mio sostegno...ovvero attraverso questo sentire mi rafforzo e ricomincio il mio percorso...ho imparato, nel corso degli anni, a trarre reale sostentamento dal nutrimento di una sensazione così unica di distinguo più totale dal mondo...di isolamento completo...e pulito...dove rimani tu e solo tu con te stesso e non ti puoi mentire e non ti puoi vanamente illudere...no sei onesto altro non puoi essere...
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