domenica 10 aprile 2011

stamattina alle 6 tormenti e spasimi a contorcere le mie viscere, quasi come la volta scorsa. questa volta, però, con la fierezza e il coraggio di un giovane capitano achab, ho tentato di andare a lavoro. già, tentato… fatti due o tre passi, oltre il portone, un’improvvisa secchiata di sudore freddo mi ha gelato sul posto, mentre sentivo che le gambe non mi avrebbero sorretto per più di tre o quattro secondi. mi accovaccio per terra poggiando la schiena sul muro. due, tre minuti così, poi vado avanti, forse riesco a fare sei o sette metri e penso che la cosa più sensata da fare sia sedermi su una panchina, sul ciglio della strada. brusco e violento esplode un conato di vomito. vomito per strada come un barbone, come un ubriacone, come un ragazzino appena fuori dalla discoteca, come uno sbarbatello che ha deciso di affogare in un bar la sua delusione amorosa, vomito per strada come un animale. raccolgo tutte le mie forze per tornare a casa, mi sembra quasi un’impresa impossibile. anche telefonare per avvisare che non andrò a lavoro è un’impresa mastodontica, comporre il numero e articolare qualche parola mi costa tantissima fatica. mi butto sul letto supino, con le braccia spalancate come su di un soffice crocifisso. senza anima, senza neanche pensieri, sento solo il sudore gelido sulla pelle che immagino bianchissima, totalmente priva di sangue, di vita. non dormo ma non soffro neanche tantissimo, quando il cervello decide di analizzare la situazione, la mia attenzione si concentra su di una morte completamente solitaria, dentro una bianca stanza che comincia ad essere baciata dalle prime luci dell’alba. ho la forza e il coraggio di restare solo, non mi sfiora nemmeno l’idea di inviare anche un solo sms per ricevere un microgrammo di inutile tepore umano. vabbè, sapevo benissimo che non sarei morto sul serio, questo è vero. ora pieno pomeriggio, da stamattina che mi gongolo tra cd, libri, cd e libri. ora forse riesco ad ingurgitare un po’ di pastina in brodo rigorosamente liofilizzato (quest’ultima cosa, ahimè, la cosa più triste e raccapricciante della storia).

2 commenti:

Sua Bassezza, il bardo di XoniX ha detto...

l'importante, la prossima volta, è che ti ricordi di tenere in pugno quella tua magnifica spada...
morire con essa in mano è l'unico modo per aver aperte le porte del Valhalla.

E poi, tra cinghiale e idromele, la pastina liofilizzata si fa vago ricordo.

(perdona la divagazione ironica)
Saluti ...

Sua Bassezza, il bardo di XoniX ha detto...

l'importante è che ti ricordi di tenere la spada in mano.
Questo è l'unico modo per aver accesso al Valhalla...

...e la, tra cinghiale e idromele, la pastina liofilizzata si fa vago ricordo.

(Perdona la divagazione giullaresca)
Saluti...