adoro i tramonti che
baciano i tetti di certe città. una parte della loro bellezza è dentro di me.
tutto diventa di un arancione così caldo e poco metallico… è come viverli in
bilico, immersi e perduti nel mare,
distante anni luce dalle coste. la nave è stata colpita, l’albero maestro
abbattuto, l’incendio divampa, bisogna saltare, abbandonare l’imbarcazione.
resto per ultimo, a godermi quell’istante, un deserto di legno, un rogo di
devastazione, nuvole di fumo che salgono scure e pesanti, senza soste. salto in
groppa ad un tuono e sparisco, con poche gocce rosse ad un angolo della bocca.
rifiuterei ogni letto del mondo per starmene a mezz’aria, divento amabile e
dolciastro come un affresco, quasi potrei parlare d’amore se solo esistesse un
amore lungo quanto un racconto, rigetto il potere perché non riuscirei a volare
con una pietra al collo, faccio l’amore distillando nuvole, fiori, lacrime e
arbusti invecchiati e screpolati dall’aria del mare quando giunge il tramonto.
una fontana dagli occhi grandi e labbra che promettono l’illusione di un
paradiso che è un balcone senza fiori, martellate e sudori e ricordi di
battaglie, alla mia spada manca il sangue, al mio volto manca la speranza di un
dio che non conosce dolore, ho attraversato la peste, sconfitto il pudore.
cammino sulla ciottolata reminiscenza della mia semioscura e boschiva
adolescenza, fraseggi di rock, blues e solitudini stellate, sferzanti sorrisi
isolati, adorabili, affilate coltellate, mi adoro, mi bacio…
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