lunedì 25 giugno 2012


oramai i soli alberi da frutto che vedo sono ai margini dei marciapiedi di cemento, con i frutti dimenticati che lentamente muoiono schiantandosi sull’asfalto caldo d’estate.
una delle più grandi fortune della mia vita è stata quella di poter crescere in spazi aperti, spazi liberi con alberi e frutta selvatica. ricordi radicati nelle vene. senza bisogno di parole ho condiviso con la mia bellissima musa dalle vene di ghiaccio quelle sensazioni, sebbene in anni più recenti. a parte i miei amici adolescenziali nessuna delle persone che mi circondano ha un rapporto con l’acqua, la terra, il fuoco ed i boschi così come io lo intendo. le persone che ora mi attorniano sono tipi da barbecue in cortile, io conservo dentro di me i fuochi e le notti dal sapore antico, quasi pagano. il fanciullino pascoliano che vive in me ha sempre i piedi nudi e la rustichezza campestre di un ulivo secolare. 

2 commenti:

Anonimo ha detto...

le arrostite in campagna con il vino nero a fiumi, l'odore delle ginestre e degli ulivi nell'aria, i grilli e le cicale che ti martellano il cervello e alle tue spalle il rumore di un cespuglio mosso da qalche cinghiale..

e ora, ora scavalchiamo questo muretto a secco e andiamo a rubare quelle albicocche! :)

senzaLogica ha detto...

Quanto mi piace questo tuo intervento.
Tu da adolescenti vivevi in posti da te descritto, dopo hai preso altre strade.
Io ci vivo ancora in posti come questo e adesso, mentre ti sto scrivendo ho come sottofondo cicale, tante cicale.