il mio soggiorno, pieno dei pensieri miei, è un
inferno notturno e perverso, ci navigo in stretto e largo, fino all’alba sbatto
la testa contro le onde, fino a che arriva la consapevolezza che non riuscirò a
compiangermi. mattone dopo mattone edifico la mia cappella sconsacrata. una
rosa dei venti, fatta di luce accecante, affrescata nella volta, una peste
dilagante nel mondo. delicatissime le mie mani ringiovanite sono intellettuali
appendici del tutto prive di ombre, voci di callas e disegni di Raffaello,
parole di Dante volteggiano come angeliche ammaliatrici. le personcine che mi attorniano
chissà se ce l’hanno un’anima (forse è atrofizzata come un chicco d’uva passa).
probabilmente, se ce l’hanno, è muta e non ha molte pretese. la mia vuole
cielo, vuole giocare come un aereo di carta. a lei piace provare a volare.
periodo di danze spaziali, sterminate distanze sociali. da oltre due mesi non
scambio una sola parola con un briciolo di quasi-piacere, annullerei volentieri
gli spettatori che mi attorniano. sto così bene da solo. chiuso nel mio buio
non ho voglia di nessun altro sangue che non sia il mio.
venerdì 29 marzo 2013
domenica 24 marzo 2013
il
vento che con un soffio avvelena gli stolti arriverà. arriverà, da lontano
arriverà. dal triste mondo, dal meraviglioso mare interiore e spirituale,
arriverà. forse dopo pioverà. è notte e non soffia alcun vento. dovrei dormire
anziché scrivere queste cose. già, forse dovrei. ma senza le mie impressioni
sputate su questo foglio non sarei il pagliaccio che amo amare.
mercoledì 20 marzo 2013
sorrido al pensiero che ogni tanto chi mi manca
sono Io, ogni tanto mi manco. Io, con le mie ferite, i miei lupi, le mie braci,
i miei tizzoni, il mio inferno personale. ma il mio inferno riemerge, la mia
pazzia, quella che mi fa rigirare nella notte, un’allucinazione rumorosa e
cristallina. ogni tanto sorrido guardandomi. sono i miei momenti migliori. io
bellissimo pagliaccio, la star del pianeta che abito da quando sono nato.
chissà cosa succederebbe se avessi una pistola. quante volte ci ho pensato.
prenderei tutto a calci in culo accarezzandomi la tempia. chissà quante volte
ci ho pensato, fin da ragazzino. un boato che potrebbe far paura. ma sarei Io.
sono Io. mi sorrido. sorrido a me stesso. esiste qualcosa di più bello? adesso, nel fondale dell'oceano, la morte dei suoni e delle voci terrestri è musica per i miei timpani tesi e rilassati e colorati. leggo una lettera d'addio di una mia cara amica morta suicida. non ho care amiche morte suicide e non leggo alcuna lettera. è tutto nella mia testa. tutto si muove calmo nel mio fondale...
sabato 16 marzo 2013
ho voglia
di semplicità. di fredda solitudine di montagna, di assenza di calore di
stupidi riflettori quotidiani. aria gelida e cieli tersi che quasi fanno male.
quasi. bianco e nero ma quello vero, non quello finto patinato. inchinarsi
davanti al tempo senza piegarsi. senza sentirsi in prigione. in fondo sentirsi
bene che cos’è se non sentirsi liberi? adoro il pensiero della libertà del viaggiatore.
anche se non viaggio quasi mai. sono un viaggiatore che non viaggia quasi mai.
sono un viaggiatore senza nome, uno di quelli che non hanno bisogno di ricordi
confezionati, i sorrisi interiori sono le migliori cartoline. sono le cose più
belle che ti aiutano a tirare fuori ciò che hai dentro. insieme alle cose
brutte. amori e dolori, bellezze e timori. mi sento bene. sono solo. e insieme.
a me. sorrido. sorrido anche perché scrivo quello che dico io. in fondo
sentirsi bene che cos’è se non sentirsi liberi? adoro sentirmi libero, libero e
squilibrato. forse lo sono nato e tutto quanto ha cercato di farmelo
dimenticare. i miei sogni, il mio inconscio mi suggeriscono che provo rabbia
per chi ha cercato di distruggere il mio spazio, d’impacchettare un animo che
sogna di essere libero (e forse, a modo suo, ci prova ad esserlo…). adoro non
dover cercare il senso delle cose. vedere le cose, sentirle senza ragionare.
avere la testa nel mio pianeta. [chissà dove cazzo ce l’ho la testa…]. in
questo momento i miei occhi sono meravigliosi, ne sono sicuro. sono Io.
martedì 12 marzo 2013
ho sposato l’assenza di strategia. improvviso come un jazzista usando come strumento la mediocrità dell’esistenza terrena. improvviso inebriandomi con l’assenza di programmi o pensieri troppo elaborati. ho sposato un’esteriore leggerezza che libera la mia voglia di profondità spirituale. finché morte non sopraggiunga. notte da bluesman giorno da soldatino di bianco vestito mimetizzato nel mediocre mondo più piatto di un foglio bianco. sorrisino interiore di fronte alla schizofrenica esistenza. dopo una piccola vacanzina è tornata la mia splendida dama ottocentesca che con la sua carezza mi fa sentire dannato, maledetto e terribilmente solitario. una sensazione che mi mancava. sono ancora io, posso guardare allo specchio le mie lucenti pupille e sorridere gioioso come un pagliaccio delizioso che prende in giro la vita e tutto il mondo.
giovedì 7 marzo 2013
ho voglia di firenze. e di un Raffaello nella parete di casa. sul nostro
palcoscenico ci sono jovanotti, crozza, muccino e benigni. qualche secolo fa
c’erano Brunelleschi, Bramante, Michelangelo, Leonardo, Mantegna, Piero della
Francesca, Parmigianino, Caravaggio. e Raffaello. deterioramento della mente
umana. a proposito di Rinascimento c’è una famosa frase di orson welles che
dice “in italia, sotto i borgia, per trent’anni hanno avuto guerre, terrore,
assassinii, massacri e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo e il Rinascimento;
in svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia e
cos’hanno prodotto? gli orologi a cucù”.
sabato 2 marzo 2013
se stai leggendo queste parole stai guardando la faccia di un
clown senza maschera. non ho la presunzione di pensare che a qualcuno interessi
guardare la mia faccia, ci si stufa delle persone, figuriamoci di
un’accozzaglia di parole assemblate in uno schermo tanto vasto quanto un mare
che rende invisibili i pesci che contiene. forse scrivo qui per illudermi di
pensare che qualcuno sentirà la mia voce. forse scrivo qui solo perché è il
modo più schietto, onesto che conosco per sentirmi parlare. tra le mura parla il
violino di niccolò paganini per interposta persona (itzhak perlman). chissà che
strano fascino emanava la persona del signor paganini, era estremamente brutto,
magrissimo e dalla faccia ossuta e macilenta, sempre vestito di nero come un
beccamorto, una spalla più alta dell’altra (forse per le infinite ore trascorse
ad esercitarsi col suo strumento), zoppo perché, si diceva, al posto di un
piede aveva uno zoccolo da caprone, dopotutto è risaputo che fece un patto con
satana in cambio di uno smisurato talento musicale. per queste dicerie e per la
sua condotta immorale, assiduo frequentatore di bettole malfamate, alla sua
morte gli fu negata la sepoltura in terra consacrata. nonostante non fosse di
bell’aspetto era sempre circondato da donne, anche bellissime e ricche e
aristocratiche, restavano le donne stregate da ciò che riusciva ad estrapolare
dal suo strumento. chissà che strano fascino emanava il signor paganini.
oggigiorno sembra che l’unico fascino riconosciuto in una figura maschile sia
un connubio di volgare prestanza muscolare e totale incapacità intellettuale
anche se, c’è da scommetterci, ogni donna sarà pronta ad ammettere il
contrario.
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