splende
una bella luna tonda nel mio soggiorno. e passa un treno senza voce. e un
pagliaccio a cavallo che gioca a fare il cowboy. dall’alto mi vedo sorridere
seduto sul pavimento come il peccato che come un virus s’insinua nelle vene
della gente. ho voglia di travestirmi senza doverlo fare e mi trucco usando il
bianco il nero e il rosso, quasi come se fosse la prima volta. gioco a saper
volare senza paura di schiantarmi. è una notte perfetta, o quasi. tutte le
persone che m’interessano, in qualche modo, hanno volti in bianco e nero.
questa luna quassù ha l’aspetto di un assassino, impossibile non sorriderle, è
una splendida bugiarda, una bambola che ti fa sentire il sapore dell’infanzia.
il soffitto mi crolla addosso senza fare né polvere né rumore o danno alcuno.
quasi in silenzio. vorrei trafiggermi con una spada ma senza sporcare troppo in
giro. mi tatuo con i miei colori, ma dall’interno. ciò che traspare all’esterno
è un sorriso beffardo. sono un quieto selvaggio quasi come queequeg il
ramponiere. la luna nel mio soggiorno, ora me ne rendo conto, è la mia
splendida dama ottocentesca. Lei che non mi lascia mai, magari se ne sta
qualche volta in disparte, mal sopporta il caos e i belati della gente. ciò che
ci lega è una forma di romanticismo misto ad una parentela di sangue. la mia
unica parente. non ho nessun altro in questa terra. dopotutto Lei nemmeno
appartiene a questa terra.
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