mi
vien voglia di tuffarmi
in
questa scura primavera
ha il sapore di un delicato fischiettare
in
un doloroso querceto
ricco
di fantasie di pece e catrame
forse
ho paura
vivo
la mia paura verderame
insieme
a nessuno
vorrei
parlare a te
che
non so chi sei
la
stanza il bosco o il querceto
è
una notte pregna di rampicanti
le
ombre dei miei lupi
ravvivate
dalle fiamme del mio inferno
chiedono
perdono
mentre
mordono senza fare domande
non
c’è luce e non c’è amore
e
nemmeno un briciolo di attenzione
solo
una manciata di morte ghiande accasciate
tra
gli acquerelli di un autunno senza bussola
la
terra nutrita dal sangue dei coltelli
fiorisce
paure
abbeverate
dallo sterco degli uccelli
inciampo
mentre sogno di fuggire in un’isola
un’isola
come un lago senza via di scampo
il
millenario serpente si fa strada nella mia bocca
scivola
nelle mie viscere
vomitando
la sua contorta visione dell’amore
mi
nutre col suo bugiardo alito esotico
un
cercatore d’oro
forse
di sogni
un
satiro interessato al fuoco
non
di certo a qualsiasi verità
da
un mare che non c’è
mi
arriva il velenoso vento della mia amata bipolarità
penetra
le mie vene
in
un baleno mi porta direttamente in un luogo di antigravità
dovrei
forse piangere o vomitare
e
rigettare tutto ciò
che mi rende così speciale?
dentro
me un laconico arsenale
un letto vuoto
un’ombra
avvolta nel freddo lastricato di marmo nero
un
monocimitero accecato da un tramonto ingabbiato
come
dentro un incensato e tranquillo battistero
un
oceano lunare il mio monastero
una
musica umida e senza fiato
galleggio
come un ricordo
perso
in un nebbioso bianconero
voglio
scrivere un’ultima poesia
prima
di scalfire l’incomprensibile
prima
di andarmene via