mercoledì 30 aprile 2014

catramosa visione

mi vien voglia di tuffarmi
in questa scura primavera
 ha il sapore di un delicato fischiettare
in un doloroso querceto
ricco di fantasie di pece e catrame

forse ho paura
vivo la mia paura verderame
insieme a nessuno
vorrei parlare a te
che non so chi sei

la stanza il bosco o il querceto
è una notte pregna di rampicanti
le ombre dei miei lupi
ravvivate dalle fiamme del mio inferno
chiedono perdono
mentre mordono senza fare domande

non c’è luce e non c’è amore
e nemmeno un briciolo di attenzione
solo una manciata di morte ghiande accasciate
tra gli acquerelli di un autunno senza bussola

la terra nutrita dal sangue dei coltelli
fiorisce paure
abbeverate dallo sterco degli uccelli
inciampo mentre sogno di fuggire in un’isola
un’isola come un lago senza via di scampo

il millenario serpente si fa strada nella mia bocca
scivola nelle mie viscere
vomitando la sua contorta visione dell’amore
mi nutre col suo bugiardo alito esotico
un cercatore d’oro
forse di sogni
un satiro interessato al fuoco
non di certo a qualsiasi verità

da un mare che non c’è
mi arriva il velenoso vento della mia amata bipolarità
penetra le mie vene
in un baleno mi porta direttamente in un luogo di antigravità

dovrei forse piangere o vomitare
e rigettare tutto ciò
 che mi rende così speciale?

dentro me un laconico arsenale
 un letto vuoto
un’ombra avvolta nel freddo lastricato di marmo nero
un monocimitero accecato da un tramonto ingabbiato
come dentro un incensato e tranquillo battistero

un oceano lunare il mio monastero
una musica umida e senza fiato
galleggio come un ricordo
perso in un nebbioso bianconero

voglio scrivere un’ultima poesia
prima di scalfire l’incomprensibile

prima di andarmene via

giovedì 24 aprile 2014

solenne e sgrammaticato allo stesso tempo atom heart mother dei floyd fluttua nella notte di questa stanza come milioni di microbollicine senza peso. profumo di sandalo nell’aria, sapore di un discreto whisky nella mia bocca. è una notte leggera, impalpabile anima a mezz’aria tra cosmo e asfalto e cemento e strade desolate di una cittadina del cazzo che non ha niente da raccontare. in questi giorni alcuni sms da parte dei miei cosiddetti genitori che, per la cronaca, non mi vedono da diversi anni. comunicazioni di servizio. l’unico legame che avverto con loro è il fatto di averli chiamati genitori quando ero bambino. ma per la verità credo di essermi creato da solo, sono nato dal nulla, spuntato nel mondo come un fungo nel sottobosco. e sono sempre stato solo. anche se da subito ho cominciato a fare il pagliaccio, per sopravvivere probabilmente. l’istinto di sopravvivenza ha preso le fattezze di una manciata di cerone e di un nasino rosso. mimesi che va a braccetto con una sana forma di schizofrenia. la solitudine porta sofferenza, dicono in molti. per me è una forma che lambisce la perfezione. una protezione contro l’inquinamento. 

venerdì 18 aprile 2014

tutto mellon collie and the infinite sadness, seduto sul pavimento, da solo, in piena notte. grande album. la mia involuzione continua imperterrita. ho rispolverato i miei vecchi fumetti adolescenziali, ho riletto una dozzina di dylan dog, ascolto i miei album adolescenziali, non guardo più grandi film ma guardo tanta (be’ dai, abbastanza) tv. non ho mai voglia di leggere o di scrivere. speriamo che ‘sta cosa mi passi, cazzo rischio di diventare uno di voi eheh. resta la mia pseudo sociopatia, molto volentieri farei a meno del genere umano, me ne starei di buon grado lontano dalle personcine che la quotidianità m’impone. passerei mesi interi senza incontrare esseri umani, ohh la sola idea di poterlo fare mi provoca un’incontenibile erezione intellettuale. ecco, al solo pensiero mi vien voglia di leggere e di pensare. un’altra cosa che mi dona il sorriso: ho incrementato, ultimamente, i miei furti di rotoli di carta igienica dal mio posto di lavoro, gesti di elevata e profonda e spirituale rivolta antisocial. sono un nautico e dionisiaco robin hood della carta igienica. mi sento così vulnerabile. sogno d’immergermi nelle acque di un freddo lago tutto nero, niente suoni, voci e colori. niente di niente. solo il niente. il niente spaventa molti. per me ha il sapore di una solitaria passeggiatina tra le quattro mura che mi deliziano nella loro confortevole esclusività. un chimico fiotto colorato a mordere la mia chiappa, un bicchierino di porto a deliziare la mia bocca col suo letterario bacio rossosangue. la chimica che s’insinua nelle vene mi dona un dolcezza diffusa a tutte le mie membra che si addolciscono, tenui come petali di un colore bianco e rosa e azzurrino come un cielo distante d’agosto. vorrei il pallore tutto poetico e letterario dei giovani ragazzi inglesi-italiani che amavano il vento, il mare, a modo loro la vita, i tre talentuosi diamanti shelley-keats-e-byron. tra qualche ora, prima dell’alba, mi avvierò verso il circo, con la mente distante e il sorriso interiore pronto a irridere tutto ciò che mi si appresterà davanti. 

sabato 12 aprile 2014

metto la testa, anzi no, facciamo tutto il corpo, in una mongolfiera colorata e gioco stanotte a fare la stella. chissà se le stelle si truccano. e se sognano. e se sono tristi, a volte. e se s’incazzano, a volte. a me piace pensare che comunque non siano mai chiuse in una gabbia. ad ogni modo, in questo momento, con l’esistenza ordinaria mi ci pulisco il culo. e gioco a fare la stella. le stelle me le immagino solitarie e splendenti, osservano dall’alto le tristezze e le solitudini del mondo intero. il loro respiro, un loro respiro, è il silenzio di tutto il mondo. 

domenica 6 aprile 2014

tra qualche ora devo uscire per recarmi al circo. odio il circo. il lavoro nobilita l’uomo, ma fatemi il piacere! lavorare è ubbidire, in qualche modo sottomettersi, far tacere la nostra essenza. brutta roba. fanculo al circo. l’unico modo un pochino dignitoso che conosco di andare al circo è con un insolente sorrisino interiore. bellezza per me è non dover andare al circo. ora sento dietro l’angolo del cielo l’alba che presto bacerà il mio volto impallidito dall’assenza di un buon sonno ristoratore. un bacino che mi donerà un piccolo sorriso. prima che mi trucchi. nessuno sguardo vedrà mai il bacio tra me e l’alba incombente. pallido ed emaciato mi sento bello seduto sul pavimento nel cuore della notte.