venerdì 6 giugno 2014

a contatto (forzato) con le persone adoro la sensazione di sentirmi chiaramente diverso, gli altri tutti più o meno simili se non uguali, gente che quando si scatta una foto sente l’obbligo di sorridere, gente che dalle prime ore del giorno comincia a dispensare saluti intrisi di ipocrita gaiezza, io di un’altra luna, un’altra lingua, diversa capacità d’immaginare, percepire le cose, respirare le sfumature del mondo. pensare “io non sono come voi” mi dà sempre una certa silente festosità. adoro avvertire, nei confronti della gente, la mia superficiale insensibilità. sensibile e insensibile, meraviglioso e schizofrenico punto di vista.
ora seduto sul pavimento abbraccio le mie ginocchia, syd barrett ondeggia nell’aria semioscura, alcune candele sparse qua e là nella stanza. adorare questi momenti fa parte della mia diversità. nessun pensiero per gli esseri umani ufficialmente vivi che mi attorniano nella quotidianità. così come il tizio che disse che gli occhi sono lo specchio dell’anima, anche chi disse che in fondo siamo tutti soli non disse una bischerata. siamo soli quando ci svegliamo all’alba per andare a lavoro, soli quando andiamo al cesso, soli quando prendiamo una decisione (a meno che non vi manchino le palle e le facciate prendere agli altri, le decisioni), soli quando ascoltiamo la musica che ci appassiona, anche in mezzo alla folla in un concerto. e ovviamente soli quando moriamo. ho visto tante persone morire e tutte sono morte sole, la cosa riguarda la persona interessata e la morte, un discorso a due. poi, vabbe’, ci può essere qualcuno che sta vicino a chi muore ma è raro che ci sia qualcuno veramente vicino, sino alla fine. e quando capita è una cosa decisamente bella, come un autunno che si crea nella mente di chi vede morire una persona amata. un autunno personale che gli altri non possono vedere. chissà quante parole ho dedicato alla morte, in questo blog. anche quando scriviamo in un blog siamo soli. dalla solitudine, come dalla sofferenza, possono nascere cose bellissime. adoro seppellirmi nella mia solitudine. i fiori della cerimonia funebre sono il silenzio e l’assenza delle persone.
 oggi sono stato a pranzo fuori con un gruppetto di “amici”. le virgolette ad incastonare la parola “amici” servono a ricordare che un pagliaccio è sempre solo, gli altri possono vedere solo il cerone e il nasino rosso. comunque, il gruppetto era formato da soli uomini e come sempre accade, quando s’instaura un’atmosfera decisamente informale e amichevole, si è parlato solo di sesso. se un alieno avesse intercettato i discorsi al nostro tavolo avrebbe dedotto che al genere umano interessa solo scopare. e tutti che facevano girare a mille i loro neuroni per inventarsi decine, centinaia, migliaia di scopate perché più ne fai, più dici di farne, più sei fico. e allora devi raccontarne sempre una più bizzarra dell’ultimo che ha parlato. bah, mi faccio un goccio di rum.
stamattina, all’alba, ho sognato la mia bellissima musa dalle vene di ghiaccio. e prima ho fatto un sogno tutto azione e violenza, un sogno alla starsky & hutch e alla natural born killers, protagonisti io e un mio cugino che non vedo da quand’ero adolescente. chissà com’è il momento in cui due sogni così diversi s’intersecano. chissà. 

1 commento:

Anonimo ha detto...

La morte l'ho incontrata solo una volta. Ero seduta su una seggiola e aspettavo in silenzio che arrivasse. Quando arriva con il mare calmo della morfina è soffice, quasi amorevole. Non mi ha fatto paura.