a contatto (forzato) con le
persone adoro la sensazione di sentirmi chiaramente diverso, gli altri tutti
più o meno simili se non uguali, gente che quando si scatta una foto sente
l’obbligo di sorridere, gente che dalle prime ore del giorno comincia a
dispensare saluti intrisi di ipocrita gaiezza, io di un’altra luna, un’altra
lingua, diversa capacità d’immaginare, percepire le cose, respirare le
sfumature del mondo. pensare “io non sono come voi” mi dà sempre una certa
silente festosità. adoro avvertire, nei confronti della gente, la mia
superficiale insensibilità. sensibile e insensibile, meraviglioso e
schizofrenico punto di vista.
ora seduto sul pavimento
abbraccio le mie ginocchia, syd barrett ondeggia nell’aria semioscura, alcune
candele sparse qua e là nella stanza. adorare questi momenti fa parte della mia
diversità. nessun pensiero per gli esseri umani ufficialmente vivi che mi
attorniano nella quotidianità. così come il tizio che disse che gli occhi sono
lo specchio dell’anima, anche chi disse che in fondo siamo tutti soli non disse
una bischerata. siamo soli quando ci svegliamo all’alba per andare a lavoro,
soli quando andiamo al cesso, soli quando prendiamo una decisione (a meno che non
vi manchino le palle e le facciate prendere agli altri, le decisioni), soli
quando ascoltiamo la musica che ci appassiona, anche in mezzo alla folla in un
concerto. e ovviamente soli quando moriamo. ho visto tante persone morire e
tutte sono morte sole, la cosa riguarda la persona interessata e la morte, un
discorso a due. poi, vabbe’, ci può essere qualcuno che sta vicino a chi muore
ma è raro che ci sia qualcuno veramente vicino, sino alla fine. e quando capita
è una cosa decisamente bella, come un autunno che si crea nella mente di chi
vede morire una persona amata. un autunno personale che gli altri non possono
vedere. chissà quante parole ho dedicato alla morte, in questo blog. anche
quando scriviamo in un blog siamo soli. dalla solitudine, come dalla sofferenza,
possono nascere cose bellissime. adoro seppellirmi nella mia solitudine. i
fiori della cerimonia funebre sono il silenzio e l’assenza delle persone.
oggi sono stato a pranzo fuori con un gruppetto di “amici”. le
virgolette ad incastonare la parola “amici” servono a ricordare che un
pagliaccio è sempre solo, gli altri possono vedere solo il cerone e il nasino
rosso. comunque, il gruppetto era formato da soli uomini e come sempre accade,
quando s’instaura un’atmosfera decisamente informale e amichevole, si è parlato
solo di sesso. se un alieno avesse intercettato i discorsi al nostro tavolo
avrebbe dedotto che al genere umano interessa solo scopare. e tutti che
facevano girare a mille i loro neuroni per inventarsi decine, centinaia,
migliaia di scopate perché più ne fai, più dici di farne, più sei fico. e
allora devi raccontarne sempre una più bizzarra dell’ultimo che ha parlato.
bah, mi faccio un goccio di rum.
stamattina,
all’alba, ho sognato la mia bellissima musa dalle vene di ghiaccio. e prima ho
fatto un sogno tutto azione e violenza, un sogno alla starsky & hutch e
alla natural born killers, protagonisti io e un mio cugino che non vedo da
quand’ero adolescente. chissà com’è il momento in cui due sogni così diversi
s’intersecano. chissà.
1 commento:
La morte l'ho incontrata solo una volta. Ero seduta su una seggiola e aspettavo in silenzio che arrivasse. Quando arriva con il mare calmo della morfina è soffice, quasi amorevole. Non mi ha fatto paura.
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