il mio
diavolo mi cavalca. o io cavalco lui boh. comunque sono un bluesman con la
barba incolta che gironzola con i suoi jeans logori e la pelle del viso
consumata da qualche secolo di sregolatezze. sono così, chiuso nella mia stanza
aperta da cui i rumori del mondo si appressano speronando la mia meravigliosa
megaindifferenza. percorro infiniti bui chilometri stando nella mia stanza. e
gloriosa la mia anima sciupata che vaga come un fantasma nella nebbia di una
notte dicembrina. mi godo questi momenti assaporandoli come gocce di un
eccellente distillato ineguagliabile e irripetibile. sono l’unico dio della mia
stanza. e della mia vita. e le altre cose sono tappezzeria che osservo con
distacco. persone e cose e fatti e parole pura tappezzeria insignificante. solo
come un fantasma, solo come un dio vagolo nella notte, nel mio personale
festino freddo e incantevole come una favola ricamata attorno al mio Io. e
nella freddezza della notte sento scorrere il mio sangue, lo sento saltellare
incurante del mondo e delle case e della gente tutt’attorno. berrei volentieri
il mio sangue, il più segreto dei pianti, sorgente che nasce e vive solo per
me, dentro di me. se sapessi cantare mi canterei anche una canzone, con voce
ruvida e abbozzata. e sarebbe certamente un blues.
giovedì 29 gennaio 2015
sabato 24 gennaio 2015
stamattina
sono andato in centro con un amico, abbiamo girovagato sino al primo pomeriggio
fino a quando è arrivata l’ora di andare a prendere la figlioletta del mio
amico che frequenta la quinta elementare in una scuola privata. quando
scribacchio solitamente non parlo di come passo le giornate, chi ogni tanto
legge le mie parole in quest’angolino virtuale lo sa. infatti il punto non è
come ho passato la giornata, il punto è che ho avuto uno scossone emotivo e
questa è una notevole eccezione. tralascio le annotazioni mentali che ho fatto
mentre aspettavamo che la piccola S. uscisse di scuola, annotazioni scaturite
dal vedere tutti quei genitori pieni di soldi che amorevolmente aspettavano i
loro pargoli avvolti nella bambagia, pensavo alle opportunità che hanno quei
bimbi e che io non ho avuto. ma, come ho detto, tralascio le mie annotazioni
mentali durante l’attesa (che comunque non erano venate di odio o d’invidia ma
solo di una velata tristezza per via del mio talento sprecato…). quando esce,
la piccola S. ha il volto stravolto da un furente pianto, è vistosamente
intimorita e angosciata, lacrime e sguardo mortificato, viso trasformato da una
maschera di apprensione e tormento, insomma ci viene incontro in quello stato ed
io…be’, non me l’aspettavo mica. alla fine, per farla breve, aveva preso un
brutto voto (che poi era un 5!) e quel pianto era forse un tentativo di
ammorbidire preventivamente la reazione del padre, che non è, per la cronaca,
particolarmente o eccessivamente severo. comunque, come ho detto, non è il
fatto in sé che voglio raccontare bensì lo scossone emotivo che ho avvertito
quando ho visto venirci incontro la
piccola S. in lacrime. in quegli istanti anch’io sono scoppiato in lacrime,
anch’io ho pianto. voglio dire, non ho versato una sola lacrima e non mi si
sono inumiditi nemmeno gli occhi però si piange anche senza lacrime, e quella
visione che non mi aspettavo, che mi ha preso con le braghe mentali abbassate
mi ha scosso non poco. poi è arrivata la spiegazione, il 5 e tutto si è
normalizzato però…be’ io di scossoni emotivi ne ho talmente pochi, soprattutto
legati a fatti come questo che ho sentito l’esigenza di materializzare questa
manciata di parole. non credo di aver spiegato bene a parole le mie sensazioni
però…è stato un breve ma intenso e lancinante scossone emotivo, tutto qua.
lunedì 19 gennaio 2015
le persone che
ostentano una sofisticatezza esteriore che non gli appartiene sono penosamente
patetiche. tentano di emulare i cosiddetti vip delle riviste di pettegolezzi da
un euro e ciò è di una pochezza disarmante. per non dire raccapricciante. be’,
e chi se ne frega, qui non c’è spazio per queste stronzate. e per me è
agghiacciante anche partecipare ad una riunione di lavoro al circo con persone
che partecipano animatamente a discussioni del tutto prive di profondità. [oggi
pomeriggio…riunione di oche starnazzanti…certo, discutere sull’Iliade o sul
Chisciotte, sulla Commedia o sulla musica di Beethoven è ben altra cosa
suppongo…sigh]. seppure in maniera civile e socialmente accettabile (talento da
pagliaccio) preferisco un intrinseco atteggiamento selvaggio alla
sofisticatezza che dicevo prima. mentre alla riunione si blaterava di sciocchezze
sconclusionate il mio pensiero era per la mia ragguardevole scorta di carta
igienica illegalmente contrabbandata dal posto di lavoro. e mentre la mia mente
immaginava tale meraviglia le oche aspettavano chissà quali interventi dalla
mia autorevole voce che è restata silente. mentre starnazzavano senza fine ad
un certo punto mi sono alzato dicendo “scusate ma devo andare, devo prendere i
bambini da scuola”. scusa meno credibile non avrei potuto addurre. sorriso
interiore e fanculo al pubblico pagante. ora notte, fumo, bevo mi coloro e il
video mi trasmette concerti di alice in chains, pearl jam e radiohead.
finalmente libero, finalmente tutto mio. piccoli stralci di semplice felicità.
e se non è felicità chiamatela come volete. comunque una cosa gradevole, piacevole.
tutto solo tutto mio.
mercoledì 14 gennaio 2015
dalla
mia cassetta di legno prendo due capsule colorate, sembrano quelle di matrix
per vedere quanto è profonda la tana del bianconiglio. ne mando giù una con un
goccio di whisky, l’altra attende sul tavolo, attenderà mezz’ora, tre quarti
d’ora, chissà. poi magari metterò un film e aspetterò che il buio mi venga a
cercare. il buio che si stringe attorno a te, silenzio che lascia spazio solo a
imprevedibili immagini inconsce. la notte che ti viene a cercare. una melodiosa
tristezza è compresa nel prezzo di questa notte. [dal locale sottocasa le note
di sweet child o’mine]. i cubetti di ghiaccio dentro il bicchiere lenti si
sciolgono così come la candela accesa, eretta come…. mmm, l’analogia sessuale
l’avete afferrata. eretta come la montagna più alta del mondo. cogliete
l’analogia che più vi aggrada. voglia di buio, di un piccolo bacio di una
piccola morte non definitiva. diane schuur canta per me deedle’s blues. ingoio
l’altra capsula colorata con un goccio di whisky. spengo questo schermo. addio.
venerdì 9 gennaio 2015
solita
finestra aperta e candele e luce fioca e notte. all’improvviso pioggia. una
meravigliosa pioggia riguardosa, quasi dolce. improvvisa mi coglie la voglia di
una canzone, di “quella” canzone. cerco tra i cd, la trovo e la metto su.
barbara casini che canta “stringimi forte i polsi”. “stringimi forte i polsi
dentro le mani tue e ascolta ad occhi chiusi, questa è la mia canzone”, così
canta la cantante. la perfezione di una canzone in un dato momento. con questa
pioggia, in questo momento, ci voleva questa canzone. forse è la canzone che ha
scelto me, boh. stringimi forte i polsi. penso al gesto di recidersi le vene
dei polsi. al sangue che si riversa come un profumo troppo delicato per il
mondo insozzato dal chiasso che ottura le orecchie dei sensi. il sangue che
schizza a fiotti come la musica dei tamburi di Dioniso. il ritmo è vita che
pulsa, si diffonde nell’aria poi scola via in un tombino di una strada come
piscio che muore unendosi al sotterraneo fiume di una fogna di città.
domenica 4 gennaio 2015
mi
accendo una sigaretta, mentre sono qui seduto a scribacchiare, afferrando il
piccolo e basso portacandele in vetro made-in-china e accostando alla bocca la
candela accesa. c’è una bella luce arancione anni ’50 nella stanza, calda e un
po’ western. quando faccio qualche piccolo viaggetto-vagabondo mi ritrovo a
scribacchiare appunti sulle mie impressioni su ciò che mi attornia. la maggior parte
delle volte scribacchio come ora, seduto nella solitudine della mia casetta.
anche nella solitudine della mia casetta ho le mie impressioni, forse questo
certifica che sono vivo, boh. non mi è mai interessato richiedere un
certificato di vita. stasera ho cucinato bevendo vino rosso e ascoltando i
depeche mode, qualcuno lo chiamerebbe relax, io lo chiamo farmi i cazzi miei.
cosa adorabile da fare. forse il mio hobby preferito. dicevo delle mie
impressioni. mi piace quando qualcuno ha delle impressioni personali, non
precotte, su qualsiasi cosa, in modo spontaneo voglio dire. cosa più rara di
quanto si creda. cervelli anestetizzati, bleah, brutta roba. il mondo è come lo
immaginava il signor romero, popolato da zombies telecomandati dal consumismo.
un altro dei miei passatempi preferiti è vivere la notte. che non vuol dire
andare in giro tra baccano e allegria per cui devi pagare un biglietto
d’ingresso o una consumazione obbligatoria. vivere la notte stando sveglio,
scribacchiando e bevendo e leggiucchiando e ascoltando musica e guardando film,
ascoltando le mie impressioni e magari non preoccupandomi di dovermi svegliare
all’alba per andare al circo. fanculo il circo e il “dovere” fare qualsiasi
cosa. le cose è bello farle perché se ne ha voglia. la musica si sposa da dio
alla notte alla luce nella stanza alla strada umidiccia di aria notturna alle
poche auto che passano alle voci di umani che stazionano nel pubettino sotto
casa o accompagnano i cani a pisciare. continuo a consumare cubetti di ghiaccio
e scotch da due soldi, uno di questi giorni devo regalarmi una bottiglia di
laphroaig. la musica però non è da due soldi. ed è pure gratis. i cd i dvd ed i
libri ti portano a casa musica e cinema e letteratura di gran classe e una
volta acquistati sono lì e puoi usufruirne quando meglio credi. a pensarci una
cosa fantastica. certe volte la tecnologia ci azzecca e offre notevoli erezioni
mentali agli umani. distrattamente, con gli occhi su questo schermo, ho
afferrato il portacandele basso di vetro e stavo per bere un sorso di fuoco, il
bicchiere con lo scotch è a pochi centimetri dalla candela accesa. penso a
mangiafuoco. alla favola di pinocchio. ho un conto in sospeso con quella roba.
mi ha traumatizzato quand’ero piccolo. per via della mia sensibilità, della mia
acutezza, della mia finezza intellettuale. ci scherzo su ma ho davvero un conto
in sospeso con quella storia. vorrei che qualche serial killer facesse fuori
pinocchio e geppetto, mangiafuoco e la fata turchina, il grillo parlante e la
balena. e fanculo a greenpeace. lucignolo probabilmente si sarà già fatto fuori
in un vicolo buio pieno di piscio e di gatti che rovistano nei sacchi della
spazzatura, con un ago conficcato in una vena del braccio.
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