il mio
diavolo mi cavalca. o io cavalco lui boh. comunque sono un bluesman con la
barba incolta che gironzola con i suoi jeans logori e la pelle del viso
consumata da qualche secolo di sregolatezze. sono così, chiuso nella mia stanza
aperta da cui i rumori del mondo si appressano speronando la mia meravigliosa
megaindifferenza. percorro infiniti bui chilometri stando nella mia stanza. e
gloriosa la mia anima sciupata che vaga come un fantasma nella nebbia di una
notte dicembrina. mi godo questi momenti assaporandoli come gocce di un
eccellente distillato ineguagliabile e irripetibile. sono l’unico dio della mia
stanza. e della mia vita. e le altre cose sono tappezzeria che osservo con
distacco. persone e cose e fatti e parole pura tappezzeria insignificante. solo
come un fantasma, solo come un dio vagolo nella notte, nel mio personale
festino freddo e incantevole come una favola ricamata attorno al mio Io. e
nella freddezza della notte sento scorrere il mio sangue, lo sento saltellare
incurante del mondo e delle case e della gente tutt’attorno. berrei volentieri
il mio sangue, il più segreto dei pianti, sorgente che nasce e vive solo per
me, dentro di me. se sapessi cantare mi canterei anche una canzone, con voce
ruvida e abbozzata. e sarebbe certamente un blues.
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