luccicante
come una scheggia di …oddio, quella cavolo di pietra nera dall’aspetto vetroso,
che facilmente si frammenta in sottili scaglie taglienti…funk, odio quando non
mi vengono le parole…vabbe’, l’incipit è andato a farsi friggere e non ricordo
più nemmeno cosa diavolo volessi dire. alzo la musica così disperde
l’antipatica sensazione di non ricordare la parola, la voce della mia adorata
hope sandoval mi canta look on down from the bridge e ammorbidisce la mia mente
facendola quasi liquefare e miscelare con la notte che incombe sulla città. …
per qualche istante mi sono soffermato ad ascoltare la canzone poi ho guardato
questo schermo e guardando le lettere ho pensato “cosa stavo scrivendo?”… come
sempre la verità è che dispenso parole per il semplice piacere di farlo, così
come mi vengono. non racconto niente, non parlo di niente, semplicemente faccio
danzare le parole che mi nascono dentro ops, squilla il telefono, quasi una
decina di squilli, è la mia amica matta rispondo-non-rispondo, alla fine
rispondo perché è la mia amica matta e con lei posso essere matto anch’io: come
stai sono nervosa domani passo a trovarti non dilungarti che mi fai spendere
soldi sennò richiamami tu. io: domani mattina circo poi dovrei andare nel primo
pomeriggio a vedere una partita di pallavolo della figlioletta di un amico se
passi dopo le 18 dovrei essere a casa. lei: ok passo alle 18. la mia amica
matta è sempre nervosa elettrica depressa effervescente come un tir che
trasporta acqua gassata che ruzzola in un precipizio. è apprezzabile la mia
amica matta perché si discosta dalla moltitudine ed è talmente matta che con
lei posso evitare le convenzioni che normalmente regolano i rapporti sociali.
cosa stavo dicendo prima della telefonata non lo so e poco importa. comunque,
per la cronaca, la pietra è l’ossidiana. non c’è mai nessuna arianna a tendermi
il filo per ritrovare i passi del discorso che stavo facendo ma va bene così.
faccio danzare parole e basta. farfalle colorate che sventolano nella notte
disegnando imprevedibili forme nell’aria scura. farfalle sprizzate dalla
fecondità della mia mente totalmente privata di ormeggi. mi alzo accendo una
sigaretta e mi gusto una canzone in piedi in mezzo alla stanza scalzo un poco
pallido e con un’espressione [immagino] indefinita. due o tre minuti in cui mi
sento bellissimo. un falco un fantasma un cavaliere un colore un suono una luce
che non abbaglia un bacio un fiume un silenzio un monastero un fiore una lama
un arbusto. ok, me ne vado. m’inoltro nel mio bosco. fitto buio nero pesto
senza luna. una piccola morte da cui si può tornare. addio.
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