E’ giorno, dalle finestre
semioscurate la luce trasuda nel mio monolocale al tredicesimo, l’ultima cosa
che ricordo è una serata con trust dei cure ad alto volume, io scalza,
pantaloni bianchi in leggero cotone, aderenti sulle gambe e larghi sulle
caviglie, t-shirt grigia a manica lunga, il mio bellissimo viso, col suo lunare
pallore, contornato dai lunghi capelli più neri del nero, il mio sguardo perso,
alla ricerca di chissà quale altra dimensione. Ricordo che avida e vogliosa mi
scolai due boccettine prese dal sacchetto di plastica acquistato dal mio
personale pusher-farmacologico, mi scolai le due boccettine direttamente in
bocca, senza annacquarne il contenuto. Poi il buio cadde su di me. O io caddi
su di lui, fate voi. Non so quante ore o giorni siano trascorsi. Adoro spegnere
la luce del mondo mandando tutto a fare in culo.
Adoro-spegnere-la-luce-del-mondo-mandando-tutto-a-fare-in-culo. E sprofondare
in un mare più nero del petrolio. Ora sono più bella e pallida della più bella
luna che possiate immaginare. Prendo una mezzolitro d’acqua e la scolo d’un
fiato. Cammino scalza sul bianco marmo del pavimento. Inserisco nel lettore
disintegration e alzo il volume, faccio entrare luce e aria spalancando le
finestre, è una piccola rinascita della vostra cara e adorata Cry. Senza medici
e ostetriche e mondo vario in mezzo ai coglioni. Ho voglia di aria fresca e di
città che mi accarezza con la sua splendida e alienata megaindifferenza. Farò
una doccia, mi guarderò allo specchio e uscirò nel vostro cazzo di mondo come
un fiore appena sbocciato sotto la luce del sole. Sono la vostra cara e adorata
Cry, la più bella diciannovenne del mondo.
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