kristin hersh-strange angels (1998) |
venerdì 30 maggio 2014
venerdì 23 maggio 2014
caravaggio, il martirio di sant'orsola
qualche
secolo fa feci un piccolo viaggetto-vagabondo a napoli, vagando per il centro
m’imbattei in un cartellone che diceva che proprio lì, in quel punto, al
secondo piano di una banca, era esposto per il pubblico il “martirio di
sant’Orsola” del Caravaggio, dipinto di proprietà della banca. non so perché ma
stamattina mi sono svegliato con impresso nella mente quel dipinto. ovviamente
quel giorno lì pagai il biglietto, salii per la scala di marmo ed entrai nella
sala dove c’erano alcuni cartelloni che descrivevano il dipinto, almeno così mi
pare. e oltre quella sala l’altra sala, quella col dipinto. mi piacque da
morire il fatto che nella sala c’era solo quel dipinto e nient’altro. io e un
turista credo svedese (o forse era una coppia di signori svedesi, marito e
moglie, sulla sessantina, lui macchina fotografica appesa al collo, lei
quell’aspetto così poco cerimonioso che hanno le donne nordiche). cominciai a
sbirciare quasi timidamente il dipinto, non per deferenza nei confronti del
capolavoro bensì perché volevo guardarlo da solo. aspettai che i due signori se
ne fossero andati, erano svedesi quindi silenziosi e rispettosi come non sono
gli italiani nei musei e come invece sono gli orientali nella vita. rimasi solo
davanti al Caravaggio. ci rimasi circa un’ora e mezza, da solo. ricordo che
anziché la brutalità della scena mi colpì la serena, più che rassegnata direi
dolce accettazione della morte da parte di orsola, il contrasto tra la sua
carnagione già quasi cadaverica e quella delicatezza così femminile, ricordo
che mi persi nelle sue mani… quando
arrivò qualche altro visitatore il mio animo era sazio, i miei occhi e la mia
sete di emozioni esauditi e me ne andai, scendendo le scale con estrema
lentezza, assaporando le emozioni appena vissute. chissà perché stamattina mi
sono svegliato con questo dipinto in mente.
p.s.
se
non ricordate chi era sant’Orsola leggete qua sotto.
sant'orsola
Orsola
era la bellissima figlia di un re bretone che tacitamente aveva deciso di
donarsi a Dio. per scongiurare una guerra le fu imposto di sposarsi con il
figlio di un re pagano, Orsola acconsentì ma ottenne due cose: il matrimonio si
sarebbe celebrato di lì a tre anni e il suo futuro sposo si sarebbe dovuto
convertire al cristianesimo e insieme a lei sarebbe dovuto andare in
pellegrinaggio dal papa, a roma. trascorsi i tre anni Orsola, insieme a undici
nobili fanciulle vergini, undici che poi la leggenda tramutò in undicimila,
prese la nave, approdò nel continente europeo e via fiume giunse in svizzera,
di lì proseguì a piedi e giunse, insieme alle sue compagne di viaggio, a roma
dove, con una sorta di colpo di scena hollywoodiano, incontrò il suo futuro
sposo che nel frattempo si era convertito. dopo aver ricevuto la benedizione
del papa, Orsola e le undici vergini fecero il viaggio di ritorno, a piedi sino
alla svizzera poi via fiume sino a colonia. qui però, a colonia, si era nel
frattempo insediato il signor attila, il flagello di Dio che, vedendo arrivare
le undici (o undicimila) vergini, per far fede al suo appellativo, decise poco
cavallerescamente di torturarle e ucciderle tutte quante in un giorno, a colpi
di frecce. il giorno successivo, Orsola, ormai sola, fu condotta davanti al re
degli unni e, visto che si rifiutò di abbandonare la fede cristiana, fu uccisa
da attila in persona con una freccia (e questo è il momento immortalato dal
Caravaggio).
sabato 17 maggio 2014
la gente solitamente ha
voglia di vedere altra gente, di parlare con altre persone, condividere idee,
parole. parlare non mi ha mai entusiasmato. anziché diventare muto o un asceta
ho scelto di essere un pagliaccio. mi è sembrata la scelta più comoda. scrivere
è decisamente più intimo, più riflessivo, è inanellare i tuoi atomi mentali a
tuo piacimento. questa cosa di internet, dei blog, è fantastica. anche se poi
nessuno legge chi se ne frega. ti permette di far librare in aria le tue parole
come farfalle che danzano libere. sfornare parole. alla gente piace parlare con
altre persone. io preferisco sfornare parole, così come mi vengono. la gente
desidera incontrare persone, stare tra persone, e per questo cerca di rendersi
bella, superficialmente più apprezzabile ma il risultato è quasi sempre ridicolo.
se parlassimo di automobili e accessori per renderle belle diremmo che il
kitsch è sempre dietro l’angolo. ma visto che è di persone che stiamo parlando
dico che il kitsch è dietro l’angolo. e la cosa più kitsch è che le persone
kitsch non si rendono conto di essere kitsch. infilo il dvd nel lettore, va.
chiedi alla polvere, film tratto dal romanzo di john fante.
lunedì 12 maggio 2014
ci sono certe cose che sono in grado di fissare alla
perfezione uno stato d’animo, un momento, una fase della vita. jagged little
pill di alanis morissette è una perfetta rappresentazione della giovinezza,
quella sfrontata, piena di energia, quella con i mille pensieri che ti spuntano
sotto pelle come innumerevoli brufoli interiori, quella che ti fa somigliare ad
un sole con i raggi che ti esplodono dentro e poi non importa cosa ne viene
fuori. be’, anche se non avete la capacità deduttiva di sherlock holmes sapete
cosa sto ascoltando in questo momento. seduto sul pavimento davanti a questo
schermo, ovviamente. brutta roba quando quei brufoli sotto pelle si
cicatrizzano, quando quei raggi solari s’intiepidiscono. la cosa migliore che
può capitare è che quei raggi diventino tizzoni che covano ardore sotto la
cenere, depositata dall’ordinarietà trasportata come tanti detriti dal fiume
del tempo. orcocàn che frase proustiana mi è venuta eheh.
seduto sul pavimento della mia stanza. apprezzo
enormemente l’assenza di materiale umano nei paraggi. mi basta e avanza quello
che vedo al circo. qualche volta mi capita di pensare di volere qualcuno
accanto. ma è solo una scintilla che presto muore affogata nel buio. affogata
nel fiume del tempo.
martedì 6 maggio 2014
senza l’arte, la poesia, la
musica, il cinema e le storie e la letteratura che sonda l’animo umano, il vino
e la libertà di ritagliarsi degli spazi in cui poter fare ciò che si vuole, in
cui poter stare senza trucco, che vita sarebbe? ok, ok, l’incipit somiglia allo
slogan della nutella. però il divertimento dovrebbe congiungersi con simili
cose, non dovrebbe c’entrare nulla con parchi acquatici, viaggi confezionati,
oggetti che qualcuno decide che ci servano per divertirci. nell’aria a whiter
shade of pale. mi viene in mente che, in certi casi, anche rompere le cose non
è male come fonte di divertimento. soprattutto se si tratta di regole, doveri,
consuetudini, direttive. anche fare cose senza alcun senso può dare un sano e
scapestrato divertimento. non ho nominato il sesso perché pensavo a
divertimenti solitari. chi dice che da soli non ci si può divertire è un gran
bischero da competizione. di sicuro tra le persone è molto facile farsi due
palle così. nella mia vita non c’è nessuno, vorrei sempre avere la forza di
amare le mie pareti spoglie, la mia stanza insonorizzata. spero di avercela
sempre, questa forza. adoro stare struccato. e ad un certo punto spegnere la
luce, spegnere tutto e affondare nel mio buio. nel silenzio. buio. e silenzio.
Iscriviti a:
Post (Atom)