sabato 26 maggio 2012


mi faccio un po’ male. guardo in faccia le mie paure, in maniera sfrontata, audace. immagino una persona sconosciuta che capiti per puro caso in quest’angolino, mi piace immaginare una persona lontana, mai sentita, che trovi un pizzico di coraggio immaginando me davanti alle mie paure. guardare qualcuno che uccide, o tenta di uccidere un drago, forse fa diminuire la paura dei draghi. forse è così. si può essere tristi e abbandonati e avere con sé la forza di non cedere al mostro famelico che si ha davanti, che ci vuole inghiottire, uccidere, renderci identici a quei corpi che guardiamo con consueto disinteresse ogni giorno. mi piacerebbe uno sguardo lontano e sconosciuto su queste parole. sorrido appena guardando la parete davanti a me. silenzio. ha smesso di far baccano anche il gruppetto che suonava nel localino sotto casa. il silenzio è un fresco soffio notturno che avvicina a me i lupi. i miei lupi smaniosi di assaggiare la mia carne. sento già il loro alito sulfureo che si avvicina…

mercoledì 23 maggio 2012


un’ inconsueta serenità pervade il mio animo, non ci sono abituato. mi mancano le braci, le asprezze, gli spigoli acuminati e taglienti, gli ululati. ho voglia di bere fuoco, espirare scintille, sprizzare sangue salato. voglio chiodi e spine e pugnali, voglia di sentirmi malato, sentire il mio animo di vetro, il mio demone alato. voglio baciare la tragedia, bruciare ogni cosa, masticare la ghiaia.
credo di essermi rassegnato a non essere riscaldato se non da me stesso. non voglio luci elettriche, solo fuoco antico, primitive braci fiammeggianti. diceva il poeta “… bisogna avere le ali se si ama l’abisso”.

sabato 19 maggio 2012

il vento fischia forte e dialoga con la mia atletica solitudine, pacifica e serena. la mia solitudine ha le bellissime fattezze di una splendida dama ottocentesca. stanotte si siede sulla poltrona del salotto e mi guarda con dolcezza e morbosità di spietata madre premurosa. è la sua presenza ad aver richiamato in questo scorcio di cementata civiltà questo vento così arcano, antico, quasi pagano. l’eternità della mia splendida dama ottocentesca mi regala un soffuso sentimento di calore che è un attraente balsamo per le mie membra inaridite e screpolate. stanotte, quando sarò avvinghiato alle mie inquietudini, lo sguardo della mia dama mi accarezzerà silenziosamente ed io sarò un bimbo quasi felice. una canzone de l’imboscata di battiato recita “… ma io ho una bambina, negli intervalli, che mi accarezza i bianchi capelli e gli anni si fanno docili al suo tocco…”. tra pochi anni, quando sarò un relitto nel fondale di una casa di riposo, avrò una 14enne che, negli intervalli, mi parlerà di arte, delle cose notevoli che incontrerà nella sua vita, e gli anni si faranno docili.

giovedì 17 maggio 2012


album grace, jeff buckley. due libri di persone notevoli, il mantegna e giotto. tecnica e talento smisurati dettati, avvalorati da una rara e profonda spiritualità, pura alchimia capace di generare opere così elevate, in grado di condensare una rara bellezza che innalza la creatività umana. prima di dare una forma alla bellezza, la medesima bellezza deve essere avvertita, scoperta sotto il velame fuligginoso della mediocrità che abbacina e soggioga gli sguardi delle persone comuni. la potenza della creazione suggerita da tenui, intensi sguardi intellettuali. per creare certe opere d’arte bisogna che le mani, per quanto dotate, siano supportate da uno spirito raffinato, sensibile, acuminato. prima delle mani angeliche un’anima illuminata .          immagini così intense, vive, profonde, dotate di storia e sentimento, sfumature emotive e caratteriali. celestialità e sofferenza, beatitudine e umanità. esplosiva creatività incendiaria. persone notevoli, mani dotate, spiriti illuminati. amen.

lunedì 7 maggio 2012


ascolto la cover di new age dei velvet underground interpretata da tori amos, mi piace tantissimo. fuori tempo da heroes, l’album di bowie. il signor david robert jones decise di chiamarsi bowie prendendo il nome da una lama, un coltello, il bowie knife. credo che la frase “restare solo per tutta la vita” sia una lama, all’inizio può far paura, spaventare per la sua affilatezza e letalità poi… per le medesime qualità può essere di conforto. poco fa è emersa, dai miei pensieri, quella frase. inizialmente mi ha spaventato  ma lo spavento è durato pochi istanti. successivamente è subentrata una sensazione di confidenza, il piacevole rendersi conto di non mentire a se stessi. il proprio inferno può persino essere una stanza confortevole, con spessi tendaggi di velluto nero e rosso. non traspaiono promesse o bugie (che forse sono la stessa cosa). nero e rosso, buio e sangue, solitudine e lesioni roventi. se guardo verso la costa posso vedere il mio fumoso porto, sul molo alcune, pochissime persone, tre o quattro. che osservano come prendo il largo, fino a sparire nella nebbia, nel grigio, nel plumbeo mistero da cui mi lascio inghiottire come un innamorato, come un disperato, come un sonnambulo che ha scelto di non svegliarsi. le stesse persone che mi hanno visto sorridere almeno una volta. il mio porto, la mia caverna, il mio fondale, il mio inferno personale.