venerdì 31 agosto 2012

il giovane dio caduto sulla terra


un giovane dio cadde sulla Terra
attraversò il deserto ardente
controcorrente giunse infine tra la gente

come pioggia cadde nella terra rovente
mistico spiovente elitario
fervente frammento solitario

un giovane dio cadde sulla Terra
velleitario ripudiato e commovente
attraversò villaggi desolati
nessuno lo vide vagabondare
invisibile e appariscente
come pioggia cadde nella terra rovente

un giovane dio cadde sulla Terra
velleitario ripudiato e commovente

la diligenza era passata
il cornicione dell’abisso
accolse i suoi avviliti passi impolverati
 lo straccione ripartì la sua fame
 gliene offrì una porzione compassata
gli fece sentire una vecchia ballata

“… il circo se ne è andato
il pagliaccio ha sparato
ha ucciso la trapezista
che con l’ impresario
se l’era spassata
ora il pagliaccio è ricercato
tutti cercano il volto struccato
di un uomo solo e disperato…”

l’anziana signora
lo guardò con diffidenza
gli sbatté la porta in faccia
rammentandogli che in casa
conservava un vecchio fucile da caccia

il treno già passato
scoprì il sudore sulla pelle
una puttana gli negò la lingua dell’amore
immaginò al suo sèguito 
una folta schiera di ancelle
camminò per tutta una notte africana
senza incontrare anima viva
la sua andatura profana
una riservata processione che repelle

camminò senza pudore
per tutta una notte silenziosa
che se la rideva a crepapelle 

un ladro senza refurtiva
un profeta abbandonato
privo di alcuna prospettiva

un giovane dio cadde sulla Terra
attraversò il deserto ardente
controcorrente giunse infine tra la gente

come pioggia cadde nella terra rovente
mistico spiovente elitario
fervente frammento solitario

un giovane dio cadde sulla Terra
velleitario ripudiato e commovente
attraversò villaggi desolati
nessuno lo vide vagabondare
invisibile e appariscente
come pioggia cadde nella terra rovente

un giovane dio cadde sulla Terra
velleitario ripudiato e commovente

mercoledì 29 agosto 2012


silenziosi petali lacrimano nell’aria della mia stanza in un’incontaminata pioggia bianca e rossa e dolce. ho fatto due passi tra le vie inutili della cittadina, ora nella mia stanza trovo una vivacità congeniale al mio animo randagio che, con le ali chiuse, si posa nel bianco come un arcaico fossile in una scogliera sferzata da un vento privo di sguardi e solite domande. nudo e disinteressato come un fossile davanti allo scorrere del tempo. chi mi vedrà vedrà solo la mia scorza.
le favole sognano gli umani, terminano i loro racconti dicendo “…e così come nacque, un giorno morì, né felice né contento….” , le favole appena nate sentendo i racconti si addormentano sognando la morte, cercando di immaginarsela magari come una pallida dama vestita di bianco, con lunghi capelli corvini e sottili mani scarne ed eleganti. nei loro sogni, incontrandola, le dicono semplicemente “ciao, hai un bel vestito…” e Lei quasi arrossisce, non tanto per il complimento quanto per la genuinità dell’approccio. chi sogna la morte, chi sogna l’amore…
nel mio sangue cresce l’edera e stratificato c’è tanto catrame. verde e nero nel rosso del mio sangue. mentre la vita sgorga, nel mio sangue c’è già la mia tomba fatta di fiamme e labbra, albe e gocce di veleno. il treno incede senza soste, la mia pelle spicca il volo tralasciando la pesantezza di uno scheletro appassito. in questo momento potrei morire sereno come un chicco di grano sepolto sottoterra. da morto vorrei rileggere le mie parole e compiacermi. a modo mio sono stato all’altezza dei miei eroi, ho strizzato per le palle la vita, magari facendo il pagliaccio, prendendola un po’ per il culo, ma l’ho strizzata per benino, senza mai insudiciare la mia essenza, senza mai sporcarmi nel di dentro. le cose che tutti gli umani possono vedere di me, le cose più vere e sostanziali si trovano in quest’angolino virtuale. qui la mia anima parla, strascicando parole candide e prive di apprensioni sociali. posso dire candidamente che la mia bellissima musa dalle vene di ghiaccio è sempre bellissima, che la mia jeanne-personale è stata unica, che bambi sarebbe la mia unica scelta come prosecuzione dei miei globuli rossi e bianchi e piastrine e tutto il resto. quando sarò morto, sempre che queste cavolate abbiano un senso, da una nuvoletta guarderò bambi nel proseguo della sua vita, e le darò una mano, ovviamente mettendoci del mio, non sperare in un aiuto totalmente giusto e divinamente corretto e asettico eh! odio le costrizioni, le forzature, ma ti farò giungere il mio pensiero, il mio punto di vista, ogni volta che ne avrai bisogno. e se non farai a modo mio piazzerò una bella buccia di banana lungo il tuo percorso. sul serio, se queste cose possono avere un senso (e nessuno può dirlo), dall’alto della mia nuvoletta singola guarderò solo te, ti seguirò con benevolenza e in silenzio. farò il diavolo a quattro (o reciterò mille pater noster) per avere una nuvoletta singola, ci tengo io alla riservatezza. mmmm pensieri sulla morte anche di buon mattino, un privilegio per chi svegliandosi sa di non doversi per forza recare al circo. ma il tendone sta per riaprire i battenti, cerone e nasino rosso e incalcolabili dosi di sarcasmo e distacco, come una linfa che tiene in vita una pianta che altrimenti appassirebbe. ora ho lo sguardo trasparente, nessun velo tra anima e superficie. vado a fare due passi, gioviale come un corvo, impalpabile come ali di farfalla, armonioso e aggraziato come un pagliaccio senz'abito di scena.

lunedì 27 agosto 2012


un avventato tuffo sconsiderato da trenta metri di altezza. m’immergo nel mio buio come un imperturbabile funambolo squilibrato, elettriche spirali esalate dal mio corpo, lacerazioni sulla pelle che presto saranno dolci carezze al confronto delle ferite che sprizzeranno sangue come zampilli sprigionati dalla più antica fontana del dolore. diceva il filosofo “la profonda sofferenza nobilita, separa”. nessuno può seguirmi, tantomeno vedermi sprofondare, eroico e sprezzante, distruttivo e infuocato come un carbone acceso, poco importa se sputato dal paradiso o vomitato dall’inferno. uno sputo frammisto di cielo e inferno. il buio che presto mi accoglierà ha lo stesso nero della morte, stessa inattaccabile impermeabilità ad ogni forma di luce. ho voglia di nero, assenza di luce e cazzatine varie, voglia di perdermi nel mio deserto, voglia di sentire i rovi che tastano la mia superficie un po’ nera e un po’ rossosangue, la mia carne che brama il suo carnefice [diceva il poeta “… oh tutta la sua carne che brama il suo nemico…”]. sono un corpo in bianco e nero, bellissimi chiaroscuri sulle mie ossa. poco bianco, tanto nero. vado dove nessuno mi può vedere, dove nessuno mi può seguire.

venerdì 24 agosto 2012


la mia pelle si è sciolta in un tenero abbraccio di sudore, ogni traccia di cerone volatilizzata nell'aria calda, un'aria che sa di umano. ora una magica melodia spazza problemi e come vento sulle vele rigonfia una dolcissima tristezza che richiede solitudine e raccoglimento. mi faccio un po’ male, strappo qualche penna dalle mie ali. avete mai affrontato il mare in tempesta? o trascorso una notte sapendo che qualcuno vorrebbe uccidervi? o sapendo che probabilmente una persona che amate morirà? spalancate le braccia e accogliete caldamente il vostro incubo, accogliete con disarmonica grazia il proiettile in mezzo al petto. un buco che squarcia le vostre carni può purificare il vostro sangue marcescente. la mia splendida dama ottocentesca si è presa una vacanza, stanotte, sono quasi le due, completamente solo con tanto blues, fumo, alcol e candele. stevie ray vaughan, susan tedeschi, buddy guy, lucinda williams, clapton, bonnie raitt, shemekia copeland, john mayall, janis joplin, the jon spencer blues explosion, rory gallagher, ‘stones, koko taylor, john lee hooker, tom waits…
la notte è calda e nera come una tazza di caffè poco mattiniera, piacevole il sudore profilante la pelle della mia fronte un poco rugosa e meno giovanile del solito, i miei pensieri hanno lo stesso graffiante vigore della voce di janis sostenuta da dolenti melodie vacillanti. sono una creatura nata bruciata, mi gongolo nella mia graticola cuocendo a fuoco lento.

martedì 21 agosto 2012

nella notte crèpita la pira funeraria sulla quale dorme il corpo del giovane Patroclo tre volte ucciso. qualcuno singhiozzerà alla vista delle scintille svolazzanti sulle mie trascurate spoglie? chi sarà mai quello sconosciuto che arde senza vita e sembra sorridere degli attoniti volti che s’interrogano o balbettano insensate frasi irriguardose? evaporando vado incontro allo sterminato abbraccio della notte. ho sempre detto di essere una creatura nata bruciata. ora l’ultimo atto è quello di impersonare un pollo arrosto. il mio viso struccato col naso all’insù si specchia nella luna statica come un’inanimata lapide priva di corone di fiori. 

venerdì 17 agosto 2012


sto benissimo. lontano dal circo, senza l’obbligo di dover entrare nel tendone ad orari prestabiliti, con la libertà di pensare totalmente a modo mio, mi è anche tornata la voglia di leggere con gusto, sul pavimento bianco, mezzo nudo come un raffinato selvaggio di un qualche posto esotico e immaginario. sto anche cucinando tanto [ la mia jeanne si preoccupava quando le dicevo che mangiavo troppi cibi surgelati, mentre bambi… be’, lei mi viene in mente tutte le volte che faccio un risotto, “… per fare il risotto ci vuole il tempo giusto, il cielo giusto, la musica giusta, insomma tutta la giusta atmosfera” diceva la 14enne].
mi sono svegliato prima dell’alba, come l’assassino. in realtà parecchio prima, erano le 3:17. quando sto bene mi capita di dormire due orette, un concentrato sonno privo di elettricità, mi sveglio ed ho voglia di alzarmi. quando nella notte ci sono i miei lupi dormo anche meno ed ho voglia di alzarmi. nel mezzo le varie sfumature del pagliaccio. sul balcone attendo l’alba, il rumore di qualche macchina disturba la quiete. la bellezza dell’alba si dilata nel silenzio del mare, nel silenzio delle montagne, nel silenzio di una bella città. il mio balcone non offre nessuna di queste possibilità. penso che tra qualche oretta, dopo una doccia, andrò a pagare affitto e bollette scadute, poi un po’ di spesa e pulizie domestiche. sorrido pensando che in realtà, probabilmente, non farò niente di tutto questo. nelle case la gente attende di svegliarsi. mi sento diverso, quasi come quando, a sedici anni,  i miei cieli notturni mi guardavano ed io guardavo loro. ancora buio, sono le 5:32.

martedì 14 agosto 2012

ho appena salvato la vita a mia cugina chiara. era un sogno e non esiste nessuna cugina di nome chiara. però è stato intenso e mi sono svegliato nello stesso istante in cui sorgeva il sole. se stai bene l’alba è il momento migliore della giornata, se stai male mai vorresti alzarti dal letto per affrontare la giornata. per molti magari un buon inizio di giornata è l’attesa, o speranza, di cominciare presto a stringere mani, fare sorrisi e sprecare chiacchiere leggere come polline nel vento. la gente è strana. come pensava il folle automobilista che guidava a tutta birra in autostrada, contromano,  sentendo il bollettino stradale alla radio “attenzione, nell’autostrada xy c’è un folle che guida contromano” . quando incrocia la prima macchina pensa “eccolo, il folle!”. poi nota che tutte le macchine sono contromano e pensa “altro che uno solo, qui tutti sono pazzi!”. elogio della relatività. in città, a ferragosto (vabbè oggi è il 14 ma ‘fa niente), si respira un’aria surreale, soprattutto la mattina presto, asfalto e cemento permeati da un’innaturale calma quasi alpestre. la giornata è appena cominciata e adoro il pensiero di non dover stringere mani o fare sorrisi, o dover rispondere a mille “come va?” . elogio della relatività.

domenica 12 agosto 2012


ho sognato il mio smembramento in un incidente con un elicottero, con accurati primi piani ho visto pezzetti del mio corpo ridotti in molliccia poltiglia oleaginosa. mi sono svegliato meravigliosamente solo, con la consapevolezza che niente potrebbe sfiorare la mia pelle al contempo ipersensibile e stagionata come legno logorato dall’aria salmastra. jeans e maglietta e mi sono riversato nella cementificata desolazione di una domenica mattina d’agosto. quattro  passi privi di meta col blues nelle orecchie e la mente perduta, vagante in un deserto immaginato…

martedì 7 agosto 2012


che sensazione, dopo pizza e birra e allegre chiacchiere maschili, rientrare e struccarsi, via nasino rosso e cerone e vai con ac/dc e fondo di una bottiglia di annoso rum invecchiato, dal meraviglioso colore ambrato. come il rovente liquido caramellato anch’io sono caldo, profondo e invecchiato, sono il legno di un antico battello temprato dal sole, il sale e le tempeste più spietate e lontane. la mia stanza, con i miei libri e le mie tele sparse sul pavimento, è meravigliosa come non mai, la voce di bon scott magnificamente rovente, confidenziale e pungente. la mia Cry giace ancora sul pavimento, dopo essere stramazzata per il chiodo caduto, lei sul bianco del mio pavimento. anche la mia jeanne personale, quella dipinta da me, è particolarmente bella, mi guarda ed è così bella, il suo sguardo sottile, piacevole e penetrante.
la morte, sento addosso il suo sguardo, mi guarda dalla finestra, mi guarda da lontano, non si avvicina, mi guarda e forse vorrebbe toccarmi durante il sonno, vorrebbe accarezzarmi sussurrandomi “ci vediamo tra poco”. mi sento quasi bello, ho voglia di chiudere gli occhi…