non si può vincere una guerra da soli. senza
l’ipocrisia del compromesso si è condannati alla sconfitta. forse è qui il
fascino di certi eroi immortalati dalla sconfitta. la vittoria della sconfitta.
è estate ma sogno una notte d’inverno. voglio una bottega desolata in un freddo
pomeriggio di gennaio col cielo così cupo e scuro da atteggiarsi quasi a
crepuscolo. un cielo così cupo e scuro da richiamare folate di veleno tra le
mura solitarie. ogni tanto bisogna sciacquarsi levarsi di dosso il cielo
azzurro che incombe nell’animo profondo. ascolto il vento soffiare contro il
mio muro contro il mio firmamento. è il respiro degli abissi che trafigge le
pietre del mio silenzio. il mio silenzio lastricato di sconcertanti tuoni di
vetro. una foresta di cemento e automobili e personcine brulicanti là sotto.
qua dentro un mare calmo e tempestoso ombre che scorrono come gemiti tra
lenzuoli artiglieria d’intimità e piacere e confusi estatici labirinti
rampicanti. il vento soffia la polvere muta come un mare segreto in cui
annegare in una stanza sbiadita e confusa dove ammutoliti pipistrelli danzano
stando fermi appesi a testa in giù. dalla mia finestra vedo bugie mischiate al
vino alle danze ai colori ai sorrisi e alle malinconie che cadono a pezzi come
cantilene d’argento senza nome. sono un soldato senza corpo con le vene sature
di neve arrugginita.
martedì 30 giugno 2015
venerdì 26 giugno 2015
la gente sempre sorridente è stupida. io sono solare-positivo significa
io sono
superficiale-e-troppo-stupido-per-farmi-toccare-da-dubbi-e-varie-inquietudini.
chi cerca sempre la compagnia di altre persone non conosce le profondità
dell’anima. le altre persone sono boe di galleggiamento che ci tengono
forzatamente sulla superficie placida del mare. chi è in grado di avere una
vita spirituale cerca in qualche modo la solitudine.
lunedì 22 giugno 2015
...dal mio balcone...il termine della notte, cèline, fino all'alba...
notte è riposo per i mediocri. per gli altri, una stanza
in cui non dover interagire con facce che non c’interessano. io ci aggiungo
morsi zanne ferite e lupi. viaggio al termine della notte. che libro! l’alba a
due passi, luce che trapela dall’altro angolo dell’universo. viaggio al termine
della notte, cèline. che libro! leggiucchiate alcune pagine qualche ora fa. per
chi ama la scrittura qualcosa di imprescindibile. meravigliosamente rozzo ed
essenziale, scrittura che sgorga come vita, vita sporca e vera che va
inaspettatamente a braccetto con la Letteratura. io poi ci trovo ironia dietro
ogni angolo, dentro ogni anfratto, anche quando si parla di miseria, malattia e
povertà. l’ironia è nello sguardo non nelle cose osservate. la luce dell’alba
come una lenta marea sale usurpando il trono della notte. tra poco tutte le
facce sciocche si sveglieranno e cominceranno a fare tutte le solite cose
sciocche che chiamano vita. tra poco il circo del mondo aprirà i battenti. bah.
giovedì 18 giugno 2015
dalla mia finestra
affacciata sulla notte vedo il porto. [solita casetta e solita cittadina del
cazzo, per la cronaca. però stanotte vedo e sento un porto]. niente di solenne
nella mia mente o sulla punta delle mie dita. c’è solo questo mark lanegan che
scivola come un passamano che affianca con discrezione l’intera scala di questa
notte. alle prime luci dell’alba si dissolverà (tacerà era troppo brutale, non
se lo merita, se capite cosa intendo…). qualche persona per la strada si
trascina agitando seccanti voci che disturbano la quiete del mio porto. ci
vorrebbe una pioggia, sarebbe un sorriso alla mia anima alienata. non c’è la
pioggia ma ho sempre me. ci vorrebbe la pioggia ma anche un fiume non sarebbe
male. mi accontento del mio porto immaginario, con l’acqua nera che accoglie
luci e pensieri che trapelano dai loculi di cemento in cui la gente sogna di
essere viva. affilo le lame m’infilzo il pugnale. non so il perché ma mi viene in mente una frase del Poeta “i
cinesi vedon l’ora nell’occhio dei gatti”.
domenica 14 giugno 2015
sofficemente sveglio nel cuore della notte, a
deporre parole e incenerire sensazioni, una piccola forma di pazzia agli occhi
di chi vive incollato ad orari più consoni ad una vita ordinaria e priva di
immateriali trincee dell’anima. nella quiete della notte c’è una tranquillità
che bisogna saper leggere. la fantasia è un cielo senza luce e l’atterraggio
una fine che non si ha voglia di vedere. lo scambio di parole tra persone,
credo si chiami socializzare, ora più che mai è qualcosa di semplicemente
inutile e fastidioso. vado su e giù sull’altalena della mia nostalgia. sono il
vento che accarezza un bosco notturno, un fumo come fiume che espandendosi
lambisce ogni anfratto nascosto dipinto dalle trasparenze degli abissi dei
sogni.
delle volte sono così vacuo…mi pungo mi graffio e
in un battito di ciglia il mio corpo incontra i miei pensieri, s’incontrano
manco a dirlo nel mio bosco interiore. un bosco pieno di buio e solitudine. le
cose più belle hanno un profondo cuore di solitudine. è nel dolore e nella
solitudine che le persone sfoderano la loro grazia.
mercoledì 10 giugno 2015
il balcone della mia casetta, una notte stanca di parole,
aggrappato alla mia sigaretta guardo quel lampioncino che è un lumino disegnato
da un tratto di matita in una strada lambita da una pioggerellina che ascolta
gli addii che si consumano in una notte come questa. ciò che vedo dalla mia
finestra è un bellissimo mare privo di sole e schiamazzi, è un lampioncino che
nel suo piccolo rischiara un ritaglio d’infinito, una luce che pesa come il
suono di un flauto che consola come un tremolante bacio trasparente. una luce
sofferente che è un bicchiere che ti accompagna fino al mattino. l’oscurità è
pazzia e quel lampioncino è una confidenza che allevia ogni patimento, quel
lampioncino prende a braccetto la mia anima e la conduce verso un’isola
agognata dove la ragione ebbra di rugiada si addormenta come un fiore in aperta
campagna. quel lampioncino mi sorride e ci scambiamo incomprensioni, mi dice
che stanotte, adesso, vorrebbe sposare il mio sguardo. sono una brezza che
s’innamora di un pallore visto mai.
mercoledì 3 giugno 2015
davanti allo specchio
c’è un uomo davanti allo specchio, dietro le pupille, due
pezzetti di specchio nero nello specchio, dietro le pupille un mondo senza
esseri umani. dietro le pupille c’è un ragazzo che sussurra “i pazzi siete
voi”. c’è un ragazzo seppellito da una sottile lamina lucida e riflettente che
lo rende invisibile agli occhi insensibili e addomesticati. l’uomo davanti allo
specchio ha un naso e una bocca, una bocca che non ha niente da mordere. il
ragazzo sussurra che da sempre è in cerca di una casa. da sempre ha una luna e
una malinconia senza colore. mi guardo allo specchio ed è un viaggiare senza
terra e cielo che si muovono, è un guardare due occhi brillanti di nebbia, un
veleggiare nella penombra a cui mancano i suoni dei ricordi. un bianco fertile
nella penombra come un prato che si addormenta sognando la notte. i miei occhi
che mi guardano cantano attraversando il ponte, si rallegrano dei fiori muti
che si sciolgono davanti all’abbandono, davanti alla tristezza che non fa male,
la città si perde mentre le mie ombre giocano a sparire inseguendo il suono di
un organetto. senza fretta tra poco mi allontanerò dallo specchio, mi affaccerò
al balcone e accenderò una sigaretta.
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