senza accorgermene ho il palmo imbrattato del mio
sangue, solo ora lo vedo, una macchia di rossetto secca e sbavata, la accarezzo
con un sorriso, è mia, ha la confidenziale tenerezza di un’immagine
adolescenziale, un’immagine che ti sussurra cose che comprendi in un batter di
ciglio senza dover ragionare o scavare nei ricordi. se fosse fresca, quella
macchia, me la spalmerei sul viso come un guerriero indiano o come un
pagliaccio metropolitano. penso al mio muro. quando me ne andrò me ne andrò
senza nemmeno far sentire il tonfo del mio corpo che cade (e caddi come corpo morto
cade, diceva il Poeta). non ci sarà alcun timor panico ovvero il terrore che
suscitava il dio pan con le sue urla, una volta terrorizzò persino se stesso,
il dio, con il suo urlo. quando me ne andrò non lascerò nemmeno un tonfo. con
una mano mi accarezzo i capelli e seguendo il gesto della mano inclino la testa
verso il soffitto in una posa da statua di marmo bianco. un sorriso che nessuno
mai vedrà mi nasce guardando il soffitto. i jethro tull suonano thick as a
brick.
venerdì 27 febbraio 2015
lunedì 23 febbraio 2015
ho gli occhi di un cerbiatto che sogna distratto sanguinosa violenza senza
ombra di emozioni nelle pupille immobili senza parole. dai pensieri mi lascio
sollevare e portare via lontano senza nulla sentire. non sento il mio cuore
pulsare. vorrei un’anima ghiacciata che annienti ogni colore fluttuante
nell’aria che non mi parla. non sento il mondo rumoreggiare e respirare. voglia
di viaggiare spaziare lontano stando seduto sul pavimento non sentendo i rumori
che non voglio sentire.di me miliardi di cose ci sono che le persone non
possono sapere. miliardi di cose invisibili come angeli silenziosi privi di
colore. come le nubi mi sento leggero desideroso di andare lontano senza
pensare. sono astratto e meraviglioso come un dio. meraviglioso. e astratto.
come un dio.
mercoledì 18 febbraio 2015
alterno cosmiche
freddezze a richieste così umane e deboli da far tremare i polsi. vorrei ora
uno sguardo. non un bacio un sorriso o un abbraccio, solo uno sguardo su di me.
tiepido e delicato come una goccia di sangue spalmata sulla mia guancia da un
tenero polpastrello che tiene a me. guardami e se vuoi sorridi. mentre le
televisioni blaterano di politica mentre gli uomini si accendono per fesserie
da vita quotidiana. guardami e dona una goccia di sangue per me. spandimela
sulla pelle della mia guancia come fossi un guerriero di una tribù dimenticata
dalla civiltà. anche se per te non sono niente per un momento guardami e dona
una goccia del tuo sangue solo per me. sono un fantasma che spesso si traveste
da pagliaccio. sono uno spirito che non chiede niente. chiede solo uno sguardo,
ora. guardami e dimmi con gli occhi che per un istante, questo istante, sei
mia. chiunque tu sia [se leggi queste parole in qualche modo senti le mie
vibrazioni]. guardami. pugnalami e trafiggimi se vuoi. sono uno spirito senza
corpo. guardami. se leggi queste parole e se ti va. guardami. sono un pazzo.
che si mimetizza in un campo di fiori di plastica. guardami. anche senza dire
il tuo nome. ho voglia del tuo sguardo. ho voglia del tuo sguardo. uno sguardo carico di elettricità.
venerdì 13 febbraio 2015
lo spazio e le stelle e il nero vuoto cosmico sono a due
passi da me. schizzo alto come un razzo e in un batter d’occhio sono a miglia e
miglia di distanza dalla terra. altissimo intoccabile vietato e inaccessibile
come un astro che solo si può immaginare. veloce e impalpabile come un suono
che si spande nello spazio celeste. in questo momento odio tutto ciò che mi
circonda. immensamente mi delizio della mia solitudine interstellare. danzo nel
freddo vuoto nero cosmico come una scheggia di scintillante intelligenza persa
in un mare di puro spazio del tutto privo di coordinate. sono il mio aspro dio
tagliente più di una lama vergine di acciaio incontaminato.
domenica 8 febbraio 2015
elettricità
mi scorre dentro nelle vene un lavico fiume sotterraneo che mi percorre le
viscere sprizzando incandescenti scintille luminose come schegge di un sole
imprigionato tra le mie ossa. e dentro di me c’è anche un animale che vuole
azzannare graffiare artigliare. qualcosa di selvaggio rabbioso selvatico
assetato di sangue. il mio sguardo probabilmente è quello di sempre ma io lo
immagino feroce collerico due occhi grifagni come diceva il Poeta. voglio
ruggire addentare ferire smembrare lacerare carni. dentro di me una caverna
primordiale io sono una caverna primordiale a che il mondo mi stia lontano.
vorrei infilzare trafiggere con lo sguardo sparare forare ferire a morte
uccidere. dio una cosa che ora vorrei è un grande falò qui nel mezzo della mia
stanza fuoco tizzoni fiamma carboni ardenti un vero fuoco con vera legna
boschiva raccolta graffiandomi le mani e le braccia. bevo whisky con la luce
fioca che ospita la voce e la musica di syd barrett. per il fuoco fanculo non
c’è speranza. ma il fuoco ce l’ho dentro e crepita fiammeggia arde e divampa
che è una bellezza. è un fuoco che corrode il mondo e tutto ciò che mi
attornia. guardatemi e statemi lontano.
martedì 3 febbraio 2015
luccicante
come una scheggia di …oddio, quella cavolo di pietra nera dall’aspetto vetroso,
che facilmente si frammenta in sottili scaglie taglienti…funk, odio quando non
mi vengono le parole…vabbe’, l’incipit è andato a farsi friggere e non ricordo
più nemmeno cosa diavolo volessi dire. alzo la musica così disperde
l’antipatica sensazione di non ricordare la parola, la voce della mia adorata
hope sandoval mi canta look on down from the bridge e ammorbidisce la mia mente
facendola quasi liquefare e miscelare con la notte che incombe sulla città. …
per qualche istante mi sono soffermato ad ascoltare la canzone poi ho guardato
questo schermo e guardando le lettere ho pensato “cosa stavo scrivendo?”… come
sempre la verità è che dispenso parole per il semplice piacere di farlo, così
come mi vengono. non racconto niente, non parlo di niente, semplicemente faccio
danzare le parole che mi nascono dentro ops, squilla il telefono, quasi una
decina di squilli, è la mia amica matta rispondo-non-rispondo, alla fine
rispondo perché è la mia amica matta e con lei posso essere matto anch’io: come
stai sono nervosa domani passo a trovarti non dilungarti che mi fai spendere
soldi sennò richiamami tu. io: domani mattina circo poi dovrei andare nel primo
pomeriggio a vedere una partita di pallavolo della figlioletta di un amico se
passi dopo le 18 dovrei essere a casa. lei: ok passo alle 18. la mia amica
matta è sempre nervosa elettrica depressa effervescente come un tir che
trasporta acqua gassata che ruzzola in un precipizio. è apprezzabile la mia
amica matta perché si discosta dalla moltitudine ed è talmente matta che con
lei posso evitare le convenzioni che normalmente regolano i rapporti sociali.
cosa stavo dicendo prima della telefonata non lo so e poco importa. comunque,
per la cronaca, la pietra è l’ossidiana. non c’è mai nessuna arianna a tendermi
il filo per ritrovare i passi del discorso che stavo facendo ma va bene così.
faccio danzare parole e basta. farfalle colorate che sventolano nella notte
disegnando imprevedibili forme nell’aria scura. farfalle sprizzate dalla
fecondità della mia mente totalmente privata di ormeggi. mi alzo accendo una
sigaretta e mi gusto una canzone in piedi in mezzo alla stanza scalzo un poco
pallido e con un’espressione [immagino] indefinita. due o tre minuti in cui mi
sento bellissimo. un falco un fantasma un cavaliere un colore un suono una luce
che non abbaglia un bacio un fiume un silenzio un monastero un fiore una lama
un arbusto. ok, me ne vado. m’inoltro nel mio bosco. fitto buio nero pesto
senza luna. una piccola morte da cui si può tornare. addio.
Iscriviti a:
Post (Atom)