mercoledì 30 aprile 2008

Scorcio notturno...


Finalmente solo! Un angolino in cui poter liberare la mia voglia di solitudine, d’intimità. Sono a lavoro, sono le due di notte ed è una bellissima notte. Sono solo,ora, in un’ampia stanza. Un minuto fa ero sul balcone, per vedere un po’ la notte, ascoltarla. Dal balcone c’è una bellissima vista, un grande bosco su cui aleggiano solitamente miriadi di corvi, cornacchie e aironi cenerini (da qualche anno hanno deciso di stanziarsi definitivamente da queste parti). Generalmente la notte non si vede volare neanche un esemplare di questi pennuti, però si fanno sentire. Stanotte, chissà perché, sono silenziosi, regna un silenzio assoluto, le fronde degli alberi sono completamente immobili, il cielo in alto è di un grigio imbevuto di nero e, mentre degrada verso le sommità degli alberi, diventa di un grigio chiaro, appena velato di un porpora chiarissimo, come un’unica, infinita nuvola che custodisca all’interno una flebile e piccolissima lampadina rossa accesa. Gli alberi, invece, sono completamente scuri e, avvinghiati tra loro, creano e nascondono un mondo che potrebbe custodire qualsiasi cosa, gnomi, streghe, assassini, antiche sacerdotesse e bestie d’ogni sorta.
Ma la cosa più importante è che sia riuscito a liberarmi momentaneamente della mia collega, per sguinzagliare il mio animo, per poggiare per un attimo sul tavolo la maschera da pagliaccio e poter vedere, ascoltare questo scorcio di notte. E, visto che ci sono, fermo quest’istante su file e lo affiggo in questo blog, pensando che forse, tu che leggi, potresti per un attimo sentire quello che sento io, o, almeno, potresti sentire, vedere lo scorcio di notte che ho visto io…

lunedì 28 aprile 2008

Cry



Rock Island, vostra Cry seduta solitaria ad un tavolino, nell’aria ad un volume decentemente alto heroes di bowie. Senia e Lara dovrebbero arrivare tra due orette, sono arrivata prima per assaporare un po’ di artica e genuina alienazione. Sono una bellissima e angelica creatura, triste e solitaria, seduta a un tavolino di legno scuro, segnato da mille rughe dettate da altrettanti ragazzetti, affetti da un irrefrenabile desiderio di esprimere, attraverso la punta di un coltellino, i loro aulici ed eccelsi slanci poetici. Sono splendida come un fiore di campo cresciuto tra l’asfalto e lo smog cittadino. Il giubbotto di pelle sullo schienale della sedia, bianca t-shirt a manica lunga, jeans e adidas stan smith. Nemmeno un microgrammo di trucco, il viso, limpido esangue e delicato, accoglie gli occhi neri come lucidi oblò che si affacciano in chissà quale cosmo, in chissà quale lontanissima galassia, le labbra, aggraziate, tinte d’un sublime rosa tenue e immacolato, i capelli calda e lucida seta intrisa del medesimo cosmo su cui si specchiano i miei fari spenti. Tu puoi essere mediocre ed io berrò tutto il tempo perché siamo amanti, io sarò re e tu sarai regina, possiamo essere eroi solo per un giorno, siamo un nulla e nulla ci aiuterà. Mentre penso che tutto sommato questo luogo è l’equivalente delle taverne di centinaia d’anni fa, dove potevi incontrare, chessò, anche il Caravaggio, solo che ora noi siamo decisamente più inibiti, come se la società ci mettesse addosso degli abiti troppo stretti, tutti bellimbusti-col-cervello-in-doppiopetto, mentre penso questo un ragazzetto biondo-capelli-corti-sguardo-troppo-sveglio “scusa posso?” si siede al mio tavolo. “Piacere Tommy, posso offrirti qualcosa da bere? Tu come ti chiami?”. “Priscilla. Solo un giro, beviamo qualcosa poi vai, non sono in vena di pubblic relations. Per me un doppio jack, un havana, un irish coffee e una grappa qualsiasi”. Il tizio che ho di fronte apre la bocca per emettere cose tipo sei-di-poche-parole-aspetti-qualcuno e bla bla bla. Mi scopro a rispondergli distrattamente mentre sorseggio l’irish e mi concentro su territorial pissings, una raffica di elettrica rabbia che mentalmente cerco di cavalcare, la mia anima prende per mano la ruvida voce di kurt cobain, quando ero un alieno le culture non erano opinioni, solo perché tu sei paranoico non vuol dire che non siano a caccia di te. Gotta find a waayyyy to find a waaayyyy when I’m theeeeereee. Scolo d’un sorso il mio doppio jack come fosse acqua di fonte, il ragazzetto che avevo di fronte si congeda per tornare al suo tavolino tra i suoi pari, si allontana senza aggiungere un granello di polvere alla mia immaginifica esistenza liliale. Scorgo Senia e Lara dirigersi verso il mio tavolino...

sabato 26 aprile 2008

Cry





... Non ho la più pallida idea di che giorno sia, fuori potrebbe essere inverno o estate che sarebbe uguale, l’interesse per ciò che accade all’esterno del mio empireo monolocale è vivo quanto lo sono gli scheletri fossili dei dinosauri, rinchiusi nei musei, o quanto la speranza di vedere un duetto Joplin-Morrison con chitarristico accompagnamento del mancino di Seattle.
Ho dormito per chissà quanto, probabilmente giorni, forse mesi. Vostra Cry stralunata-bella-addormentata-in-un-angolo-di-bosco-al-dodicesimo-piano-cittadino. In sostituzione dello stregato incantesimo soporoso, un’ondata di chimico, silenzioso e buio sonno pseudo-mortem. Ogni tanto sento l’esigenza di spegnere il mondo, di chiudere gli occhi e lasciare tutto fuori, tenere il mio mondo all’interno delle palpebre e spegnere le luci e tuttoilresto fuori. Tutto-il-resto-fuori.
Guardo con curioso stupore il mio mondo racchiuso tra queste mura. Vostra-cry-bella-addormentata-in-un-angolo-di-bosco-al dodicesimo. Etuttoilrestofuori. Spalanco le finestre, ho voglia di aria fresca. E’ giorno. Credo mi ci voglia una doccia rinfrescante, un po’ d’acqua per tonificare un bellissimo fiore chiuso in una campana di vetro. La campana di vetro è il mio mondo, al di fuori di essa non scorgo niente che possa desiderare. Avida bevo acqua iposodica da una bottiglia azzurra poggiata sul pavimento, lo specchio mi regala una splendida ninfa dal sorriso triste appena accennato....




giovedì 24 aprile 2008

notte...

… fuori è buio, non c’è vento, pioggia, rumori, solo buio, così nero, così silenzioso. dentro casa altrettanto silenzio, altrettanto buio, anche se una lampada accesa rischiara la stanza, ma lo fa con riguardosa discrezione, come a non voler interferire con la notte. stranamente il telefono è acceso ma, anch’esso, è buio e silenzioso. cosa faccio? non so…
propenderei per il “nulla” ma non è facile riempire gli spazi, colmare gli istanti che formano una lunga collana che, da qui, va a finire sino a domattina, non è facile riempirli con il nulla…
credo che in notti come questa non sarebbe male spararsi un colpo in testa, rompere il silenzio con un tuono improvviso, fracassarsi in un battito di ciglia l’intera esistenza, lacerare la notte irrorandola col proprio sangue, deflorare la notte come fosse una giovane amica complice e comprensiva…

quanto sono distante dal mondo chiassoso che mi circonda… sono un iceberg che si allontana sempre più, che vaga solitario nel cuore dell’oceano… di tanto in tanto qualche gabbiano mi svolazza vicino, gli rivolgo uno sguardo, a volte anche un sorriso, ma si tratta dell’illusione momentanea di non esser soli…

ora spengo questo schermo e ci sarà ancora più buio, ancora più silenzio…

sabato 19 aprile 2008

Cry



Ho diciannove anni.Uno e settantaquattro, mora, capelli lunghi lisci e neri.Quarantasei e quattrocento.Eterea come la luna.Irraggiungibile come un invisibile sogno divino.
Sono la più bella diciannovenne del mondo. E voi siete distanti, così distanti…

Mi chiamo Cristina. Cri, o, meglio, Cry, versione triste e piangente.
Io, moderna pierrot immersa nell’alienazione urbana del ventunesimo secolo. Non faccio parte del vostro mondo. Sono un angelo. Una virginea troietta candida e glaciale, inattaccabile e ipersensibile, vulnerabile e indifferente come la più affilata delle lame modellate dalle mani di Dio.

Vivo sola nel mio empireo monolocale urbano al dodicesimo piano. Sola da quando la mia brava famigliola è stata azzerata tra asfalto sangue e lamiere contorte.
Non ho nessuno. Dal vitreo occhio del dodicesimo osservo la messa in scena del vostro mondo. Perduta nella mia purezza priva di ore e di finti affetti, ciò che voi, insomma, chiamate vita.

Non voglio suscitare compassione.Non mi manca niente, sono una creatura lunare e divina e il vostro mondo mi è estraneo e voi, voi tutti tuttiquanti, siete così distanti da me…
Anni luce tra voi grigiastri zombies ambulanti e me, piccola dolce creatura rischiarata dalla purezza della luce divina.
Sono la più bella diciannovenne del mondo e voi tutti tuttiquanti, oh poveri voi…




La luce ha già allagato la stanza, sabato mattina, mi sveglio più pallida e incontaminata della giornata ancora in fasce, i piedi scalzi sul bianco del marmo, la specchiera del bagno mi restituisce una diafana dea dagli occhi insonnoliti. Sono bellissima. Pantaloni in cotone grigi, aderenti lungo tutta la gamba ed ampi sulla caviglia, t-shirt bianca a manica lunga accarezzata dalla fluente cascata di capelli neri. Radiohead, a wolf at the door. Il lupo è alla porta, mi chiama al telefono e mi dice tutti i modi con cui cercherà di confondermi. Mi sciacquo il viso con acqua gelida, mi siedo sul divano e resto immobile con lo sguardo smarrito, perduto in chissà quale celestiale galassia ineffabile. La voce di Thom Yorke intona il suo libero e balbettante blues d’avanguardia. Tra mogli fredde, giornali della domenica e ragazzi di prima classe il richiamo del lupo è sempre lo stesso, portami-dentro-portami-dentro-portami-dentro. Mi scolo una mezzolitro d’acqua naturale, la sete mi riporta agli eccessi a cui mi sono abbandonata ieri sera, durante il festino che si è tenuto tra queste mura, io e la mia tristezza uniche invitate. La mia tristezza è una diva in bianco e nero, è Vera Lynn che canta we’ll meet again, è una fata senza incantesimi, una venere orfana dell’amore.
Metto su beautiful dead di Inger Lorre, alzo il volume e inondo la casa, alzo il volume e penso che la mia tristezza deve aver spiegato le ali e spiccato il volo. Dalla porta-finestra osservo la città adagiata sotto il cielo grigio-azzurro senza la minima traccia di nuvole, fumi, uccelli e velivoli d’ogni sorta. Immagino la mia tristezza che dal balcone spicca il volo, come un angelo che va incontro all’aria fresca del mattino.Credo che stamani farò un po’ di pulizie domestiche...

martedì 1 aprile 2008

come l’ago di un drogato

voglio essere amato
e gettato via
io martire
delle vostre teste di cazzo

voglio essere usato
come l’ago di un drogato

sono estasiato
dalla vostra incomprensione

vivrò nei vostri libri
come un antico ponte
eroso dalle acque