martedì 29 dicembre 2009

la mia stagione dell'inquietudine...

ora sono un armonioso paesaggio silenzioso e innevato. immutabile e incorrompibile da grida e schiamazzi d’ogni sorta. niente e nessuno mi può avvicinare, niente e nessuno può macchiare il mio splendido manto bianco. distante da tutto quanto. distante da tutti.
per star bene, verrebbe da pensare, basterebbe che non esistessero sofferenze del fisico o dell’animo. basterebbe che nel nostro paesaggio interiore non soffiassero i venti chiamati ansia, inquietudine, preoccupazione, angoscia, timore. l’assenza di simili venti dovrebbe garantirci il benessere, la presenza dovrebbe negarcelo. penso a un periodo della mia vita, la mia stagione dell’inquietudine. nel mio animo soffiavano mille di quei suddetti venti, bufere e burrasche imperversavano ma… non posso dire che stavo male. ricordo quel periodo con piacere. a quei tempi ero un paesaggio carico di colori intensi, atmosfere plumbee, fiamme di falò a rischiarare notti corredate di danze e tamburi. non c’era staticità eppure non stavo male. mmmmmm non stavo male… non so se potete capirmi. soffrivo e sguazzavo in acque angosciose ed elettriche eppure ricordo con piacere quell’anomala crociera sofferente. la cosa di cui mi compiaccio è che nonostante navigassi in quelle acque, all’esterno tutto era apparentemente quieto. elogio del pagliaccio. puro talento naturale. in questo sono stato aiutato dalle mie pagine, la mia valvola di sfogo. tornavo a casa e mi accoltellavo, versavo fiumi di sangue e forti colori accesi su quelle pagine. appena misi il punto sull’ultima paginetta ricordo che sentii subito la mancanza di quelle pagine. mi piace pensare che se rimbaud ha avuto la sua stagione all’inferno io ho avuto la mia stagione dell’inquietudine.
penso che nonostante ami dilettarmi con le parole, alla fin fine non riesca a scrivere d’altro che non di me stesso. inventare storie che non mi appartengono non è proprio il mio forte. amo raschiare il fondo del mio animo, questo sì. e se nel mio fondo ci fossero solamente limpidi ruscelli incantati e uccellini cinguettanti, be’ credo che ciò che salterebbe fuori sarebbe alquanto monotono. perlomeno sarebbe monotono raschiare il fondo. e probabilmente farei parte di quella mediocrità che tanto aborro. dio me ne scampi. elogio dell’intima sofferenza. non so se potete capirmi.

giovedì 24 dicembre 2009

mmmmm notte lavorativa. non mi dispiace poi tanto esser qui, stanotte. certo, esser con la mia splendida dama ottocentesca sarebbe meglio ma mi accontento di essere distante da obbligati sorrisi di circostanza. mentre tutti si stanno rimpinzando ingordamente, con festosi pasti pantagruelici, io sono uscito di casa a stomaco vuoto. anche questo è anticonformismo eheheheheh. a proposito, stamattina presto, le cinque o le sei, ho sognato una di voi. non faccio il nome, solo un piccolo, insignificante indizio: una quattordicenne che ascolta i talking heads (quante ce ne saranno in tutto il mondo? eheheheheh ). un sogno piacevole e delicato, lei era a casa (io vivevo ancora con i miei), un ospite, un’amica di famiglia o una cuginetta, e doveva andare ad una manifestazione contro la riforma gelmini. voleva a tutti i costi che l’accompagnassi, io non ci volevo andare e lei insisteva incessantemente, mi voleva vicino, voleva andarci con me. la sua insistenza era così gradevole e affettuosa, mi considerava come un adorato fratello maggiore. il sogno è tutto qui. mi sono svegliato col sapore di quella tenera stima e ammirazione rivolta nei miei confronti. un sogno carino e… be’ sì, emozionante.

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mmmmmm cominciano ad arrivare standardizzati messaggini d’auguri, livellati e uniformati come tanti prodotti di una catena di montaggio. auguri di qui e auguri di là. qualcuno almeno si sforza di personalizzare “domani vieni a pranzo da noi? facci sapere – quando cazzo lo accendi quel cellulare? comunque auguri – anche se non ti piacciono queste cose ti ho preso un pensierino, ti voglio un mare di bene (???!!!* Ndb , nota del batt )- stiamo mangiando quintali di carne e bevendo litri di vino anche in parte tua”. indistintamente li ignoro tutti quanti. non una sillaba di risposta. questo il prezzo della mia sincerità. ora non ci sono. sono lontano dal mondo. non potrei rispondere se non fingendo di esserci. meglio il silenzio. anche se in molti non capiscono.
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mmmmmmm rifletto su quella lama affilata che è la mia anima. qualcuno afferma che gli stupidi o gli ignoranti o gli animi semplici vivano meglio. se il mio animo non fosse una lama appuntita e affilata credo che, setacciando i giorni della mia vita, ben poca cosa resterebbe. ciò che sono, ciò che ho vissuto, lo devo a quel filo della lama. quando si è una lama affilata, o si sceglie di mettersi da parte, di non vivere o, se si decide di camminare per strada, si soffre. se decidi di vivere accetti di soffrire. e soffrendo vivi, apprezzi le cose, le vedi, le senti. a proposito del dolore diceva il poeta “che cos’è il piacere se non un dolore straordinariamente dolce?” . mmmmmm chiudo qua. un saluto-senza-auguri ehehehehehhe

martedì 22 dicembre 2009

visione

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risate di bambini
risuonano
nei cortili soleggiati
.
l’eternità dell’amore
ha cessato di vivere
grazia concupisce violenza
mitologiche reminiscenze
splendide pestilenze
insanabile discrepanza
tra distruttive voci puerili
.
barili
di lussuose ombre musicali
nell’opulenza di sguardi acidificati
irrefrenabili orge infernali
liriche albe specchiate su laghi
tra flauti tamburi e fuochi danzanti
.
oneste ricchezze orchestrali
fluttuano tra sanguinolenti
assassini piangenti
eroici marinai primitivi
e antichi corpi meravigliosi
.
inspiro purezza di ghiaccio
e ferocia di caverna
io
il timoniere di notti battagliere
non temo alcun segnale
non temo alcuna stanchezza
il mio sguardo carnale
emana quintali di selvatichezza
.
la bocca spalancata
in un grido pazzesco e mortale
inglobo nubi e saette
i miei denti frantumano
soli e baionette
il mio cuore e il mio corpo
sono il mio perfetto arsenale
.
navigo sul mio immaginario baccanale
avanza la sete immortale
vedo i vizi messi in vendita
i respiri di una spiaggia invernale
la perdita di ogni sensatezza
.
i godimenti di una vita
sono preghiere pagane
le vostre implorazioni
semplici puttane
l’efferatezza del mio agire
puro esercizio d’artificiere
.
fratello mio scusami
io gioco con parole guerriere
bramami
sii la mia scintilla
tra le mie polveriere
straziami
di mille urla mattiniere
sparami
sii il mio agognato bracconiere
.
intanto il mio personale canzoniere
prende forma
parole di sogno e d’argilla
parole della mia visionaria sibilla
che nutro scrupoloso
.
nella vita
le cose intelligenti da fare
sono volare
sognare
e godere
.
godere in ogni modo
è esser sicuri di non sbagliare
.
io sono l’ultimo inganno vivente
il solitario drago
dal dente avvelenato
.
siamo tutti quanti giocatori
intenti ad inventarsi
una parvenza di vita
in un terreno di sogno illimitato

sabato 19 dicembre 2009

melodiosa nostalgia si condensa tra le mie ossa condiscendenti. ogni tanto, quando sono così triste, così distante, quasi mi sento bello. e affascinante. e capita che non sia il solo a vedermi così. poco fa, la bella moretta incontrata sul portone di casa mi ha guardato in quel modo… e mi ha sorriso in quel modo… e credo sia una parente (o amica o conoscente) dei tizi del piano di sotto, quelli che si lamentano quando la mia amica matta viene a trovarmi e fa casino con i suoi tacchi, con la sua chiassosa esuberanza menefreghista e sbarazzina. mi ha guardato, mi ha sorriso, mi ha salutato in un modo… ha cercato invano di tenermi aperta la porta perché io avevo le mani occupate con le buste della spesa, è tornata indietro per riaprire la porta e l’ha fatta richiudere, le ho sorriso e lei “che stupida che sono…” ed io “vabbè, basta il pensiero…” … ma dopotutto io ho il mio ghiaccio. e non m’importa di nessuno. giusto un attimo che ho voluto condividere con voi, tutto qui. ora ho la mia musica (radiohead-negrita-nick cave-alice in chains-p.j. harvey-g’n’r-nirvana…), la mia pizza-e-un-quarto perché sono stanco dopo una lunga giornataccia piena e non ho certo voglia di cucinare, la mia moretti rossa e dopo una sigarettina e un whisky scozzese che sa di affumicato (laphroaig, lo adoro… regalatemene una bottiglia e mi donerete istanti di calda e piacevole voluttà ). la mia bellissima dama ottocentesca gironzola per casa, lei è diecimila volte più bella di qualsiasi morettina incontrata sul portone di casa. lei mi appartiene, io le appartengo, e non ci lasceremo mai. e per chi non capisce sprazzi di musica labiale pprrrrrrrrrrrrrrr.

ora mi sento libero e leggero. splendidamente solo. la mia bellissima dama ottocentesca mi accarezza con lo sguardo, lei non aggredisce nemmeno un millimetro della mia libertà, lei sta al mio fianco e mi conosce, sa come sono fatto e sorride quando io, col viso triste, rido del mio pubblico pagante che non mi comprende. adoro stare a casa con lei, col viso struccato e gli occhi malinconici, senza l’obbligo di abbozzare finti sorrisi approssimativi.

penso a voi che mi conoscete attraverso questa paginetta virtuale, una piccola finestrella del mio animo. qua non ho bisogno di cerone e nasino rosso, non ho bisogno di ostentare mediocrità a tutti i costi. se qua mostro la mia dannazione, la mia tristezza e la mia sofferenza, voi non mi rompete le scatole con mille inutili su-con-la-vita e similari. voi vedete stralci del mio animo e, sebbene non abbiate mai visto i miei occhi, la mia carne, mai udito la mia voce, voi vedete molto più di quello che lascio intravedere a chi mi attornia tutti i giorni.
un saluto a voi che almeno un poco mi vedete.
ilbatt

venerdì 18 dicembre 2009

...guardare ma non toccare

dare forma, corpo e respiro alla propria sofferenza. a me riesce solamente di accoltellarmi e sprizzare sangue. e guardare il mio sangue zampillare, contemplarne il colore, ammirare l’irruenza con cui sgorga copioso e vitale come petrolio stillato dal mio fondo oscuro e impenetrabile. sapessi scrivere, scriverei qualcosa di simile al de profundis di oscar wilde. sapessi dipingere, probabilmente i miei colori sarebbero simili a quelli di munch o van gogh. sapessi cantare, la mia voce sarebbe simile a quella di layne staley degli alice in chains. ora, in questo momento, ciò che sento è sofferenza. la sento e l’ascolto con una freddezza e un’impassibilità quasi disumane. insensibile e distaccato, con le unghie rovisto nelle mie ferite sanguinanti, lo sguardo insensibile e lacerato al tempo stesso. l’animo pure. sorrido di amara e ruvida sofferenza. sorrido nel vedermi così. sorrido perché, a modo mio, mi amo. sorrido perché sono l’unica cosa che ho. e lo so. e ora mi “tratto male”. mi brucio, mi seppellisco, mi rovisto dentro come una muta di cani rabbiosi che cercano cibo nella spazzatura. sorrido perché sto trattando male l’unica cosa bella che ho. e ne sono consapevole. la graffio, la scortico, la sgretolo, la frantumo, la trituro finemente…. e sorrido mentre lo faccio. e mi amo così, mentre lo faccio, mentre mi suicido ancora, ancora una volta. brandelli di carne e sangue.” oh, che esploda la mia chiglia! che io vada a infrangermi nel mare!”. brandelli di carne e sangue. brandelli del mio scafo… ingurgito acido, mi buco le vene, brucio le carni, strappo la pelle. fuoco, faccio fuoco su di me. con sorriso distaccato e glaciale. un pagliaccio che muore. muore ancora una volta. nessuno mi conosce sul serio, muoio ancora una volta, muoio solo. muoio così come son nato, come son vissuto. ancora una volta. solo…. e sorrido… eheheheheeheheheheh…………

la salvezza è una costa così lontana, mentre vado alla deriva nel mare della mia maledizione… i più affilati di voi, che leggete, forse possono intuire come mi sento, ma nessuno saprà mai come mi sento. ci sono abituato all’incomprensione. il destino delle lame più affilate è quello di esser sole. troppo taglienti per esser sfiorate, troppo lucenti per esser guardate. una lama affilata non si fa maneggiare da nessuno. la si può solo guardare, a debita distanza. per vivere tra mille posate di plastica, una lama lucente non deve far altro che truccarsi. il pagliaccio, ancora lui, sempre lui… voi che leggete, protetti da chilometri di distanza, dalla lastra di vetro dello schermo, potete intravedere il filo della lama… guardare ma non toccare, questa la mia maledizione. la mia maledizione, fonte della mia unicità, della mia felicità, della mia tristezza, della mia diversità. sorrido se penso alle mille posate di plastica che incontro ogni giorno, così mediocri da nemmeno sospettare dell’esistenza di quel baratro che le separa da quelli come me. pensano che il mondo sia fatto solo da posate di plastica…… maneggiare con cura…

anzi, guardare ma non toccare……



sabato 12 dicembre 2009

il sole sorto da poco, la città comincia a brulicare di nevrotica vita frenetica, io resto accoccolato nella mia intimità, abbarbicato nella mia morbida conchiglia avvolgente. sorseggio caldo e annacquato caffè solubile dalla mia tazza berlinese, fumo una sigaretta mentre con tenero sguardo affezionato accarezzo parole sentite e concepite anni fa, intrappolate nel pc e prese ora a caso:

ogni giorno l’innocenza sorge
ogni giorno l’innocenza
tramonta

come veleno nel sangue si sparge
l’ombra della mia
gioia defunta

mi sveglio limpido e incontaminato
mi addormento
sudicio e ubriaco

vedo crescere il mio pianto acuminato
come
lama di metallo opaco

mi sveglio sorpreso di esser vivo
mi
addormento sognando di morire

in questa vita sono solo un corpo
abusivo
una panchina che attende sola all’imbrunire

(2003)



sorrido delicatamente pensando che posso rinunciare a tutto tranne che a me stesso, sorrido pensando al ragazzino rinchiuso in quella polverosa soffitta, con i suoi fogli e la sua penna, sorrido pensando a tutte le volte che, dopo una serata da pagliaccio, mi struccavo e restavo solo col mio cielo stellato, i cieli notturni che hanno visto la mia adolescenza… diomio, li ho tutti impressi nel mio sangue quei cieli notturni.restavo ore e ore in compagnia di quei cieli, dopo esser stato in abiti troppo stretti mi liberavo e respiravo, respiravo e sorridevo. Ora mi compiaccio riscontrando che quel ragazzino non è morto, mi è rimasto dentro come un incantevole germoglio
incorrotto. Voglio un bene dell’anima a quel ragazzino,non lo lascerò mai, me lo porterò fin dentro la tomba.

lunedì 7 dicembre 2009

bello, pulito e solitario...

scriteriate lingue straziate, squilibrate chiacchiere incontrollate aleggiano in assenza di sobrietà e riservatezza. il decoro cede il passo al fango degli umori scalfiti. il fuoco ha irrobustito la mia pelle salmastra, cicatrici impermeabili a protezione di un'anima lustra e solitaria. la giostra delle maldicenze rattrista come un trasandato lunapark impolverato. "alle donne il silenzio reca ornamento" diceva il poeta. quando qualcuno infrange il silenzio di certi luoghi privati, quando qualcuno sbandiera anche solo un pensiero, anche mezzo, di chi nella sincerità e correttezza ama più di ogni altra cosa la discrezione...... quando qualcuno infrange il silenzio, inevitabilmente non fa che rendersi piccolo. ed io mi sento superiore. sentirsi così può attirare antipatie, allontanare stima e rispetto, forse è così, non so...... ma anche questa è la mia bellezza. la bellezza di chi si sente pulito e non insudicia sentimenti infangando intimi luoghi un tempo bagnati dal ruscello della fiducia. una bellezza che forse sa di ghiaccio ma è pur sempre ghiaccio pulito, privo di fango. sarò pure un fastidioso narciso antipatico ma se mi guardo allo specchio io m'innamoro. "e guardati e innamorati quanto vuoi" mi si potrebbe dire....... forse lo faccio da una vita e potersi guardare allo specchio e vedere un viso pulito, da amare, non credo sia poca cosa...
la mia bellezza forse è per pochi, forse per nessuno, forse solo io la posso vedere...
navigo nell'altrui incomprensione da una vita, ci sono abituato, sarà per questo che continuo a navigare solitario, bello, pulito e solitario....