lunedì 28 febbraio 2011

i miei occhi sono un sax penetrante mentre i pensieri spaziano nel mio blu, scuro, profondo e brillante, come satelliti senza orbita. assenza di voci e di tempo, concepisco balbettanti filastrocche violente come aguzze scaglie impazzite. ho voglia solo di me stesso. i miei occhi cercano gli antichi cimiteri letterari. parole rincorrono parole, sono il mio dio personale e con me, di me, morirà tutto quanto. l’oceano solamente si ricorderà di me, con la sua libertà che rigetta ogni cosa. sarò un’invisibile bara galleggiante, perennemente alla deriva. il mio sorriso sarà come il sole che bacia l’acqua, quando puro, all’aurora, sorge come un cielo mai immaginato.

sabato 26 febbraio 2011

canzone notturna

Quando morirò
io mi sentirò bene lo stesso
e fresco e semplice
come una volta.
Quando il colpo alla tempia
mi ucciderà
io starò ancora più bene
conserverò sempre
il mio odore selvaggio
e sfiderò il vento
con l'identico stile
di questa sera d'inverno.
Starò sempre e bene comunque.
Anche da morto
io sarò un ribelle
uno strano tipo
giacché non c'è altro modo
oltre la morte
di curare i rimorsi i dispiaceri
la noia dei soprusi
le bruttezze le violenze
i capogiri della vita.
Mi sentirò bene anche da morto
e puro e semplice e ribelle.
.
[salvatore toma]
C'è qualcuno in grado di vedermi?

lunedì 21 febbraio 2011

mi allontano dal caos. tutte le persone che mi circondano sono caos. fastidioso rumore di sottofondo. mi allontano per guardarmi serenamente allo specchio, senza vivaci mormorii irritanti o noiosi. mi allontano e mi sento solo. spero di non incrociare mai, lungo il mio tragitto, la paura della solitudine. la mia solitudine è la logica conseguenza della mia bellezza. bellezza è diversità, e spesso diversità chiama sofferenza. le nostre sofferenze più profonde, quelle che non racconteremmo mai a nessuno, ci sono così care, se si è abbastanza forti e intelligenti da essere in qualche modo sereni, va a finire che ci si affeziona persino ad esse. inoltre credo che la sofferenza renda persino più intelligenti: ho visto cretini che a contatto con il dolore diventavano momentaneamente più intelligenti, più profondi. “la saggezza si conquista attraverso la sofferenza” diceva lo scrittore.
come dicevo, tutte le persone che mi circondano sono caos. tutte le loro voci messe assieme sono la grande voce della mediocrità. la mediocrità che non vede oltre la punta del proprio naso, la mediocrità che non è consapevole di quanto sia mediocre.
il loro mondo è piccolo, se fai loro intravedere un po’ della tua bellezza diventi “strano”, mi viene in mente un’altra cosa che diceva lo scrittore “parla da saggio ad un ignorante ed egli dirà che hai poco senno”. ad esempio, è così strano desiderare di fare quattro passi nel cuore della notte? ricordo una volta, da adolescente, io ed un amico eravamo afflitti dai nostri grandi problemi adolescenziali, quelli che poi si risolvono e a distanza di anni alla fine ti fanno pure sorridere. mi chiese, il mio amico, “facciamo quattro passi?”. era notte fonda, ci armammo ognuno con le proprie cuffiette (entrambi volevamo star soli con i nostri dolori) e camminammo, camminammo sino a trovarci in aperta campagna, nel cuore della notte. chilometri di solitudine e buio. splendida camminata. è un peccato che il luogo in cui vivo ora non abbia dei ponti. l’unica persona a cui mi va di dire, nel cuore della notte, “facciamo quattro passi?” è la mia splendida dama ottocentesca, la mia fedele tristezza che mi accompagnerà fin dentro la fossa.
ora è tardi, voi andate pure a dormire, io quasi quasi vado a fare quattro passi….

sabato 19 febbraio 2011



cammino con la solitudine a braccetto, l’aria piacevolmente fredda è l’unica cosa che può sfiorarmi la pelle, le labbra, le mani, cammino come il silenzio di un crepuscolo in una zona di mare. la notte, l’aria fredda, il silenzio. poi scorgo lei. immobile dentro il cappotto nero lievemente svolazzante, ritta in piedi sul cornicione del ponte, al di là del parapetto. nessun altro in giro nei paraggi, è sola come un angelo, immobile come un quadro. non mi sente avvicinarmi, fissa il vuoto. scorgo il suo viso, il suo sguardo. il viso di cera, candido, fisso e bello come quello di una statua, il suo sguardo…. quello sguardo… un’istantanea di un altro mondo, quegli occhi non hanno niente a che vedere con questo mondo, con questa vita. è bellissima, esile come un sorriso nascosto, pallida come la veste del vento. bellissima. me ne innamoro in un istante, senza neanche rendermene conto. mi avvicino, lei è a due metri, sente la mia presenza, si volta e mi vede. quello sguardo nero e lucido, eccessivamente nitido, lucente. mi guarda e vorrebbe dirmi “cosa vuoi?” ma non dice niente. mi avvicino ad un metro di distanza, i miei gomiti sul parapetto di pietra. mi accorgo che il mio sguardo somiglia al suo. la osservo e la mia discrezione è un sogno appena dileguatosi con la luce del mattino, apprezza il mio silenzio. stiamo così per qualche minuto, per qualche secolo, non saprei…
d’un tratto, come se il suo corpo fosse tornato su questo pianeta, comincia a tremare, per il freddo o chissà. le tendo la mano. la vedo deglutire come se mandasse giù un macigno che scende a rallentatore, chiude gli occhi e resta così. gli occhi chiusi, il mondo fermo, solo l’acqua sotto il ponte continua a scorrere, nera come i suoi capelli. la sua mano gelida tocca la mia, qualche istante ed è da questa parte, al di qua del parapetto...

martedì 15 febbraio 2011

oche! qualche ora in obbligata compagnia di personcine scialbe come un piatto di minestra annacquata, e dire che si lamentavano del fatto che qualcuno le avesse chiamate “oche” . quack quack quack bla bla bla …. mentre blateravano io desideravo un po’ di solitudine ed ora eccomi qui, davanti a questo foglio virtuale, e la sola assenza di quelle voci noiose e sgradevoli è puro piacere musicale.
illetterate, zotiche, spregevoli esistenze, dio quanto sono diverso da quegli scorci di umanità grossolana, modesta e così inconsistente. la mia fame è diversa, la mia voce, il mio silenzio sono diversi.
sono uscito sul balcone e, piacevole sorpresa, pioggia. non mi ero accorto che piovesse. mi è quasi venuta voglia di abbracciarla, la pioggia. sono sicuro che tutte le personcine tremendamente ordinarie che conosco vedrebbero solo acqua che cade. chissà quante persone, in questo momento, osservano questa pioggia e la trovano attraente, in qualche modo interessante. chissà come sono e dove sono queste anime affini, rare gemme preziose e raffinate. in questi momenti il titolo di un film del ’76, con david bowie, mi calza a pennello come una veste dipinta solo per me da un sensibile, delicato pittore dotato di una brillante vista sottile. “l’uomo che cadde sulla Terra”. sono fatto di un’altra pasta, i miei sensi sono diversi dai vostri. chissà come cavolo ci sono finito su questo pianeta…

venerdì 11 febbraio 2011

notte fonda, leggermente brumosa e non particolarmente fredda. mi sento stranamente di buon umore, come se avessi accanto una persona intelligente, interessante e piacevole. sono solo con me stesso. mi sento quasi loquace ed il fatto che non abbia nessuno accanto è un dettaglio insignificante. anzi, è una benefica concessione notturna. la mia consueta megaindifferenza nei confronti del prossimo è sana e robusta e mi regala una dilettevole propensione al notturno sorriso solitario. fisso la parete e sento il mio arguto sorriso penetrante, il muro come uno specchio che riflette senza fronzoli il mio irrisorio stato d’animo. non c’è realmente nessuno accanto a me, allargo le braccia come un grosso uccello che dispiega le ali per tastare l’impalpabilità del cielo. sorrido, ora con il mento un poco verso l’alto, lo sguardo liquido e sottilmente glaciale, uno stato d’animo di una raffinatezza impagabile. ho una delicatezza veramente sovrannaturale. in questi momenti sono considerevolmente distante da ogni impalcatura sociale, probabilmente sono più che mai affine al più armonioso e seducente nichilismo. in questi momenti le persone m’interessano meno del solito, sono tutte quante come i minuzzoli su un foglio bianco, residui di una cancellatura con la gomma pane. quando sto così mai vorrei qualcuno al mio fianco, eccezion fatta ovviamente per la mia meravigliosa dama ottocentesca, lei può accarezzarmi il viso senza distrarmi dai miei pensieri, lei può guardarmi senza infastidirmi, può toccarmi senza che io senta la necessità di anche solo un velo di cerone. ora chiudo gli occhi e regalo a questa notte un lieve sorriso che nessun altro vedrà mai.
buonanotte...

domenica 6 febbraio 2011

la mia durlindana







fulgente bellezza ammainata
d’acciaio lucentezza sguainata
memore di lontani frastuoni
di bronzei scudi che s’infrangono
tra mille tuoni e ossa fracassate

un tempo insanguinata
cruda e brutale beltade
acuminata naiade
finta addormentata

accarezzo la tua fredda
affilata pelle incantata
tagliente
incontaminata
appariscenza estasiata

mercoledì 2 febbraio 2011

le persone che mi vedono muoiono.. quando le persone non le vedi,, non senti più la loro voce,, è come se morissero.. chi mi vede muore..
sono attorniato da cadaveri.. e da persone miopi.. sto bene nella mia volontaria invisibilità.. ogni tanto il mio pensiero è un fiore per quei cadaveri,, sono un amante fedele.. amare è concedere se stessi.. quando mi faccio vedere mi concedo.. è il mio modo di stare al mondo,, il mio modo di tenere a debita distanza la superficialità.. la morte congela l’immagine,, la preserva dallo scolorimento.. non so se chi mi vede è altrettanto fedele.. non lo saprò mai.. quello che so è che solo la mia splendida dama ottocentesca mi vede da quando son nato,, e continua a farlo.. lei è fedele e affezionata e mi porterà fin dentro la fossa.. amen..
[un addolorato violino suona]
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i gemiti di un serpente biancheggiano
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scrivo per il mio silenzio
la foto della mia voce
l’alito feroce di un mare
non smette di cantare
la graffiante allegria lunare
che sssssssssssssibila
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una sssssssssssirena
asssasssina
sssangue
la pantera
[lo squarcio di un’arpa, lo sguardo e il profumo]
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un animale
un poeta
un pagliaccio che annega
rintocco letterale di una vena bugiarda
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una luce
il blues di un neon dissss perso
il mio amore
.

martedì 1 febbraio 2011

da più di una ventina di minuti rifletto su una cosa che attanaglia la mia mente in questa notte.. è una paura piuttosto diffusa, fin troppo mediocre e banale per il sottoscritto. ma c’è.. ho provato a definirla, a darle un nome, ma etichettare le cose mi ha sempre interessato così poco, sarà per questo che sono una frana. inizialmente l’ho definita come una forma di paura della solitudine ma la definizione in pochi secondi ha perso credibilità, dopotutto sto parlando di me stesso e poi era una definizione troppo generica. ho cercato di stringere l’inquadratura ed ho compreso che il nocciolo della questione, anzi, della sensazione, è un abbraccio. un abbraccio che non c’è.. mi manca sapere che da qualche parte nel mondo ci sia qualcuno che voglia abbracciarmi.. mmmmm mentre la scrivo mi rendo conto che è una frase che non appartiene al mio repertorio, ciò non toglie che ora la sensazione ci sia.. non è un desiderio di essere abbracciati, questo no.. tanto è vero che immaginare un abbraccio concreto che interessi la mia persona è l’ultima cosa che m’interessa in questo momento.. mmmmmm piccolo intermezzo, cinque minuti fuori sul balcone.. osservando il cielo scuro ho ritrovato la mia consueta forza.. però non cancello quanto scritto precedentemente.. attestato di vulnerabilità. non mi piace autoingannarmi, quella sensazione c’era.
se solo sapeste quanto è lucida la mia consapevolezza della mia solitudine forse impallidireste.. una cosa che mi rincuora adesso è pensare che sono la persona migliore che conosca.. la cosa più bella che mi sia capitata nella vita è di essere così come sono.. quando dico che mi sposerei non cerco una frase ad effetto, esprimo concretamente ciò che farei se fosse possibile: mi sposerei, mi abbraccerei, mi giurerei fedeltà fino alla morte.. ultimamente le personcine che mi attorniano non fanno altro che manifestare quanto io sia una persona gradevole, interessante, un poco folle e in certi casi affascinante.. ma che cazzo ne volete sapere voi di me.. sparite dalla mia vista! sono pochissime le persone da cui mi sono voluto far vedere o intravedere. a loro va ora il mio pensiero.. a tutti gli altri sguerci di musica labiale pprrrrrrr.