lunedì 28 marzo 2011

[anche questa una canzone, come sempre la musica, quella rimane nella mia testa... ]

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lo sguardo di quando mi sento distante è un cielo interiore un manto pesante mi separa dal mondo un battello fluttuante una coltre di nebbia un mare alienante mi sento un po’ chiuso un pagliaccio ammaliante cammino per strada un astro pensante procedo sinuoso senza guardare senza riposo mi lascio affondare fondale tortuoso mi lascio morire senza parlare un pozzo un po’ triste un sole maestoso gli occhi perduti nel mondo mostruoso petali lievi volare insensato dannazione di vetro un viaggio affossato a largo nel mare senza pensare senza ritorno un pensiero accecato sprofondo nel buio finché muore il giorno ed io mi spengo nella sofficità della mia solitudine

giovedì 24 marzo 2011

acque serene stanotte. persino la mia abituale megaindifferenza sembra essere un pochino più docile e flessibile. la mia megaindifferenza, se uno la comprende al solo nominarla bene, altrimenti credo non sprecherei nemmeno una parola per tentare di spiegarla. odio sperperare il mio fiato. chissà in quanti pensano, o hanno pensato, di essere degli incompresi. l’ho sentito dire anche da personcine con niente da capire, animi banali e sempliciotti come le canzoncine di un biagio antonacci qualunque. chissà, se da qualche parte del pianeta, ci sono delle persone simili a me. chissà in quanti si pongono questa domanda, eh? le anime somiglianti finiscono per attrarsi, per innamorarsi. in genere, quando ci si innamora, capita di sentire che la persona che hai accanto vede le cose dal tuo stesso punto di vista o quasi, capita che uno termini le frasi dell’altro, che uno nomini cose che pensavi appartenessero solo a te. ma in che cass di argomento mi sto impelagando? ehehehhe scrivo senza troppo pensare o, meglio, scrivo e penso all’unisono, con adorabile naturalezza. c’è una bellissima notte, mi pare persino di scorgere il respiro del mare, il verso dei gabbiani, frutto della mia mente, vabbè. spengo il pc e mi lascio cullare…

mercoledì 23 marzo 2011

dipingo i miei malori
senza testa
senza dame
senza nessuno che mi implori
mi ritiro
mi accoltello
per far schizzare un po’
dei miei umori
.
sei tu che mi hai trapassato il cuo...
respiro come un fiore
in ginocchio
con tutto il suo splendore
e colgo
le luci delle aurore
mi annienti e mi colori
mi fai piangere
mi rigiro nei miei dolori
sono un lampo
una farfalla
un pagliaccio
coi suoi trucchi allucinatori
.
e mi ricordo
che sei tu
che mi hai spezzato
anche se a malincuore
sei tu
che mi hai ferito
fino a farmi sanguina...
resto in questo mondo
privo di pretesto
sono un cristo
con tutto il suo tormento
un momento
lasciami addormentare
e sognare
che sei sempre tu
che hai sconfitto
il mio pallore
sei tu
che hai pugnalato il sole
sempre tu
che hai deciso di tramonta...
respiro
ancora non so per quanto tempo
respiro
re...
...spiro

sabato 19 marzo 2011

quasi quasi scrivo due righe nel blog, mi son detto poco fa. eccomi senza niente da scrivere, solo come un viandante a cui capiti d’incappare in un campo di battaglia subito dopo lo scontro, solo una distesa di cadaveri e qualche corvo. lì la solitudine odora di sangue e sofferenza, qui da me, ora, un silenzio senza odori, i corvi, quelli ci sono anche qui. il balcone mi regala un fosco dipinto con alberi addormentati, l’immobilità della notte. il sole, con gli schiamazzi che l’accompagnano, è dall’altra parte del pianeta. da questa parte ci sono io, una lucciola a mezz’aria nel profondo nero d’un bosco. il vento, anch’esso, è da qualche altra parte. quante meravigliose inquietudini nell’ormai corpulento libro delle mie notti. quando penso alle mie notti il pensiero corre istintivamente ai miei sedici anni. che meraviglioso ragazzino sono stato. una pietra preziosa ricca di sfumature invisibili ai comuni mortali. “il poeta vede cose che gli altri non possono vedere” diceva qualcuno.