mi
sveglio vagabondo, mi alzo faccio la doccia e parto. a mente libera. senza
lancette o programmi, libero e vagabondo come il fanciullo dalle suole di
vento. tra le svariate, lussuose, costose e veloci frecce d’oro, bianche e
d’argento trovo il treno che fa per me: lento, obsoleto, dal tragitto
pluriframmentato e il biglietto decisamente poco costoso. dopotutto si arriva
quando si arriva, l’orizzonte attende sempre impaziente. a quanto pare, per
questo mini-viaggetto-vagabondo, ho scelto
prato della valle |
i giorni più caldi degli ultimi
cento anni ma vabbe’, dicono ogni anno così i salariati sproloquiatori
televisivi. arrivo in città e percorro miliardi di chilometri e piedi per
trovare un alberghetto che m’ispiri e che non sia strapieno per via del
concerto. chilometri e chilometri ma, quando si fa un viaggetto vagabondo, le
suole sono di vento.
basilica di santa giustina |
il
prato della valle a quanto pare è una delle piazze più grandi d’europa, un
isolotto circondato da un canaletto d’acqua con quattro ponticelli di marmo e,
tutte disseminate qua e là, un’ottantina di statue di marmo bianco raffiguranti
persone che hanno avuto a che fare con questa città.
prato della valle |
adiacente alla piazza c’è
la cinquecentesca basilica di santa giustina, cammino un po’ e scorgo le cupole
bizantine della basilica del santo (qui sant’antonio è semplicemente “il
santo”). all’interno diverse sculture barocche tra cui una pietà marmorea, un
monumento che celebra pietro bembo, affreschi trecenteschi del menabuoi, un
crocefisso del donatello, dipinti cinque-seicenteschi e qualcosa anche
risalente al 1980, inoltre le arcinote reliquie del santo nella cappella delle
reliquie, la lingua, il mento (un pezzo di cranio, yes) e persino le corde
vocali oltre alla tonaca e alle casse di legno che contenevano le ossa del
santo. dopo aver visto
gattamelata |
le reliquie, sempre all’interno della chiesa, incrocio
un prete meravigliosamente anziano, con l’abito tutto nero e il viso pallido
solcato da pieghe secolari, somiglia a max von sidow ne l’esorcista, è
veramente parecchio vecchio, mi fa un piccolo sermone tutto per me sulla
corruttibilità del corpo e l’immortalità dell’anima, con toni piuttosto
medievali, quei toni che atterrivano la gente dei secoli bui, un siparietto
molto cinematografico, avrei quasi voluto scattare una foto all’anziano prete
ma non sono tra quelli che guardano tutto quanto attraverso l’occhio di una
foto-videocamera, preferisco non far atrofizzare l’occhio del mio animo. le
sensazioni vanno vissute, non salvate in qualche microchip di fattura
giapponese. Nella piazza della basilica c’è il bronzeo monumento al
gattamelata, quattrocentesco condottiero schierato dalla parte della chiesa,
del donatello (con una bancarella di souvenir a mezzo metro dal piedistallo
della statua). camminando ancora attraverso l’elegante piazza dei signori,
credo si chiami così poiché sulla piazza si affacciava la dimora dei signori
della città, i carraresi, con l’imponente orologio astronomico. poi…
…poi
il momento tanto atteso, l’apice estetico e spirituale del viaggetto. i
giardini dell’arena romana, accanto la chiesa degli eremitani e, sempre lì,
loro, quelle immagini vecchie di settecento anni ma ancora così fresche,
dinamiche e vitali, la cappella degli scrovegni con gli affreschi di giotto. per visitare la cappella è necessaria la prenotazione in quanto sono ammessi
gruppi di massimo 25 persone che devono sostare per una mezz’oretta in una
camera che faciliti l’adattamento corporeo alla temperatura della cappella, per
limitare i danni della condensa causata dal calore dei corpi dei visitatori. ovviamente non ho nessuna prenotazione ma evidentemente non c’è il pienone,
faccio il biglietto e dopo dieci minuti sono dentro la asettica saletta dal
nome molto specialistico ed elaborato, il cta (centro tecnologico avanzato) per
la stabilizzazione del microclima. in realtà è semplicemente una piccola sala
d’attesa con l’aria condizionata che somiglia a quella di qualsiasi studio
dentistico ma chiamarlo cta riempie molto la bocca eheh. ah, quasi dimenticavo,
accedere alla cappella senza aver prenotato (niente prenotazioni-programmazioni
nei viaggetti vagabondi!) mi riempie di una gioia molto libertina e quasi
selvaggia, elogio dell’improvvisazione, pura sensazione di evasione dal mondo
incatenato in cui si deve ad ogni costo e per ogni cosa timbrare il cartellino.
mmmmm
piccolo riassuntino storico: il signor enrico scrovegni, nel 1300, acquista
un’area adiacente all’arena romana e vi fa costruire il suo palazzo e,
attaccata al palazzo, una cappella privata dedicata alla vergine, questo per
esaltare la sua potenza di signore ma anche per riabilitare l’anima e la fama
del padre reginaldo, noto usuraio che il signor dante colloca appunto nel
girone infernale degli usurai (anche il signor enrico praticava l’usura e
dunque con la costruzione della cappella voleva “sciacquare” anche la sua di
anima). per affrescare l’intera cappella viene chiamato l’artista più noto e
apprezzato del tempo, il signor giotto, per le statue da collocare sull’altare
il signor giovanni pisano. in due parole (ci provo): la cappella è una stanza a
pianta rettangolare, col soffitto a botte; nelle due pareti più piccole da una
parte c’è l’altare con le tre statue di marmo del pisano e, dall’altra, il
giudizio universale affrescato da giotto: un grande cristo al centro circondato
dagli angeli e dagli apostoli, sotto, alla sua destra, i beati destinati al
paradiso (tra cui, guarda caso, il signor enrico scrovegni) e, alla sua
sinistra, i dannati destinati all’inferno, con tante immagini infernali di
diavoli che ricordano tanto il signor hieronymus bosch (un pittore olandese del
cinquecento). il soffitto è tutto blu con stelle d’oro, le pareti laterali
hanno ognuna tre file d’immagini che raccontano le storie di Maria, a partire
dalle vicende di gioacchino e anna, padre e madre della vergine, e le vicende
legate alla vita di Gesù. tra le immagini che narrano le storie di Maria e di
Gesù ci sono le allegorie delle virtù cardinali e teologali e, nella parete di
fronte, le corrispettive immagini peccaminose opposte alle virtù. così, di
fronte alla fortezza abbiamo l’incostanza, davanti alla temperanza l’ira,
davanti alla giustizia l’ingiustizia, alla fede è contrapposta l’infedeltà e
così via. mmmmmm macchepalle ‘sti convenevoli, aprite un libro o cercate su
google che è meglio! torniamo a noi. dentro la cappella. la prima impressione
che mi avvolge è la meraviglia per lo stato di conservazione in cui si trovano
gli affreschi, finiti di restaurare credo una decina di anni fa: sono perfetti,
alcuni sono un po’ rovinati, soprattutto il giudizio universale, ma sono
ugualmente perfetti, più vividi, puliti e luminosi che mai, così vivi e
semplicemente belli che dopo due secondi già sento la loro voce nitida, tenue,
soave e cristallina, angelica e spirituale. voce per la mia anima. le vesti dei
personaggi raffigurati, a seconda che siano baciate o meno dalla luce,
acquistano plasticità, spessore, profondità, rivelando i profili e i movimenti
dei corpi e i volti, i volti porcaputtana i volti (ooppssss, pardon!) sono
incredibilmente e così umanamente espressivi, hanno la profondità psicologica
che solo la grande letteratura sa regalare ai personaggi, sono vivi e parlano,
parlano con voce più eloquente di qualsiasi parola. la famosa donna, madre di
uno dei bimbi trucidati da erode nella strage degli innocenti, quella col volto
rigato da una lacrimuccia è troppo piccola e troppo in alto per mostrarmi la
nota lacrimuccia (la lacrima più bella della storia dell’arte… poi vabbe’,
settecento anni dopo arrivò la mia amica sinèad col video di nothing compares
to you…. scusate ma l’estasi per il concerto di sinèad o’connor alberga ancora
tra le mie vene eheh). alcuni soldati stesi a terra dormono. ma non dormono
solamente. stanno sognando e si vede, sembra di vedere i loro sogni, sembra di
potercisi tuffare nel mondo celato dalle loro palpebre abbassate. poi gesù che
guarda giuda nella scena del tradimento: porca miseria COME lo guarda, quello
sguardo trapassa ogni cosa e giunge fino all’anima, uno sguardo che annichilisce
ogni interferenza terrena. mica facile rendere in un’immagine uno sguardo così!
mi viene in mente un aneddoto che riguarda il signor picasso. il pittore
spagnolo si trova in un qualche paese di cui non conosce la lingua (europa
dell’est mi pare), ha bisogno di un flacone di etere, entra in una farmacia e
per spiegare cosa vuole fa uno schizzo, un disegno!
a
proposito di difficoltà nell’esprimere con pochi tratti certe sensazioni, mi
sento come un cieco che cerca di riparare il meccanismo di un rolex. dopotutto
non ho neanche voglia di sforzarmi, se volete potete sbirciare direttamente
nella mia anima dal buco della serratura. scherzo, nessuno può fare ciò. però è
stato davvero sensazionale come quegli affreschi mi abbiano trasmesso così
tante sensazioni, un vero bombardamento di emozioni del tutto privo di
violenza, una tenue e soffusa raffica di lampi color pastello.
localino vuoto |
mmmm per dovere di cronaca,
gli affreschi hanno parlato alla mia anima ieri mattina. stasera c’è il
concerto di roger waters. per sfuggire alla calura di mezzodì ho scovato un
localino che faceva per me, completamente vuoto. su un tavolino di questo
locale ho vomitato di getto queste parole. così, per dovere di cronaca. e
stasera sarà the wall…