venerdì 30 agosto 2013

parafrasando (a naso…    anzi alla cazzo, pardon…) ciò che diceva il filosofo, abbiamo perso la rotta, ciò che sentiamo parlare attraverso il megafono non è la voce del capitano che ci comunica le coordinate da seguire bensì…. è il cuoco di bordo che si è impadronito del megafono… e ciò che sentiamo, anziché la rotta da seguire, è ciò che mangeremo domani… questa la società odierna. le persone che ascoltano le voci che dicono che modello di cellulare acquistare e bla bla bla. tutti ad ascoltare il cuoco. il capitano è rimasto solo… a specchiarsi nel mare che è come uno specchio in cui puoi veder riflesso te stesso (citazione a naso da moby dick, erezione intellettuale nda). 

lunedì 26 agosto 2013

martedì 20 agosto 2013

non ho letto il libro, ok, e nemmeno m’interessa leggerlo. ho solo letto le parole di qualcuno che l’ha letto. ciò che importa è l’idea. in questo romanzo (di un tizio giapponese, credo) c’è un bordello, uno strano bordello. ci lavorano splendide, bellissime ragazze, tutte vergini, tra l’altro. comunque bellissime. questo bordello è frequentato esclusivamente da clienti vecchi, anziani, tutti oramai impotenti. fin qui niente di speciale, anzi, potrebbe sembrare una situazione alquanto squallida. invece c’è qualcosa di bello e sottile e profondo. di bello. le ragazze che lavorano sono tutte narcotizzate, tutte immerse in un profondo sonno chimico artificiale. le splendide e giovani ragazze dormono tutte quante nei loro letti e non si svegliano mai durante il loro turno di lavoro. gli anziani clienti impotenti pagano e si sdraiano così accanto alle ragazze e dormono al loro fianco. punto e basta. non ci fanno nient’altro. siamo ben lontani dal viscido tizio che pagava per fottersi la bellissima uma thurman in stato comatoso sul letto d’ospedale in kill bill. qua c’è qualcosa di bello o comunque di profondo se non proprio di romantico. c’è solitudine e desiderio di avere un po’ di bellezza accanto, c’è il desiderio di un conforto a pagamento, ok, ma di un conforto non astratto, la consolazione di un corpo bello e caldo da stringere e sentire respirare. io conosco una bellissima ragazza, è bella come una dea, e questa cosa mi ha fatto pensare a lei. dormire accanto alla bellezza sarebbe uno stralcio di paradiso per molti. e questo potenziale in possesso di alcune persone è così forte che potrebbe essere usato per infarcire bombe atomiche. donare uno stralcio di paradiso non è mica robetta eh. certo, il fatto che la merce sia rubata (o comunque pagata) la sminuisce un po’ ma sempre di stralci di paradiso si tratta. se io fossi una splendida, bellissima ragazza credo che non stringerei nemmeno una mano non dico per soldi (figuriamoci) ma nemmeno per riconoscenza o comunque non lo farei mai e poi mai con superficialità. non sarei certo una brava dispensatrice di stralci di paradiso. però quest’idea contenuta in quel romanzo là mi ha fatto pensare molto. e pensando ho cercato di trovarmi da entrambe le parti, i clienti e le ragazze. è bello trovare idee che ti fanno pensare. anche se poi nemmeno leggi il libro che le contiene.

venerdì 16 agosto 2013

le mie parole possono sembrare troppo acide o troppo scure o, se lette con superficialità, persino carine. non queste in particolare, le mie parole in generale, il mio alfabeto personale, linguaggio nudo, struccato parlare, discinto volteggiare e danzare, piangere e ridacchiare, velenoso e amorevole sanguinare. la voce più bella è quella di chi sa di non essere ascoltato. adoro ascoltarmi in silenzio steso sul bianco del pavimento. sorrido mentre mezzo nudo sulle mattonelle scribacchio queste parole. mesto sorriso un po’ pazzo. dentro la mia cattedrale avvelenata. la sfocata luce di un faro distante si staglia nell’orizzonte palpita come un esanime cuore vagante in una nebbia inesistente. aleggia nell’aria la caratteristica allegria di ogni guerra. una voce inconsistente mi suggerisce che le parole che sto facendo danzare non hanno molto senso. per chi è questo balletto? nemmeno un organetto accompagna le danze. mi sento libero anche se questo è forse un sogno. o una specie di miracolo. se voi siete qui io non ci sono. non voglio ascoltare i vostri stupidi orologi. schiavi senza catene a cui hanno sottratto l’istinto a bramare ogni libertà. ogni istinto è andato perduto. svanito come la vittima di uno straniero dai lunghi capelli neri e lo sguardo d’oro. il mio sguardo invece ha le braccia incrociate. non cercatemi quando avrò chiuso gli occhi. 

lunedì 12 agosto 2013

la città è perfetta per un’indole fortemente individualista. per chi vede la collosa presenza sociale come fumo negli occhi. per chi ha un animo che sa stare in piedi sulle sue gambe. tra le mie mura c’è un’intera metropoli berlinese. tutti fuori, soprattutto quelli che ballano la salsa, quelli del mi-piace-vasco-cucina-d’azione-e-film-cinese-e-fast-and-furious-e-varie-fiction-televisive-del-cass-e-parchi-di-divertimento. tutti fuori nel mio cemento crepereste in pochi istanti. ho le bollette scadute da pagare e l’affitto arretrato di tre mesi. proprio non mi va di adempiere a queste cose. ho un fortissimo rifiuto. sto così bene tra le mie mura. vorrei stare solo con la mia anima. e basta. vorrei stare solo e guardandomi nello specchio sorridere mentre mi do del pazzo. mentre mi graffio e sanguino. mentre faccio esplodere delle bombe nel mio soggiorno solo per me. mentre libero i miei lupi e li lascio scorrazzare selvaggi e famelici assetati delle mie carni affamati del mio sangue. e la mia splendida dama ottocentesca in un angolo che mi guarda amorevole e a modo suo passionale. passionale come la morte e la sofferenza. gironzolo nel mio bosco con addosso solo un paio di pantaloncini. nudo con lo sguardo pallido la pelle distratta l’udito ripiegato su se stesso. struccato come un pagliaccio che medita di suicidarsi. 

giovedì 8 agosto 2013

mmmm mi piacerebbe trascrivere ciò che ho scritto mentalmente stanotte ma ovviamente non mi ricordo. non riuscivo a dormire e sono uscito sul balcone. mi sono seduto, erano le tre passate. ho assaporato un bel silenzio, un silenzio di città, vabbe’, c’è sempre un treno in lontananza che passa, se scrivi “un treno in lontananza che passa” viene da pensare ad un vecchio treno a carbone, qualche auto, qualche antifurto del cazzo, qualche luce che non ha voglia di andare a dormire. comunque si sentiva anche una cicala, forse più di una ma a me sembrava una. il cielo, vabbe’ quello è sempre grigio, persino di notte. comunque si stava da dio. be’ così forse è esagerato, si stava bene, ecco. il panorama è sempre quello, tetti e tetti e tetti però a volte cambia, a volte arriva persino a piacermi. dipende dall’angolazione della mia anima, credo. probabilmente ero un po’ in astinenza da un buon silenzio. così, seduto per terra in quella gabbietta che è il mio balcone, mi sono librato in aria come un pipistrello nella notte, come un aliante che fluttua sulle note di un silenzio. cosa ho scribacchiato stanotte, con la mente, non lo so. però stavo così bene, ero persino bello, ero decisamente bello stanotte. 

lunedì 5 agosto 2013

giovedì 1 agosto 2013

tv accesa senza audio spot pubblicitari esche studiate a tavolino per il tipo di pesce da catturare. la gente è cretina superficiale pensa solo a mangiare scopare e a farsi accettare. paura d’invecchiare. come i pesci che senza troppo indugiare vanno a mordicchiare un verme infilzato in un amo. spengo. qualcuno disse “non crucciarti di ciò che accade nel mondo tanto non dipende da te”. metto un cd e se per tutti gli altri sinèad canta john I love you per me ora pronuncia il mio nome. una decina d’anni fa un ragazzo fissato col computer diffuse un virus che mise in crisi non so quante grosse aziende americane. inviò a migliaia di pc una mail infetta con l’oggetto “I love you”. tutti sognano di tanto in tanto di sentirsi dire I love you. a me ora lo dice sinèad. e mi lascio infettare dalla sua voce. vorrei sognare la voce di sinèad che mi dice I love you. al di là della verità ciò che percepiamo anche in sogno fa germogliare in noi qualcosa che cresce innaffiata dalla nostra fantasia. l’acqua per annaffiare i fiori del nostro balcone intellettuale dovremmo sempre cercarla in noi stessi. la gente le cose di cui ha bisogno le cerca al massimo negli scaffali del supermercato. e per le cose di cui ha bisogno prende spunto dalle esche preparate a puntino dai pubblicitari. la gente non apprezza il gusto amaro del dolore scappa e basta davanti ad esso. i dolori sono rughe che a certi animi donano una certa grazia. la bellezza non sempre somiglia ad una cartolina di una spiaggia immacolata con palme sabbia bianca e acque cristalline.