martedì 31 marzo 2015

sono meravigliosamente distante dal suolo e dalle persone, fluttuante come un corpo addormentato in una bara di nebbia appena colorata da chimiche esalazioni morbide e sofficemente perverse. la notte s’infiltra dai vetri della finestra per ascoltare i miei pensieri neri come il silenzio di una solitudine che non ha voglia di parlare. sono impermeabile alle persone. il mio sguardo è scivoloso, il volto pallido come un pagliaccio distante dal lavoro, inquietudini ondeggiano senza graffiare, un sorriso appena accennato si prende gioco del mondo intero che piccolo e inerme mi osserva quasi ammirato. lo sguardo del mondo intero è un bambino col naso appiccicato alla mia finestra, una buffa insignificante presenza che ignoro con una megaindifferenza che ha del meraviglioso. sorrido a me stesso, mi sorrido e mi sorprendo a volermi bene, sono la cosa più bella che possiedo. mi adoro. nella strada dalla finestra vedo un giovane fantasma dallo sguardo assente che cammina. un giovane fantasma che non crede nella morte. cammina e si accende una sigaretta. il bagliore dell’accendino è una micro piccola festa senza invitati un raggio di un sole senza spettatori. guardando quella fiammella mi rendo conto e penso che mi adoro. 

venerdì 27 marzo 2015

tra le nuvole libero come un tuono sospeso tra lacrime sospiri senza limiti un battito che non teme respiri guardami guardami mordimi e se vuoi uccidimi sei uno spettacolo senza umanità sconvolgimi chiamami dio chiamami miracolo e guardami cadere invisibile pericoloso tenero un angelo non nasconderti tradiscimi feriscimi ispirami illumina la mia vanità. verso il sole verso il buio senza sonno cadi tenendomi negli occhi scolpiscimi nel petto incendiami una goccia di eternità che mai finirà. volo come fuoco libertà odio che incorona la metà dell’umanità che brama il diluvio che incenerirà dolcissime voci sconosciute da vivere adoro stare male amo l’assenza di luce amo lo specchio così freddo che prima o poi esploderà. non è facile restare senza favole da vivere respirami e non dirmi mai addio. 

lunedì 23 marzo 2015

vieni vieni qui dentro le mie mani le mie mani ascoltano le tue angosce color morfina vieni tuffati nelle mie mani spalancate come braccia che bramano emozione e cercano sole e viaggio e feroce solitudine. vieni e arrenditi addormentati ascolta il suono del sonno la distanza della realtà ascolta. sentiti una creatura meravigliosa come una luna che cade nel buio di una schifosa anima mortale, cerca di non desiderare niente pensa solo a cadere sprofondare senza alcun vorrei sentiti invulnerabile senti che puoi non sentire niente vinci le stronzate che vogliono fermare le tue galoppate senza freni sentiti libera di essere una criminale che mai ha conosciuto l’amore stringi come vento con le nubi le tue lacrime di veleno imbevute piscia e bacia il tuo dolore. i miei occhi ti chiedono di non arrenderti con la loro musica i miei occhi ti baciano così meravigliosi come sogni nati per distruggere le crudeli parole che nascono dalla realtà. piscia e bacia il tuo dolore e dimentica le stronzate che la vita ti ha regalato, un’elettrica stanza cosce aperte e amare, lasciati bere lasciati sorseggiare, sei ritmo che cresce miele da bere bambola da baciare piscia e bacia il tuo dolore non arrenderti piangi come un canto che spegne roghi che divorano cannibali pensieri che danzano senza pensare. 

giovedì 19 marzo 2015

quando le mie ossa saranno morse rosicchiate dai vermi come saporite e succulente costolette queste parole saranno fredde come la pelle che ora le sta emanando. sarò per sempre tramontato nel mio mare denso di petrolio. sarò morto. e non me ne fregherà un cazzo di essere morto. me ne fregherà meno di voi. queste parole come miriadi di scintille raffreddate si depositeranno in qualche recondito angolino come cenere che si divertirà ad essere spazzata e trasportata dal vento fregandosene del domani. adesso il mio sorriso solitario soffia sui carboni ardenti rinvigorendo le esagitate scintille parole che danzano come un nugolo di streghe in un fosco cielo d’inverno di campagna. il mio sorriso è un crocifisso appeso su una parete di questa mia notte solitaria. 

sabato 14 marzo 2015

esplosione di supermegaindifferenza come una solenne smisurata nevicata concentrata in un solo secondo del vostro mondo. il mio animo sprigiona ora una vera e propria era glaciale che voi nemmeno vedete. lasciate che il mio ghiaccio accarezzi la superficie del pianeta che sta davanti alla vostra finestra, davanti ai vostri occhi, davanti alle vostre vite. anche se non capite lasciate che si posi il mio ghiaccio, lasciate che sbocci questa mia primavera al contrario, non conficcate frecce arroventate nel mo animo leggero e visionario. lucine nella notte giovane singhiozzano senza pianto, il buio vaga senza meta in attesa di poter mettere stabili radici e irrobustire e dare forza alla notte che allora sarà un incanto di nero senza buchi e risate e colori privi di nerbo. da così tanto tempo non verso lacrime su alcun suolo, solo deserto e deserto incalzante, suolo deserto che ghiaccia ed il ghiaccio è la mia carezza per il mondo, un sorriso che è una carezza, una carezza che è una ventata di gelido torpore senza pensiero. sono un lungo lampo scuro e solitario nella notte, un sorriso mentale che guarda come le nubi guardano il mondo. con tutta la gentilezza di cui ora sono capace, andate tutti a fare in culo. 

lunedì 9 marzo 2015

m’inoltro nel mio bosco scuro dove la luce del mondo fatica a penetrare, non ci sono umani né rumori artificiali, solo quiete e angosce che conosco a menadito e che percorro con un’affascinante sicurezza che niente ha a che vedere con paure o disagio. sono un flemmatico sommergibile che percorre le oscure profondità del mare e che si tiene a dèbita distanza dalle luci e dalle coste abitate. il mio incedere nel mio buio ha tinte pastello e una leggerezza che solo il silenzio sposato alla serenità può avere. il mio bosco scuro ha l’argentea sacralità pagana del bosco in cui norma, la gallica sacerdotessa, raccoglieva le sacre e antiche piante inargentate dalla casta e divina luna…

mangio ghiaccio e bevo petrolio, l’olio che vien fuori dalle pietre come lo descrisse il signor marco polo. a proposito, riguardo quelli che mettono in dubbio il viaggio del signor polo e le sue descrizioni, come dico spesso “ un giorno la tecnologia distruggerà il mondo”. ma porca miseria, d’accordo indagare per far emergere la verità ma così si uccide la poesia. mmmm questa è una parentesi che probabilmente terrò sempre per me. ora ho una maledetta voglia di ac/dc. metto highway to hell e lascio che si attorcigli tra le vene di questa mia notte. un perfetto maledettismo striato di acidulo blues e con una buona dose di viscerale rock che prende a braccetto il sorriso interiore notturno che mi sento fermentare dentro. mi sento [come mi diceva la mia bellissima musa dalle vene di ghiaccio] anaffettivo.  e sorrido dentro come un pagliaccio mefistofelico che se ne frega del mondo. sorrido dentro alieno come syd, come joker, come un battello. un battello ebbro. bye.

mercoledì 4 marzo 2015

venere in pelliccia, polanski, masochismo e pergolesi

qualche notte fa, adoro passare le notti in solitudine, scribacchiando, ascoltando musica, leggiucchiando, tutti modi di dialogare in silenzio con me stesso, qualche notte fa ho guardato un film di roman polanski del 2013 intitolato "venere in pelliccia”. il film mi è piaciuto, ci sono solo due attori per tutta la durata del film, un regista teatrale e un’attrice strampalata che ottiene di fare il provino per la piece teatrale curata dal suddetto autore. la piece in questione è un adattamento de La venere in pelliccia di leopold von sacher-masoch, autore austriaco del 1800 da cui deriva il termine masochismo che tuttora usiamo. durante il provino l’attrice e l’autore si scambiano continuamente i ruoli e, tra le battute programmate e le improvvisazioni, emergono le sfumature caratteriali dei due protagonisti in un gioco in cui finzione e realtà si mescolano, si rincorrono, si fondono sino a divenire indistinguibili.

 perché ora sto scrivendo di questo film? semplice, perché in questo momento sto ascoltando lo Stabat Mater di pergolesi. il masochismo è la ricerca di piacere attraverso il dolore, cosa ben più sottile delle pratiche sessuali che possono venire in mente sentendo questa parola. non sono certo un esperto ma credo che dietro questo termine ci sia un mondo intero di sfumature psicologiche per l’appunto molto sottili e, credo, dotate anche di un certo fascino. comunque, dal masochismo al dolore l’associazione d’idee è scontata quanto può esserlo dal ghiaccio al freddo o cose così. e parlando di dolore… c’è questa sublime musica che sto ascoltando, lo Stabat Mater di pergolesi. lo Stabat Mater (stabat Mater dolorosa, la madre addolorata stava) è una preghiera medievale da cui presero spunto molti poeti e musicisti, che parla del dolore della Vergine per la morte di suo Figlio. dal basso della mia ignoranza musicale, credetemi, da questa musica affiora veramente tutto il commovente, toccante struggimento della Madre addolorata. e, nonostante ciò, la musica è così soave, celestiale, estasiante. be’, mi perdo nella musica…