martedì 30 novembre 2010

tra poche ore le luci del giorno e della rappresentazione dell’ipocrisia quotidiana, ora ancora notte, ancora solitudine, ancora Io. occhi stanchi e animo che di dormire qualche ora non ne vuole sapere, assaporo sgoccioli di notte in compagnia di me stesso. il corpo non sente sonno e non sente freddo, è un marmoreo prolungamento del mio animo ripiegato su se stesso. mentre tutte le finestre sono chiuse io spalanco l’animo alla notte, sono sconfinato come un cielo notturno sopra una città addormentata. la notte è il paesaggio ideale per stare soli con i propri pensieri. rovistandomi dentro mi rendo conto che il dolore è assopito nel fondale scuro, non lo sveglio. il caldo distacco dal mondo mi abbraccia riconoscente come un uovo abbraccerebbe la chioccia, se solo avesse le braccia. chiudo gli occhi e distendo il corpo, immaginandomi dentro una canoa solitaria alla deriva, verso l’orizzonte, verso l’alba, verso l’infinità…


domenica 28 novembre 2010

che cos’è la solitudine? in questo momento è un’irruente ebbrezza data dal fatto che le persone che poco fa chiacchieravano di modelli di telefonini e cose così si sono finalmente allontanate.
a proposito di telefonini, poco fa un sms da parte della mia bellissima musa dalle vene di ghiaccio: è impressionante quanto io sia imperturbabile in questo periodo, niente e nessuno può toccarmi. sono distante anni luce da chi mi circonda ma sono anche, stranamente, sereno. bè, sereno sempre a modo mio, s’intende… questa imperturbabilità mi omaggia di una sprezzante e taciturna ironia che riverso verso tutte le sciocche ed epidermiche esistenze che mi attorniano durante il giorno. un tagliente e disdegnoso pagliaccio dotato di un’invisibile arroganza spirituale. intanto pioviggina e l’aria fuori è fredda e pulita, l’asfalto lucido come uno sguardo corvino foderato di pianto (mmmmm, “…come uno sguardo corvino foderato di pianto…” … mi piace… ).
per molti la pioggia pomeridiana è sinonimo di noia e inadeguatezza… esserini piccoli quanto moscerini nani provenienti da lilliput! la pioggia è vicinanza di singole gocce solitarie, è suono che in pochi sanno ascoltare...
..... [porca miseria, devo lasciare questo foglio virtuale,queste parole.. ]

venerdì 19 novembre 2010

la Malinconia, Francesco Hayez (1840)


per una volta che sono andato a letto ad un orario “normale”ecco che mi sveglio improvvisamente alle due, con una prorompente e incontenibile voglia di vedere un dipinto che ricordavo di avere tra le pagine di un libro. prendo in mano il libro et voilà, eccomi davanti all’alba che incombe…

giovedì 11 novembre 2010

Viola

...Viola era totalmente assorbita dalla tela che aveva davanti, le nostre voci, le nostre presenze non la sfioravano nemmeno, una rara, atipica e intoccabile viola del pensiero trascendente. Stava plasmando, al centro della tela, una deflagrazione di colore rosso acceso che si stagliava su uno sfondo che, dal nero dell’esterno, sfumava man mano che ci si avvicinava al centro in un viola cupo, angoscioso e rattristante. E al centro quella cruenta ed efferata esplosione di sangue, un falò di tormento, passione e martirio. Viola aveva la mania di cercare di fissare, sulla tela, la vitalità che, esplodendo con violenza, diventava, in un attimo cruciale, morte. Voleva immortalare quell’istante. E per farlo aveva decimato lo stuolo di animali domestici che pervadono il cortile del caseggiato...
... Usando dei petardi e dei piccoli fuochi artificiali che padre Carhal si era fatto portare per festeggiare il capodanno, la bizzarra quattordicenne aveva dilaniato una certa quantità di anatre, galline e oche, lo faceva con l’austerità di uno scienziato che osserva e annota i fenomeni che vuole studiare. Il suo sogno, però, era quello di squarciare con l’esplosivo un bel cigno...
... [intanto] ... lei aveva lo sguardo fisso alla tela, uno sguardo nero lucido, intelligentissimo ed estremamente vivace, incastonato in un amabile visino pallido contornato da un caschetto di capelli neri, un poco mossi. Immaginavo il suo sorrisino brillante e pungente mentre aveva la faccia cosparsa di sangue e frattaglie, immersa in una vorticosa nube di piume svolazzanti. ...

martedì 9 novembre 2010

Jeliza Rose


“non sono una vandala, sono jeliza rose…”.
la gioia dell’anticonformismo, la leggerezza di un’anima libera e decentrata, l’estrosa visione di un mondo completamente personalizzato, distante anni luce dal mondo standardizzato e precotto che la società perbenista e consumista ci propina da quando nasciamo.

jeliza rose è una splendida, meravigliosa bambina protagonista del film tideland-il mondo capovolto, di terry gilliam. il film ci permette di osservare il mondo attraverso gli occhi di questa curiosa, stravagante alice-nel-paese-delle-meraviglie e, in effetti, la piccola ha una visione del mondo tutta sua, del mondo ma anche dell’amicizia e della morte, della paura, del rapporto con i genitori…
è bellissima quando, all’energico sferragliare di un treno che le passa accanto, strilla forte mentre gioca dentro la carcassa di un’automobile ( aaahhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!! ), o quando ride mentre gioca con le teste delle sue bambole infilate nelle dita… e che dire delle sue inscenate morti teatrali, davanti allo specchio, con le piume di struzzo al collo, il dorso della mano sulla fronte “diomiooo… sto morendo! “. semplicemente meravigliosa.

sabato 6 novembre 2010

una strana quiete si è impossessata di me. ironizzo su me stesso persino dopo aver battuto il mignolino del piede contro lo stipite della porta (concretissimo esempio a favore di voi comuni mortali). non esiste forza senza pace interiore. la mia pace sovente ha colori forti e accesi come quelli della lava e dei lapilli di un’eruzione vulcanica, tutto racchiuso da un perfetto involucro di fredda ceramica bianca. ogni tanto si spegne la luce e gli occhi vedono tutto, con grande, splendente distacco. le fiamme del mio inferno personale ora sono tiepide, ci gioco come facevo da bambino con la fiammella delle candele, quando a casa mancava l’elettricità a causa di un temporale.