giovedì 29 ottobre 2015

un’altra notte tutta mia, a scribacchiare queste parole che, anche se non saranno un granché, sono assolutamente naturali come il respiro che mi esce dalla bocca. voglio dire, non devo pensare o concentrarmi, escono da sole e lasciarle sgorgare liberamente mi regala una sensazione che è una specie di ritaglio di una beatitudine incastonata tra le fesserie sparse per la giornata. scalzo, in mutande e maglietta, ogni tanto passeggio per la casa, mi affaccio alla finestra, gradevole lo scroscio della piccola fontanella sotto casa, bevo qualche sorso d’acqua, vado a pisciare, mi risiedo davanti a questo pc scassato, mancano alcuni tasti della tastiera, la città dorme, sono quasi le quattro del mattino, sono l’unico essere sveglio immerso in un dormitorio fatto di loculi di cemento. sto così bene che anche i miei lupi sono mansueti, lontani, da qualche parte del bosco a cui sono legato per volere di chi mi ha creato. notti come questa sono una mentale fuga dal mondo, sono manciate di ore fatte di assenza di azione, sono assurde, semplici e intense passeggiate intime e forse anche un poco metafisiche. in queste notti sono come una carta assorbente che si imbeve del silenzioso nulla che mi attornia. probabilmente la somma di tutte queste mie notti sarebbe quanto di più vicino all’essenza della mia esistenza. e considerato che si tratta di notti necessariamente solitarie, posso dire che nessuno mi ha mai visto vivere. è la mia ombra, l’ombra della mia vita, quella che gli altri vedono. scribacchiare in queste notti è ignorare tutto ciò che accade e respira aldilà della finestra. non riesco ad immaginarmi senza scribacchiare queste parole, potranno anche essere sconclusionate, ma se non le lasciassi danzare nella notte mi resterebbero dentro le viscere dell’animo, col loro peso e… liberarle e farle danzare credo sia come vedere volare via un uccellino a cui abbiamo spalancato lo sportellino della gabbia. una bella sensazione, insomma. è un silenzio piumato quello che si affaccia alla mia finestra, un silenzio che è la mia tana in cui sto come su una morbida zattera alla deriva nel cuore del mio oscuro bosco a tratti ardente come un deserto, a tratti piovoso come un cimitero avvelenato. 

sabato 24 ottobre 2015

il contatto con gli altri esseri umani mi tocca, se vuoi stare a questo mondo non puoi cliccare sull’opzione “non accetto”. devi guardarli, usare la tua voce, persino ascoltarli. che seccatura! stare tra la gente, che tu lo voglia o no, ti rende un po’ come tutti loro. io ad esempio non riesco nemmeno a leggere, in presenza di altre persone. certo, posso leggere parole, pagine, ma non riesco ad assaporarle come quando sono solo. anche guardare una partita di basket, o un film, da solo è tutta un’altra cosa. anche scribacchiare queste parole sarebbe inammissibile in presenza di estranei. ora, nel cuore della notte, mentre scribacchio davanti a questo pc tutto scassato, sto bene come non potrei stare in alcun luogo che comprendesse la presenza di altre persone. dio, quanto mi piacerebbe farla finita con questo trantran del circo e delle persone da incontrare per forza, tutti i giorni. me ne starei volentieri a casa, a leggere gli scrittori del passato, a guardare i miei film (la scatola piena di spazzatura cartacea che ho appena fatto volare dalla finestra, destinazione marciapiede, ha fatto un po’ di baccano ma sembra che lo schianto sia passato inosservato, nessuna finestra si è spalancata, nessuno ha pensato di vedere chi è lo stronzo che getta l’immondizia dalla finestra…). farla finita col solito trantran della quotidianità, il mio più grande sogno, in molti lo considererebbero una perdita di tempo, uno spreco di tempo. io di sicuro non la penso così. in questo momento beatles, candele, notte e città addormentata che nemmeno bada alla mia scatola volante, in questo momento, mentre scribacchio libero e leggero, sto così bene che riesco distaccarmi completamente dagli umani che non mi conoscono e che non voglio conoscere. se questo è perdere tempo, be’, adoro farlo. notti simili a questa ne ho trascorse chissà quante, fin da adolescente. che ci crediate o no, scribacchiare ora queste parole è una vera delizia. è un modo di far evaporare tutto quel trantran che dicevo prima. sono circa le 3,30. penso che tirerò sino alle prime luci dell’alba, sereno e beato come un cammello solitario tra le dune del deserto.

martedì 20 ottobre 2015

dalle ceneri di questo mondo di merda sbocciano fiori… è dal letame che nascono i fiori più belli, diceva il cantante…
profonde melodie attraversano il silenzio delle stelle che ondeggiano malate e annoiate…
la mia notte è fatta di fiamme e oscurità, i miei petali scintillano dall’alto di un campanile celeste. la mia notte esala ardenti granelli di tempeste che si addensano lasciando presagire naufragi insanguinati.

venerdì 16 ottobre 2015

sorrido provando ad immaginare una soffice e tranquilla notte con i miei lupi domati e mansueti. sono una tanica di benzina che ingurgita fiammiferi accesi (mmmm mangiafuoco, pinocchio… naaaa, inconscio fai il bravo, almeno per un po’ ) . rannicchiato e congelato nel mio nido infuocato vedo angeli e uccelli danzare liberi come malinconiche parole drogate. un’adunata di alberi bruciati poco più in là. il mio silenzioso grido selvaggio è forse un semplice scherzo per questo mondo che sta davanti alla tv a vedere il grande fratello.

lunedì 12 ottobre 2015

un momento che adoro è quando mi alzo dal letto ancora bagnato dai sogni di cui il cervello ha prontamente asciugato le immagini. un corpo finto-immacolato con addosso i selvatici rampicanti della notte. quando la ragione si finge morta possiamo vagare fra le rovine che possono tagliuzzarci i piedi, le gambe, la gola. adoro quando appena sveglio i sogni traboccano senza alcuna autorizzazione. 

giovedì 8 ottobre 2015

anche se il cielo è muto, un’orrenda tempesta scuote l’esistenza di pietra. coi miei remi di vetro spazzo le acque di smeraldo, come rantoli mortali i miei remi spasimano senza rumore.
 

domenica 4 ottobre 2015

chi racconterà la tristezza della mediocrità che come peste ammorba le esistenze che popolano questo mondo? adoro quando il mio spirito dorme sognando di essere eterno. le lame tagliano il mio umido cervello che sorride alle carezze di un marciume silenzioso come angelica neve che non smetterà di imbiancare nuovi fiori. ho la pelle arida e stanca che si trascina come una bocca senza speranze. l’acerbo morso notturno è una muta finestra che sanguina trascinata dalle gemme di parole che hanno più di duemila anni. forse una notte berrò stando a braccetto con l’eternità e le noie e le sofferenze saranno semplici immagini da cui evadere.