lunedì 30 aprile 2012


abbiamo dimenticato la guerra, le lacrime, le tragedie, le poesie. la più stupida frivolezza ha preso in mano le redini. il consumismo sfrenato è il nuovo diavolo che ha soppiantato quello vecchio, il vecchio diavolo che incontrava in un incrocio desolato un musicista nero e in cambio dell’anima gli donava il blues. il nuovo diavolo avrebbe proposto come dono un i-phone o un suv. la superficialità è sempre così poco affascinante, eppure la gente ci casca. fichi maturi sotto il cocente calore di uno schermo televisivo perennemente acceso. ci si commuove per una telenovela più che per una musica da requiem. la gente si commuove per ciò che le dicono debba commuoversi. questo è veramente triste. 

sabato 28 aprile 2012


nero silenzio. gli altri lontani, il mondo una sfera di vetro. la mia pelle non è fatta per alcuna mano di questo mondo. i miei lupi si aggirano nella mia notte. pensieri frammentati, un unico insondabile buio in cui sprofondare. nel mio buio non ci sono persone o maschere, manichini, immagini, ombre, voci. sono più freddo di un morto. il buio inghiotte sangue. nessuna mano è degna di sfiorarmi. quando sono particolarmente malinconico trovo così bello camminare sul nero lucido dell’asfalto bagnato, una pioggia leggera dall’animo notturno, le mura e i vetri delle case a racchiudere personcine asciutte, prosciugate, inaridite. “dopo il suo sangue, la cosa migliore che un uomo può donare di sé è una lacrima” diceva un mio vecchio amico un po’ troppo inflazionato. chissà se qualcuno donerebbe una goccia del suo sangue per me, chissà….
ho voglia di chiudere qualcosa, una porta, uno scrigno, una teca di cristallo, chiudere e assaporare il nero che ne deriva. chiudere come morire, piccola morte tascabile e circoscritta. chiudere è sapere di non poter tornare indietro. ho la preziosità del diamante più raro. se mi mostro privo di trucco faccio male. solo uno sguardo terso può vedermi senza trucco. chi mi vede muore. regalo una dolcissima morte che evapora lasciando un alone immacolato. sono sporco a modo mio. sempre leggero e incontaminato.

mercoledì 25 aprile 2012

sono uno psicopatico del tutto privo di ossessioni. non uccido persone, non amo giocare, riesco a stare a galla nella quotidianità grazie ad un intrinseco talento da pagliaccio. sono sempre più bravo nel fare a meno della gente, riesco a gestire qualsiasi cosa da solo. non sono un superuomo, semplicemente ho smesso di fare affidamento sulle persone. da non so quanto tempo, senza alcuno sforzo. così raramente mi capita di parlare senza avere sul volto il cerone bianco e il nasino rosso… la cosa più travolgente che mi riesce d’immaginare è la mia apatia nei confronti del genere umano. ogni tanto solo qualche negligenza, ogni tanto le zampate del mio inconscio che tenta di suggerirmi che l’uomo è un animale sociale. il mio inconscio che scalcia e tenta di graffiare allungando le sue mani affilate attraverso la sua oscura gabbia…

domenica 22 aprile 2012

davanti alla gente devi essere equilibrato. amo vivere da solo perché posso essere squilibrato. la solitudine è una stanza in cui poter ridere, piangere e barcollare. con il passare degli anni la gente si rassegna a vivere nell’equilibrio ad ogni costo, ci si innamora della rete di sicurezza posta sotto di noi scambiandola per la vita stessa. ci si dimentica di tutto il resto e si pensa che quella rete sia il basamento della nostra esistenza.

giovedì 19 aprile 2012

mmmmm probabilmente prima di quest’estate riprenderò in mano moby dick, me lo sento. c’è qualcosa di così scuro e profondo in quel libro, “mare nero come il vino” diceva il poeta. la gente desidera solitamente viaggi organizzati, auto sempre più grandi, telefonini sempre più sofisticati,sudare con i balli latino-americani, le feste. odio le feste, raduni di persone in cui ci si sente obbligati ad essere felici. la felicità dovrebbe essere un’esplosione spontanea non una successione di sorrisi telecomandati. io considero la possibilità di rileggere moby dick un piccolo tesoro, una fortuna senza prezzo. prolungo l’attesa del trascendentale abbraccio tra il mio animo e il capolavoro di Melville. quando riprenderò in mano il libro, questa volta avrò nel salotto di casa una calamitina e una cartolina provenienti direttamente da nantucket!

domenica 15 aprile 2012

la storia secondo la quale staremmo bene con una persona che ci completi sebbene non sia del tutto simile a noi è una gran balla. la persona perfetta con cui stare è il nostro esatto omologo, possibilmente del sesso opposto se si hanno tendenze eterosessuali. l’impossibilità di trovare una nostra copia speculare giustifica il compromesso della ricerca della persona che ci completi. una balla dettata da un’aspettativa realisticamente pressoché impossibile, da ciò nasce il bivio tra il compromesso e la scelta di bastare a se stessi. la prima è la scelta dei deboli, la seconda di temerari narcisi dal carattere sferico e avulso dalle consuetudini. la rinuncia a circondarsi di persone palesemente fittizi nostri omologhi può essere uno stimolo alla creazione artistica, un incentivo a creare col proprio immaginario persone che ci siano caratterialmente vicine. mmmmm personalmente già il fatto di trovare una persona con cui fare a voce, a quattr’occhi, un simile discorso sarebbe una vera eccezione. probabilmente nessuno al mondo ha mai trovato il suo esatto equivalente speculare. forse per questo molte persone tentano di creare, dipingendo, scrivendo, componendo, tentano di dar vita a qualcosa che non esiste. una serena rassegnazione è forse la porta che può condurci ad un amorevole rapporto con noi stessi.

mercoledì 11 aprile 2012

uno specchio dai bagliori intermittenti mi dice cosa dovrei comprare, le cose di cui dovrei aver bisogno. voci e volti che guadagnano vendendo prodotti mi dicono quanto siano ottimi, belli e buoni i medesimi prodotti dalle cui vendite quei volti traggono profitto. bah! annerisco lo schermo dando immediatamente vita ad un silenzio. o alla mia voce interiore. che sa di silenzio e pioggia e notte e aria di deserto e violini che vagano nel buio di una città desolata. uno scuro specchio d’acqua si spande da un impercettibile puntino nero incastonato nel mio cervello. quel puntino in pochi attimi è il centro di una fredda galassia solo mia. poco fa imbrattavo tele, ora disegno parole senza creare nulla. anche questo è silenzio, adorabile silenzio interiore, pura armonia senza interferenze, una danza del respiro, pura comunione col sospiro di questa notte. non ho voglia di nessuna voce che non sia la mia. ogni tanto cerco solo lo sguardo della mia jeanne personale che dolce e paziente mi osserva benevolmente dalla parete tinta di verde. poco fa mi è venuta in mente una poesia sul tempo che passa, l’ho cercata tra i libri: splendida, ancor più bella stanotte, col sottofondo di pioggia (per la cronaca, “candele” di costantino kavafis ). ho voglia di storia e di poesia. spengo anche questo schermo. addio.

domenica 8 aprile 2012

brucio angosce e paure nella gotica cattedrale del mio Io, insieme a ricordi ed energie fugaci come sogni-vampiri, esalo un respiro d’incenso che scaccia ogni traccia sulfurea dall’aria, dondolo sorridente appeso a testa in giù, prendono vita i colori dei miei occhi, trasparenti cristalli dai ritmi stellati. pensieri estatici e turbolenti come vorticosi cori angelici prendono forma dalle assolate sabbie del mio deserto interiore, una strana gioia inafferrabile e stravagante si leva nell’aria, elettrica follia delicata e scabrosa, psichica energia colorata danza solo per me. avvampano suoni, miraggi e rosse striature dal profondo del mio sguardo che brucia e si consuma, come un fiore che se ne infischia del gelo assassino che presto prosciugherà i suoi petali delicati e vivaci come sospiri colorati.

lunedì 2 aprile 2012

non so se mi era già capitato di sognare rimbaud, stamattina l’ho fatto. non mi piace quando i miei sogni prendono spunto da espliciti suggerimenti riguardanti ciò che è successo durante la giornata, ciò che ho visto, letto, persone incontrate. da un po’ di tempo non pensavo e leggevo rimbaud eppure è comparso nel mio sogno. io e lui in un tavolo di una pizzeria senza pretese, lui anziano, circa settantenne, con le fattezze di antonin artaud in età matura, il volto segnato da sofferenze dell’anima e della carne. io e lui in un tranquillo tavolino di una pizzeria qualunque. sapevo di avere davanti a me un maestro, uno dei miei assoluti eroi dello spirito, eppure ero tranquillo come se fossi insieme ad una persona qualunque. ad un certo punto abbiamo lasciato la pizzeria e siamo saliti a bordo della sua auto, una specie di squalo della citroen, qualcosa del genere. ci siamo addentrati nella notte e mi ha portato in alcuni luoghi senza tempo, una cattedrale tutta bianca, desolata nel cuore di un surreale paesaggio notturno privo di gente e rumori. dopo la bianca cattedrale siamo andati a vedere le dune, dune del deserto, anch’esse bianche immerse nel buio della notte. soli, io e lui. nella realtà non conosco persone che reputo dei maestri, nel sogno ero assieme a rimbaud, girovagando in una notte priva di concretezza, di ansie ed ipocrisie. parlavamo poco, avevo la consapevolezza di essere assieme a Lui eppure non mi andava di scattarmi anche una sola foto per immortalare quella notte (c’è stato proprio il pensiero “una foto potrei farla, non mi capiterà mai più un’occasione simile… mmmmm naaaaaa batt, piantala con queste fregnacce!” ). ringrazio il mio inconscio per questa inattesa proiezione onirico-cinematografica.