giovedì 31 gennaio 2013

ancora una volta sedicenne, ancora una volta piccolo sotto un immenso cielo notturno, alto come solo le cose sublimi sanno esserlo, ancora una volta distante dal sole, in attesa di una luce lontana… volo alto stando seduto sotto un cielo immaginato, il mio volto è un ricordo di una splendida notte senza suoni. una danza si staglia nell’aria, priva di clamori e caotici movimenti, un’immateriale danza senza movimenti terreni, spirituale collana d’immagini e ricordi e interiori monologhi mai esistiti. osservo nei miei occhi il mio arsenale di alte stelle lontane come inviolabili e sacri pensieri proibiti alla collettività. di chi io son figlio? forse voi tutti sapete di avere dei genitori, questa consapevolezza in me è pura cognizione di una commedia scritta da mani che ignoro. non mi sento figlio di questa terra, della mia nascita rimangono solo i segni delle bende e dei cerotti, che sia nato cadendo da qualche elevato luogo ignoto? questa mattina ho sognato un fiume inquinato, verdastro e pieno di zanzare, non solo nuotavo felice ma andavo anche sott’acqua come nel più cristallino dei caraibici mari, mi sentivo libero come si è liberi quando si è adolescenti e si va nel fiume a nuotare contro il deciso contrario parere dei genitori. la sporcizia del fiume era probabilmente il luridume in cui mi tocca annaspare truccato da pagliaccio. questo non credo di averlo sognato ma mi sarebbe piaciuto librarmi in aria per asciugarmi, un infuocato volo sopra l’esteso sudiciume che insidiava le mie carni in procinto d’ammalarsi.

domenica 27 gennaio 2013

nel mio stomaco lava, tizzoni infernali mal digeriti. rosicchiano dal di dentro, graffiano e bruciano ma… ci sono abituato. voglio i miei lupi che mi azzannino senza pietà, voglio corrosivi morsi a lacerare crudelmente le mie carni. brandelli di cervello sprizzano da tutte le parti imbrattando le quattro pareti che accolgono il mio corpo freddo, inerme e meraviglioso. adoro sentirmi animale seppure infagottato di socialmente accettabili apparenze pseudoborghesucce del cavolo. i miei lupi nessuno li vedrà mai, siete così lontani dal mio bosco interiore. adoro sentirmi male, da solo, un animale ferito lontano dal branco. vorrei Cry come sorella. due pianeti nel freddo del cosmo nero zero silenzioso. ho fame di buio. mi addentro nel mio bosco scordandomi del vostro mondo. 

mercoledì 23 gennaio 2013


Seduta sul bordo del mondo osservo distratta dall’alto del mio monolocale al tredicesimo. Sono sempre stata così, non è stata la prematura scomparsa della mia famigliola a creare un’algida ninfetta distaccata dal suolo del vostro pianeta che calpestate più o meno allegramente. Ora sono semplicemente più libera di essere sola e stronza e anarchica e fredda e insensibile. Non ho mai capito i compleanni, le feste e i festini e gli auguri, i baci e i regali che la gente si scambia fingendo una vomitevole e sintetica felicità a trentadue denti. “Il sangue non è acqua” dice qualcuno, intendendo che la biologica discendenza è strettamente correlata a ciò che noi siamo. In questo senso io non so, realmente, da quale anfratto dell’universo provenga. Adesso Ac/Dc altissimi elettrici viscerali sanguigni graffianti ruspanti. La voce di Bonn Scott canta Riff Raff. E fanculo tutto il resto. Non ho voglia nemmeno di Senia e di Lara e nemmeno di Micky. Voglio essere sola. Adesso. Voglio. Essere. Sola. Quand’ero piccola mi capitava così spesso di desiderare di essere sola. All’asilo, a scuola, alle feste, in giro con le amichette. Adesso che la mia famigliola è morta posso evitare di fingere. Posso sputare in faccia al mondo il mio disinteresse per tutto ciò di cui non m’importa. Niente m’importa. A parte gli Ac/Dc. Adesso suonano alto il loro blues acido, il loro rock scarno che proviene dall’intestino del più marcio mondo che si possa immaginare. Al funerale della mia famigliola ricordo la sensazione di una gelida ondata tutta interiore che mi sommerse mentre mostravo normalità. Insensibile alle cretinate che mi attorniavano pregustavo la libertà che si preannunciava, assaporavo con labbra assetate il cubetto di ghiaccio che il destino mi aveva offerto. Adesso, di colpo, spengo gli Ac/Dc e il mondo intero. Spengo tutto e mi lascio sprofondare. Sordo, nero buio morto come un lago nero perduto in qualche fottuto buco nero perso nel cosmo. 

venerdì 18 gennaio 2013

Jorge Luis Borges


Ho trascorso un’intera vita immerso nella letteratura, scrivere, leggere, immense catenelle di parole inanellate spesso con estrema diligenza, cura, amore, a volte con esattezza. La cosa più acuta e ingegnosa che ho fatto è stata quella d’inventarmi dei libri. Non scriverli, immaginarli e basta. Immaginare che esistessero e recensirli, criticarli, parlarne, scriverne, raccontarli. Scrivere e parlare di libri senza la seccatura di doverli scrivere, intere biblioteche immaginarie da cui trarre ispirazione, frasi da citare, argomenti da approfondire, pensieri su cui riflettere. Tutto senza la noia di scrivere pesanti tomi che forse nessuno avrebbe mai letto con vero piacere. Perché questo è il punto, leggere deve essere un piacere, un vero piacere in cui sprofondare, un meraviglioso bosco in cui inoltrarsi senza pensare a dove ti porteranno i tuoi passi, senza temere il sopraggiungere della notte, i rumori misteriosi del vento, delle foglie, degli animali. La letteratura può essere così profondamente misteriosa, nessuno potrà mai prevedere dove condurranno un determinato animo certe parole scritte. Nei libri ci si specchia, ci si perde, come in un mare dopo aver nuotato verso l’orizzonte fino a quando quasi non senti più le braccia. La vita certe volte può essere altrettanto profondamente misteriosa quanto la letteratura, cosa potrebbe riservare la vita ad un animo fatto completamente di musica? A Beethoven riservò la sordità, a me, se mi passate l’audace analogia, a me ha riservato la cecità. La scrittura e la lettura sono le cose che realmente distinguono gli uomini dagli animali, le parole scritte hanno il dono dell’immortalità, durano più di qualsiasi monumento di marmo, più di qualsiasi cosa fatta di carne, ossa, muscoli e sangue. Non tutti i grandi uomini sono grandi scrittori, ma tutti i grandi scrittori, in un modo o nell’altro, sono grandi uomini. Per scrivere bisogna pescare le parole in un pozzo, più è profondo il pozzo più la pesca può essere proficua. Le menti che somigliano a bacinelle d’acqua al massimo possono scrivere libri degni di un supermercato. Le biblioteche, quelle vere, sono meravigliosi assortimenti di pozzi in cui ci si può specchiare.

martedì 15 gennaio 2013


il coraggio, ai tempi della mia giovinezza, campi di prigionia, città bombardate, paure perennemente appiccicate alla pelle come tante zecche pulsanti che ti aspirano dal profondo la voglia di tirare avanti. il coraggio a quei tempi era una sottile lastra di vetro che se esibita poteva essere infranta con infinita facilità. potrei sembrare presuntuoso a molti di voi ma io, qualche brandello di quel che coraggio ce l’ho, radicato nei miei geni, nascosto e appiccicato caparbiamente ai miei globuli rossi. la società in cui sono, volente o nolente, nato e cresciuto, il benessere, hanno infiacchito apparentemente quel coraggio che, comunque, fa parte dei miei geni di battello ottocentesco. ho vissuto il vietnam, la guerra di secessione, la prima e seconda guerra mondiale, ho vissuto carestie e pestilenze, la mia pelle è un libro di storia senza voglia di fare alcuna propaganda. non parlo a vanvera e le mie parole non vogliono mancare di rispetto a chi ha sofferto. ho conosciuto anche una bellissima 14enne di nome anna frank, non ascoltava i talking heads ma era una meravigliosa adolescente, di quelle che se ce ne fossero di più la marmaglia che popola il mondo apparirebbe meno simile ad uno sterminato gregge. la mia pelle ha conosciuto tutto ciò. e anche oggi posso vantarmi di conoscere una piccola anna frank. vorrei che lei lo sapesse che per me, lei, è una piccola anna frank. 

venerdì 11 gennaio 2013


la positività, le fiction, i balli latinoamericani, i cocktail da fighettini, le vacanze con assenza di inventiva, i baci-abbracci-e-finti-interessamenti, la totale assenza di coraggio dovuta all’aver vissuto sempre nella bambagia, le letture del cazzo che vi ordinano gli editori con le loro macchine subliminali, mettetevi tutto nel culo a mò di grossa supposta tipo sommergibile... mmm domani circo, domani trucco da pagliaccio che non sopporta il luogo di lavoro ma che non lo sopporta in maniera socialmente accettabile... un mostro mimetizzato da semplice persona scazzata... sto così bene nel mio mondo sebbene non sia un mondo fatto di rose e uccellini che cinguettano felici... le ultime notti sono state notti tormentate ma è sempre il mio mondo, inquietudini che affiorano a fior di pelle, a fior di anima...in queste ultime due notti almeno tre volte ho sognato di morire, una volta in una sfrontata e insensata azione di guerra... sentore di morte, mano della dama di bianco vestita a sfiorarmi la fronte sudata...ho voglia di stare lontano dalle feste, dalle cene, dai luoghi stracolmi di sorrisi...


martedì 8 gennaio 2013

fanculo le persone speciali, le persone sono tutte uguali, l’unico diverso sono io. scusate l’esplosione di sincerità. sono cose che non si dicono, lo so, se non altro perché tutti avrebbero da ridire in infinito bla bla bla che non interesserebbe le mie orecchie. per quel che riguarda gli affetti credo di essere un mostro. non sono carne fatta per questo pianeta. non sono cattivo, questo è vero. sono anche capace di grandi slanci di sincera dolcezza. ma nessuno mi mancherebbe se scomparisse dalla faccia della terra. risparmiatevi i bla bla bla di circostanza, grazie. più passano gli anni e più sono serio quando mi chiedo “chissà come cazzo sono venuto a questo mondo”. posso essere buono, posso essere dolce, resto sempre un mostro. vorrei saper dipingere, o scrivere, per esternare la mia mostruosità. per renderla se non altro tangibile, persino visibile a qualcuno. me la tengo dentro, vabbe’. ombre e tetre ragnatele pendono dalle pareti della stanza illuminata da candele ottocentesche. di nuovo la dama di bianco vestita, ancora la morte che mi passa accanto solo per un salutino, un cenno della sua delicata mano scheletrita. “ci vediamo un po’ più in là” mi sussurra premurosa. sono circondato da persone che temono la morte. forse per via dei loro affetti, non so. a me, di sicuro, non dispiacerebbe lasciare il circo e le cazzatine ad esso correlate. mi dispiacerebbe solo non poter vivere i momenti come questo, totale solitudine, parlare a me stesso e stop. magari da morto potrò starmene di più per i cazzi miei, chissà. 

sabato 5 gennaio 2013

chi cavolo sta scrivendo queste parole? a chi appartengono queste dita che compongono frasi che si stagliano su un vetro luminoso? sono in procinto di dissolvermi, lascerò un’invisibile traccia come un arcobaleno di pulviscolo atmosferico. quasi  già non esisto, anziché scrivere sospiro su carta. e non ho nemmeno niente da dire, semplicemente sospiro. il mio sguardo è dolce, vitreo e limpidamente inanimato. non una goccia di sangue nel mio corpo. la mia splendida dama ottocentesca canta per me, una melodia incantevole che non passa nemmeno attraverso le mie orecchie, giunge sussurrata direttamente nella mia anima bianca, esangue, appesa ad un corpo che sembra quello di un vecchio pescatore d’altri tempi. in lontananza sento arrivare i miei lupi, più affamati che mai. non ho voglia di alcun essere umano. ascolto la voce della mia dama, fino a sprofondare nel mio buio. se mi risveglierò non lo so. ma questo importa così poco…

mercoledì 2 gennaio 2013



lontano dal circo sono tutto mio, libero e solo, libero di essere solo. barcollo moribondo e sorridente, sfrenato come un ballo sulle note di interstellar overdrive. una triste effervescenza sprizza dai miei pori colorati come micropozzi spalancati come occhi sulla volta del cosmo freddo e silenziosamente sovrumano. brucio e mi piace bruciare. stop. vado davanti alla specchiera del bagno, i miei occhi in questo momento devono essere bellissimi. [sono così belli diomio, roba da innamorarsi all’istante]. a modo mio sono uno dei miei eroi. finirò triste e solo e, almeno in parte, libero. sono il mio piccolo e bellissimo eroe part-time. poco fa, per le strade, tanta umanità agonizzante senza sapere di esserlo, vuoti occhi senza fondo, senza sogni, senza colori, senza fondale, solo lucine piene di spot televisivi e riflessi di vetrine come gabbiette dalle vetrose pareti senza impronte e ditate. mi sorprendo a desiderare un abbraccio. ma non da quelle sagome senza vita. vulnerabilità che sale a galla per ricordarmi che ho un corpo destinato a questo mondo. il mio destino maledetto. voglio la mia splendida dama ottocentesca, voglio che sia lei ad abbracciarmi. lei e basta. vorrei non dover incontrare gente per forza. voglio che sia solo lei ad accostarsi a me. potrei guardarla con gli occhi della specchiera.