mercoledì 30 luglio 2014

le cose che sai ti possono uccidere, quelle sono le più affascinanti, quelle più lontane dalla routine infernale. il sapore di andare avanti, voltarsi con qualche lacrima e comunque andare avanti, non c’è niente che ti faccia sentire così vivo. diceva lo scrittore “ una poesia che non scaturisce dal dolore mi annoia, una poesia fatta di tutte le superfluità dell’essere va oltre il fatto di annoiarmi, mi esaspera. non mi piacciono i sentimenti di lusso, non mi piacciono le poesie del cibo ma quelle della fame…”.
nella vita quante volte ti sei spogliato? i momenti senza vestiti sono i migliori. che sia per fare l’amore o per correre lungo un bosco dietro una preda da sbranare. lecco il veleno sulle mie labbra. chiudo gli occhi e sogno il precipizio. niente di meglio per dimenticare. e per restare solo, splendidamente solo. 

venerdì 25 luglio 2014

requiem for a dream

ho rivisto il film e ribadisco che la cosa più bella di quest’opera è senza dubbio il titolo. ciò non significa che il film sia brutto o non mi sia piaciuto, tutt’altro. semplicemente ha un titolo fantastico, suona bene e sintetizza a meraviglia tutto il film, tutta la sua essenza.
una signora oltre i sessanta, sola, con un figlio tossicodipendente, il suo sogno? partecipare ad uno show televisivo. e per andare in tv, e riuscire ad indossare il fantomatico vestito rosso che indossava nei tempi addietro, non esita ad imbottirsi di pillole dimagranti, diventa una vera dipendente di quelle pillole e finisce in un reparto di psichiatria dove le fanno l’elettroshock: sogno andato a puttane.
il figlio della signora di prima ha un amico, anche lui tossico. il suo sogno? fare il colpaccio, comprare una grossa partita di droga, rivenderla e fare i soldi. finisce in galera, la ragazza lo pianta e un altro sogno che va a puttane.
jennifer connely, bella e brava
il figlio tossico della signora, sempre quella della tv, è fidanzato con una bella ragazza, i due fidanzatini sono tossici entrambi, lui spera di fare il colpaccio insieme al suo amico, guadagnare una bella somma di denaro e aiutare la fidanzata ad aprire un atelier di moda. finisce che lui manda la fidanzata a prostituirsi per procurarsi la roba. altro sogno andato a puttane. requiem for a dream, potrebbe esserci un titolo migliore?


il ritmo del racconto è piacevolmente compulsivo, soprattutto nelle scene tossiche ricorda un po’ trainspotting, gli attori sono piuttosto bravi e… il titolo è meraviglioso.

[requiem for a dream, regia di darren aronofsky, usa 2000, cast: ellen burstyn,jared leto, jennifer connely]

venerdì 18 luglio 2014

keith jarrett- the koln concert (1975)
piove, ascolto the koln concert-keith jarrett, ovviamente seduto sul pavimento della mia stanza. un invisibile denso e grigio succo vischioso ammanta il mio scheletro. malinconia, dal greco mèlanos (nero) e cholè, bile nera, umor nero. dev’essere quella cosa lì, che avviluppa la mia pelle come un opprimente mantello e non fa respirare muscoli, carne, ossa e globuli d’ogni colore. un abbraccio di petrolio, anche se a me piace di più associarlo al grigio, ad un denso e appiccicoso grigiore. ma non sto affatto male, anche perché posso evitare di fingermi roseo e normale. poi qui, seduto sul pavimento, sento che il mio sangue scorre placido come un ruscello di montagna, di quelli la cui bellezza consiste nella loro totale trasparenza, nel loro essere cristallini, nella loro incapacità di nascondere le cose. mi sento quasi come accadeva in qualche mia altra vita, quando con un’overdose di insulina inducevano il mio corpo ad uno stato di coma e allora tutte le molecole del mio organismo rallentavano il loro moto, rallentavano e l’energia lentamente svaniva dal mio corpo, diventavo freddo, perfetto come il vetro, e una serenità quasi disumana s’impossessava di me e nessun vento soffiava, nessuna voce bisbigliava, nessun calore mi sfiorava.  una pace così perfetta, profonda e silenziosa voi non sapete nemmeno immaginarvela. altro che centri benessere, parchi di divertimento o centri commerciali. 

sabato 12 luglio 2014

madonna della seggiola,1513
niente è più graffiante della voce di janis joplin. perfetta, la sua voce, quando ti senti graffiare dal di dentro, quando le inquietudini che hai sotto pelle ti sguazzano dentro come tanti pesciolini, dotati di artigli, che nuotano nel tuo sangue pestilenziale. vorrei stare sdraiato sull’erbetta umida di un cimitero desolato, naso insù, guardare le stelle e il cielo nero. magari mentre gli spiriti di due morti fanno l’amore. sesso + morte = sangue. boh, questa mi è venuta così. come tutte le parole che vomito qui, del resto. e ingabbiarle nella mia scatola cranica e non riversarle su questo foglio sarebbe spiacevole. spiacevole per loro, per le parole. una specie di aborto, se capite cosa voglio dire. fatemi partorire, fatemi sanguinare e non rompete. uno sparo nel privato della mia notte, sorrido al mio cadavere, bevo un goccio di porto in suo onore. che bel sorriso dedico al mio cadavere. quasi lo bacio con lo sguardo. quando giungerà l’alba, ne sono certo, gli usignoli avranno una voce terribilmente stridula. e ci sarà anche un’impalpabile pioggerellina a bagnare l’aria. e vorrei vedere, vorrei mi venisse incontro, una madonna di Raffaello. 

domenica 6 luglio 2014

in piena notte faccio due passi nel mio piccolo paesetto del cass, peccato che non ci sia un fiume, c’è qualche auto a disturbare il silenzio, qualche schiamazzo giovanile fuori dai locali, risate dal basso quoziente intellettivo. le cose che per molti sono piacevoli per altri possono essere spregevoli. chissà quanto si sente solo l’ebreo errante, l’uomo che per non aver aiutato gesù fu condannato a vagabondare fino alla fine dei secoli. attraverso i secoli sfiora ogni cosa, ogni persona, i suoi occhi quante cose hanno visto. se avesse un grande talento letterario chissà quante cose potrebbe scrivere, potrebbe realizzare il più bel ritratto del mondo intero e dell’umanità tutta. tutto il mondo distillato da un solo sguardo, elogio dell’individualità. be’, ora eccomi seduto sul pavimento davanti a questo foglietto virtuale. una pacata inquietudine alberga nel mio animo e se qualcuno mi chiedesse “perché?” gli risponderei mentalmente con un “vaffanculo”. la passeggiatina notturna prosegue ora con la voce di lou reed che mi canta walk on the wild side. un giorno una fossa sul suolo, come una gigantesca vagina terrena, mi accoglierà e allora chissà a che buio o luce andrò incontro. la morte, come la luna o la notte, è sempre uguale e sempre diversa, a seconda che gli occhi che la guardano siano quelli di un adolescente innamorato, di un vecchio spossato dalle sofferenze o di chissà chi. probabilmente l’ebreo errante la vedrebbe come un insperato traguardo, una liberazione. probabilmente. se un giorno lo incontro glielo chiedo e vi farò sapere. chissà se per me arriverà, la morte, con gli artigli di un aquila o una carezza di un angelo, chissà. 

martedì 1 luglio 2014

che pagliaccio di talento! magari proprio simpatico no, però so essere socialmente normale, persino gradevole in una serata tutta circense tra birra e discorsi incentrati su imu, sport e cose così. poi rientro a casa e mi sento un angelo che può finalmente dispiegare le ali. poi rientro a casa e mi sento come in una sala d’attesa, come quando aspetti un treno o il tuo turno dal dentista, solo che non aspetto nulla. ma la sensazione è quella, essere solo in attesa di qualcosa. e la cosa che aspetti non t’interessa poi un granché, la cosa importante è che sei meravigliosamente solo, in compagnia della persona che preferisci ovvero te stesso. mi regalo un sorriso, ora, tutto mio, solo per me.

 stamattina mi sono svegliato presto per via di un incubo che tartassava i miei nervi febbricitanti, tralascio i dettagli ma c’era il signor hitler in persona completamente votato ad una caccia all’uomo e la preda ero io. braccato, disperatamente in fuga in una città disastrata, piena di macerie, angosciato e… ho detto che tralasciavo i dettagli, un po’ di coerenza batt! ad ogni modo era per dire che ora sono stanco, domani giornata di circo, dovrei dormire ma sono troppo stanco e inquieto per riposare. quindi eccomi qui. m’infilzo un gluteo per colorare i miei globuli elettrizzati con un po’ di chimica pace benzodiazepinica, stappo una bella bottigliona di leffe ambrata 9° da 75ml, residuo di calcistica partita vista a casa mia con alcuni pseudoamichetti (che pagliaccio di talento!). un allarme risuona lontano nella notte urbana, l’allarme di un’auto insidiata, una sirena monotona, affascinante quanto un discorso fatto all’interno della casa del grande fratello. io, chiuso nella mia stanza, seduto sul pavimento, sono la pupilla di questa notte insignificante. la temperatura della birra è appena passabile, nel mio frigo si è nuovamente formato un immenso iceberg che una di queste notti si frammenterà cadendo a pezzi producendo rumori che mi faranno pensare “che cazzo è? boh, chi se ne frega”. però la qualità della birra è ottima. domani sarò pallido e smorto, mi guarderò allo specchio e mi troverò adorabile.