sabato 27 febbraio 2010

corteccia ghiacciata

mi allontano per un po’, alcuni giorni lontano da tutti, leggo rimbaud, un ricordo personale della poetessa anna achmatova su amedeo modigliani: parigi, primi del ‘900; lei aspetta lui nel cortile del suo studio, la finestra aperta, lui non c’è, avevano un appuntamento. lei aspetta per un po’ con un mazzo di rose rosse in mano poi si stufa e lancia le rose dentro la finestra dello studio del pittore. quando s’incontrano, lui “ma come hai fatto ad entrare se la porta era chiusa a chiave?” lei “non sono entrata, ho lanciato le rose attraverso la finestra…” e lui “strano, erano sparse sul pavimento in maniera perfetta…” .
trascendenza scaccia violenza, complice una piccola ricaduta della colite, mi rinchiudo in casa con me stesso, per due giorni non vado a lavorare, a fare la spesa, dormo e sto sveglio quando ne ho voglia, disordinati orari inframmezzati da pagine e parole, qualche spasmo addominale (ma non come la volta scorsa eh!), immagini e intimi pensieri sparpagliati qua e là, sparsi in maniera perfetta…
riscopro la mega-indifferenza, nei confronti del mondo, che avevo parzialmente accantonato. un albero dalla corteccia ghiacciata, un tropicale torrente di linfa vitale scorre nel suo interno . un arroventato torrente invisibile agli occhi del mondo, rovente presenza che scava e graffia, lacera e stride senza farsi sentire. all’esterno corteccia ghiacciata....

giovedì 25 febbraio 2010

vergogna (di arthur rimbaud)

finché la lama non abbia/tagliato questo cervello/verde, bianco, grasso
involto/dal vapore mai nuovo
(ah! lui, dovrebbe tagliarsi/le orecchie, il
naso, il labbro/il ventre! e abbandonare/ le gambe! o meraviglia!)
ma
no;credo davvero che finché/per la sua testa la lama,/per il suo fianco le
pietre,/per le sue viscere la fiamma,
non abbiano agito, il ragazzo/molesto,
bestia tanto sciocca,/non dovrà neanche un attimo cessare/di far l’astuto
e d’esser traditore,/
come un gatto delle montagne rocciose,/d’ammorbare
tutte le sfere!/ma alla sua morte, oh Signore,/s’innalzi una preghiera!

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probabilmente scritta in seguito ad una delle numerose e violente liti con verlaine, troviamo la furente rabbia di arturino rivolta contro se stesso (gli auspici della carezza della lama, le percosse delle pietre, l’irriverenza della fiamma) e contro verlaine (“ah! lui dovrebbe tagliarsi le orecchie, il naso…”). la sua rabbia, incandescente e irrefrenabile, nasconde uno stato d’animo venato da un profondo (e momentaneo) senso di colpa mentre l’ultimo verso rivela una speranza di pietosa comprensione e indulgenza per un adolescente straziato da così forti sentimenti collerici. accecanti e furiosi lampi d’ira, in fin dei conti una piccola parentesi di sbraitata infelicità . come mi piace spesso ripetere, gli eroi, alla fin fine, sono sempre tristi e soli…

giovedì 18 febbraio 2010

ogni tanto m'innamoro...



uno dei tanti ritratti che modì fece alla sua amata jeanne hèbuterne, donna elegantemente gracile e bellissima, tristemente attraente, incantevolmente femminile, intrigante , garbatamente sensuale e candidamente romantica.
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aveva diciannove anni jeanne quando conobbe, nel 1917, il pittore livornese amedeo modigliani, trasferitosi a Parigi, dove conduceva una sregolata vita fatta di alcool, droghe, donne e ristrettezze economiche. lei era una dolce, bella e promettente allieva di un’accademia di belle arti, lui un pittore geniale. s’innamorarono perdutamente, disperatamente. lei era sempre amorevole e devota, lui non sempre la trattava rispettosamente ma la amava da morire, basta guardare gli innumerevoli ritratti in cui la immortalò. oh sì, come la vedeva lui quella donna… la amava indubbiamente, ne sono sicurissimo.
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nel 1920 modigliani, sempre di cagionevole salute, si ammalò gravemente e morì, forse di polmonite. lei, fedele al suo amore fino in fondo, il giorno successivo alla morte di modì si suicidò, incinta di otto mesi, gettandosi da una finestra.

ogni tanto m’innamoro di qualcosa: ieri ho speso quasi duecento euro per ordinare online una riproduzione su tela di questo dipinto, non è bellissimo? non vedo l’ora di averlo in casa. questo ritratto è straordinariamente affascinante, jeanne ha una bellezza così semplice, limpida e conturbante, è senza tempo, lontana e sensuale, il volto allungato, dolcemente arrotondato, gli occhi vuoti ma così incredibilmente espressivi, uno sguardo intenso mmmmmmm più la guardo e più me ne innamoro !!! la guardo, la guardo ancora. se amassi una donna la vedrei come modì vedeva la sua jeanne. di questo ne sono sicuro.

martedì 9 febbraio 2010

eccola, ancora lei, dolcemente lei, premurosamente, amorevolmente, morbosamente lei, la mia splendida dama ottocentesca, la mia sconfinata e intrinseca tristezza che non mi abbandona mai. anche questo è amore, non essere mai abbandonati, prendersi cura ovunque e comunque del proprio innamorato. lei non mi lascia mai, mi ha cresciuto e seguito in ogni momento, con infinita eleganza, sapientemente dosando lussuriosa partecipazione e riguardosa discrezione. quant’è consolatoria la sua imprescindibile presenza quando mi ritiro nei miei pallidi silenzi innevati. guardarla mentre mi osserva con dolcezza è guardarmi allo specchio e vedere che sono sempre lo stesso battello di sempre, tempeste e mareggiate non hanno scalfito il mio scafo d’abete. quando si è ragazzini si prova ad immaginare come saremo da grandi, io ho sempre sperato che non avrei ceduto neanche un cm alla banalità, alla piccolezza, alla mediocrità. neanche un cm. ciò comporta delle rinunce ma guardarsi allo specchio e sorridere, per me, è una sensazione impagabile.

domenica 7 febbraio 2010

ricordi

la musica mi trascina indietro negli anni, musica potente per fragili pensieri che resistono alle intemperie del tempo. sorrido sempre quando vedo il battellino adolescente. sono bello quando sorrido. ricordo le mie bucoliche camminate adolescenziali, dicevamo "andiamo a tirare con la fionda" anche se la fionda restava sempre nelle tasche, condivisa motivazione per digressioni campestri tra insolenti ragazzini scapestrati. ma queste sono cose mie. richiudo lo scrigno dei ricordi. vorrei fermare questi ricordi su carta, me lo riprometto da tanti anni. ma il sapore di lasciare queste immagini a penzoloni sul filo della memoria è irresistibile. lo farò. ma un'altra volta. come mi ripeto da anni eheheheheheh

lunedì 1 febbraio 2010

notte tormentata

se qualcuno mi volesse male suppongo sarebbe felice di vedermi così. cinque del mattino, sono pallido come un morto, stremato e indebolito da una notte d'inferno, passata perlopiù accasciato sul pavimento, sottomesso agli spasimi del mio stomaco. ogni venti trenta minuti ero su quel cazzo di pavimento, quasi come un musulmano in preghiera, oppresso dal dolore, ritorto su me stesso. qualche attimo di tregua, in cui tremavo come una foglia sotto il piumone, poi ancora pavimento e crampi, spasmi e dolore. in certi momenti mi sono sorpreso a gèmere sommessamente per il male, io che soffro sempre in silenzio. a parte alcuni gèmiti, il resto era tutto un respiro affannoso e incostante, non un minuto di sonno o quiete. ora eccomi qui, debilitato e smorto, ho persino cancellato il mio appuntamento con la quotidianità di stamani, un pagliaccio che non si regge in piedi non può far bene il suo lavoro. anche i pagliacci più seri (eheheheh...) suppongo ogni tanto possano prendersi un giorno di malattia. sto penosamente, non riesco nemmeno a ridere di me stesso, i lineamenti del mio viso rivelano tutti i patimenti di questa notte appena conclusa. ora, mentre scrivo, la tempesta sembra essersi quietata, non so per quanto...
saluti dall'inferno