lunedì 31 agosto 2009

Charleville II











27 ago Mi sveglio presto, alle 7:20 sono nella saletta dell’hotel per fare colazione, dentro me la palpitante felicità del ragazzino che si prepara all’appuntamento con la fidanzatina. Esco, il cuore freme serenamente, arrivo in piazza ducale, con al centro una modesta , quasi ridicola fontanella, solo qualche donnetta nei dintorni che si appresta a fare la spesa quotidiana. Dalla piazza prendo un lungo violone, avenue Charles Boutet, che mi conduce fino all’ingresso del piccolo cimitero civico, un cartello nero indica “Tombe Arthur Rimbaud”, avrei voluto cercarla io con lentezza ma ‘fa niente, all’esterno del cimitero degli operai asfaltano la strada, dentro nessuno, solo io (splendido!!).
Davanti a me la modesta tomba di uno dei più grandi uomini che il mondo abbia mai conosciuto, due lapidi verticali di marmo bianco, una per lui e una per sua sorella morta diciassettenne, un’altra lapide orizzontale, anch’essa bianca, col nome della mamma e del nonno. Eccomi, ci sono, sono arrivato. Mi compiaccio di esser solo nel cimitero e… …… bè, quello che penso, quello che sento sono cazzi miei, non sono certo affari vostri ( ehehehhehehe…)
… dopo un po’ di tempo scatto qualche foto, fumo due sigarette sulla panchinetta davanti alla tomba e penso “domani tornerò, e anche dopodomani..”. Lascio il cimitero con la leggerezza d’animo e la soddisfazione del post-orgasmo-spirituale, giungo al vecchio mulino sulla Mosa, entro nel museo Rimbaud: quattro stronzatine messe in croce, disposte sui tre piani del piccolo edificio alto e stretto, d’interessante solo il manoscritto originale della poesia “Vocali” e alcune copie di altri manoscritti autografi, lettere e poesie: voglioso osservo attentamente l’elegante e ottocentesca calligrafia del mio Arturino (elegante e ottocentesca come la mia splendida dama…) e concedo uno sguardo distratto alla sua valigia, le posate che usò in Africa… Il mio animo ancora pensa al cimitero quando lascio il museo ed entro nel cortiletto della casa, sempre vicina al vecchio mulino, in cui Arturino-caro soggiornò dal 1869 al 1875 ( penso ancora “forse oggi pomeriggio, di sicuro domani e dopodomani tornerò al cimitero!”).


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So che non è vero ma penso “dopo averti conosciuto da vicino credo che non scriverò mai più”, non è vero ma mi piace pensarlo lo stesso…
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Ma quale adolescente
bruciato dal proprio talento
Ma quale ragazzo dannato
sensibile e annoiato
Ma quale mistero
del precoce genio suicidato…
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Tu sei semplicemente Magia…

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Alle 18:30 sono ancora nella mia panchinetta davanti alla tomba di Arturino-caro, è sempre gradevole notare che sono solo nel cimitero, solo qualche sporadico movimento nella casetta alla destra del cancello d’ingresso, la dimora della famiglia del custode del cimitero. Il cimitero chiude alle 20:00, ci resto sino alle 19:55, con il sole che stanco comincia a pensare al tramonto. In quella panchinetta si sta da dio, ci tornerò sicuramente domattina, è il mio posto preferito! A parte quella della mia prima volta sulla riva della Mosa, in quella panchinetta fumo le migliori sigarette della mia vita.
Faccio un giretto nel centro della cittadina, m’imbatto nella fontana dedicata a Carlo Gonzaga, che nel ‘600 fondò la città, fontanella decisamente discreta se confrontata a quella della piazza ducale (in fatto di monumenti noi italiani siamo abituati troppo bene!!!)…
Cammino e cammino, decido di andare sul battello intravisto ieri, un nero battello ormeggiato sulla Mosa e adibito a pub, “ma cristosanto”, mi dico,” come cavolo si fa a gestire un esercizio del genere e a non chiamarlo Le Bateau Ivre??? Uno dev’essere proprio folle, pazzo e stravagante!!!”. Ad ogni modo, sul serio, solo un pubettino-ristorante chiamato Le Rimbaud, come può non esserci, QUI, un pub chiamato Il Battello Ebbro? Proprio strano il mondo… Mi siedo al tavolino del battello-pub-anonimo o, meglio, davanti a ciò che funge da tavolino ovvero una botte di legno, bevo qualche birra mentre il sole decide che è ora di tramontare, guardo il tramonto sospeso sull’acqua e mi è impossibile non pensare alle parole “E’ ritrovata. Che cosa? L’eternità. E’ il mare andato via col sole.”.
Mi gusto il tramonto mentre i camerieri, coi quali intraprendo tranquille discussioni sulla birra da portarmi “ yess, red beer… yes, red but not sweet, no sucker… yes, this one from belgium…” mi portano delle birre servite in bicchieri a dir poco stravaganti, il più carino è a forma di clessidra, con la base arrotondata che per stare in piedi dev’essere sostenuto da un supporto di legno. Mi sento meravigliosamente e non solo per le birre scolate, la sostanza che mi procura la migliore ebbrezza è sempre il pensiero della mia panchinetta al cimitero… Ho con me una copia del mio incompreso capolavoro, “la mia stagione”, leggo il capitolino “notte ebbra” e lo trovo stupendo, me ne compiaccio e mi sento come un piccolo Dioniso in incognito tra voi poveri mortali, sorrido dentro me e mi sento bellissimo, sorrido dentro. Accendo per qualche istante il cellulare ed arrivano le risposte ai messaggi inviati stamane dal cimitero: la piacevole discrezione di una donna senza volto, mio fratello che mi chiede “ma chi è sepolto a Charleville??”, un’animascura che mi scrive “Che culo! Anch’io…”

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