domenica 13 novembre 2011

charles bukowski

la mia bellissima musa dalle vene di ghiaccio mi ha mandato un sms per dirmi che ha ripreso in mano un libro che le regalai. non amo regalare “i miei libri”. probabilmente l’ha ripreso in mano per amore della letteratura. forse un pochino perché ha nostalgia di me, almeno così mi piace pensare. quello stesso libricino lo lessi per la prima volta da adolescente e lo regalai ad un amico adolescenziale, uno di quegli amici con cui si condividono mille notti adolescenziali, mille sbronze, mille cazzatine giovanili. il protagonista di quel libro divenne, per me e per il mio amico, un punto fermo da condividere, spesso lo citavamo compiaciuti. comunque, il libricino in questione l’ho ripreso in mano anch’io e me lo sono sparato in due giorni. ora ne ho in mano un altro, dello stesso scrittore, charles bukowski. secoli fa avevo l’abitudine, quando terminavo un libro che mi era piaciuto, di scrivere nelle ultime pagine bianche alcune impressioni. in questo libro che ora ho in mano c’è un mio piccolo addio allo zio buk, il libro in questione è un po’ il suo testamento letterario, aleggia ovunque il sentore della morte imminente. prima di trascrivere il mio piccolo addio mi piace citare la prima pagina del libro. tre ragazzi bussano alla porta di bukowski per chiedere un autografo. lui li caccia via dicendo che non hanno nemmeno una penna e della carta in mano.

“… li ho guardati allontanarsi e ho richiuso la porta. Ed eccomi qua a scrivere di loro. Con quelli bisogna essere piuttosto decisi, o ti arrivano addosso a frotte… … Uno scrittore non ha niente da dare se non quello che scrive. Al lettore non deve nient’altro che la disponibilità della carta stampata. E il peggio è che molti di quelli che bussano alla porta non sono nemmeno lettori. Hanno solo sentito parlare di te. Il miglior lettore e il miglior essere umano sono quelli che mi fanno la grazia della loro assenza.”.

ultima paginetta bianca del libro, da me imbrattata con una matita dal tratto quasi trasparente:

“beh, ciao zio buk. alla fine hai emesso l’ultimo etilico rutto e via… quante, quante ne abbiamo passate assieme. almeno, io assieme a te, tu non sapevi nemmeno della mia esistenza, per te ero solo uno che contribuiva a pagarti le spese, benzina-birra-cavalli, un tuo lettore insomma. non penso fossi un tipo da amare solenni epitaffi. ciao vecchio zio buk, una fetta dell’affetto spesa nella mia esistenza te la dedico di cuore, in tutta sincerità, senza stronzate di circostanza.

un giorno o l’altro berremo un bicchierino assieme”.

ilbatt, 1999

1 commento:

Anonimo ha detto...

speravo di trovare il piccolo tesoro di una testimonianza battelliana millenaria.. nel '99 già avevo quattro anni!