domenica 4 novembre 2012

Dylan Thomas


Sono semplicemente un poeta. Nascevano in me visioni che traducevo in suoni e parole, tutto qua. In una lettera al mio amico Henry Treece scrissi: “ Giudico l’inciampare di uno scoiattolo della stessa importanza, perlomeno, delle invasioni di Hitler, degli assassini di Spagna, del romanzo d’amore tra Greta Garbo e Stokowski, dei Personaggi Reali, dei disastri minerari, dei perfidi capitalisti, dei comunisti santarellini, della democrazia, della Chiesa d’Inghilterra, del controllo delle nascite”. La mia musica, la mia poesia era un intrinseco reticolo di amore, morte e natura. In ogni mia poesia ci sono tutte e tre le cose, inscindibilmente intrecciate l’una con l’altra. Nonostante il mio talento fu riconosciuto immediatamente, feci anche delle importanti conferenze e letture negli Stati Uniti, feci una vita dissoluta, i soldi così come mi arrivavano in mano così fuggivano via, come granelli di sabbia. Non me ne curavo per niente, in realtà.
In questo angolino che mi ospita, ho visto il signor Jim Morrison, che un po’ mi somiglia, nonostante il mio talento si sia manifestato esclusivamente per mezzi letterari. La cosa che mi è balzata in mente è l’analogia tra lui e Pam e me e la mia amata. Conobbi Caitlin, una ballerina franco-irlandese, in un pub londinese, il Weatsheaf. La nostra relazione fu sempre burrascosa, violenta, sempre in preda all’instabilità. Ma eravamo sempre e comunque legati, indissolubilmente, quando c’era il successo, la fama, i soldi e i riconoscimenti ma anche nei periodi squattrinati, negli eccessi, nelle bugie e nei tradimenti. L’ho aspettata anche da morto, sotto qualche metro di terra, dove c’è quella semplice croce di legno bianco nel cortile della chiesa di Saint Martin. E quarant’anni dopo mi ha raggiunto, la mia Caitlin. Forse il mio verso più famoso, quello che conclude la poesia “Una rinuncia a piangere la morte, per fuoco, di una bimba a Londra” è questo: ”After the first death, there is no other” / dopo la prima morte non ne esiste altra.

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