un’altra notte tutta mia, a scribacchiare queste parole che, anche se
non saranno un granché, sono assolutamente naturali come il respiro che mi esce
dalla bocca. voglio dire, non devo pensare o concentrarmi, escono da sole e
lasciarle sgorgare liberamente mi regala una sensazione che è una specie di
ritaglio di una beatitudine incastonata tra le fesserie sparse per la giornata.
scalzo, in mutande e maglietta, ogni tanto passeggio per la casa, mi affaccio
alla finestra, gradevole lo scroscio della piccola fontanella sotto casa, bevo
qualche sorso d’acqua, vado a pisciare, mi risiedo davanti a questo pc
scassato, mancano alcuni tasti della tastiera, la città dorme, sono quasi le
quattro del mattino, sono l’unico essere sveglio immerso in un dormitorio fatto
di loculi di cemento. sto così bene che anche i miei lupi sono mansueti, lontani,
da qualche parte del bosco a cui sono legato per volere di chi mi ha creato.
notti come questa sono una mentale fuga dal mondo, sono manciate di ore fatte
di assenza di azione, sono assurde, semplici e intense passeggiate intime e
forse anche un poco metafisiche. in queste notti sono come una carta assorbente
che si imbeve del silenzioso nulla che mi attornia. probabilmente la somma di
tutte queste mie notti sarebbe quanto di più vicino all’essenza della mia
esistenza. e considerato che si tratta di notti necessariamente solitarie,
posso dire che nessuno mi ha mai visto vivere. è la mia ombra, l’ombra della
mia vita, quella che gli altri vedono. scribacchiare in queste notti è ignorare
tutto ciò che accade e respira aldilà della finestra. non riesco ad immaginarmi
senza scribacchiare queste parole, potranno anche essere sconclusionate, ma se
non le lasciassi danzare nella notte mi resterebbero dentro le viscere
dell’animo, col loro peso e… liberarle e farle danzare credo sia come vedere
volare via un uccellino a cui abbiamo spalancato lo sportellino della gabbia.
una bella sensazione, insomma. è un silenzio piumato quello che si affaccia
alla mia finestra, un silenzio che è la mia tana in cui sto come su una morbida
zattera alla deriva nel cuore del mio oscuro bosco a tratti ardente come un
deserto, a tratti piovoso come un cimitero avvelenato.
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