mercoledì 21 novembre 2012


Mentalmente volteggio nella mia stanza su un’altalena celestialmente inesistente, sono una dolce pallida ninfetta cannibale, ho fame di terribili immagini che sconvolgerebbero gli umani, bianche culotte maglietta bianca e impallidita pelle diciannovenne. Sono la più pallida la più bella diciannovenne del mondo. Tutti i restanti esseri del pianeta piccoli esseri a metà con la loro piccola luce il loro microbuio e magari stanno anche male in quelle mini pozzanghere di angosce diluite e annacquate. Dondolo senza sosta con Sister Morphine in eterno repeat. Piccoli sorsi ritmati di William Lawson’s direttamente dalla bottiglia verde trasparente. Spengo la luce al buio cammino nel mio monolocale al tredicesimo come un’affamata tigre ingabbiata metto I got the blues in repeat, vorrei essere amata da tutte le persone del pianeta all’unisono, senza mai essere sfiorata, tutti a guardarmi col naso appiccicato al vetro della mia portafinestra. Alzo il volume piccoli sorsi ritmati di William Lawson’s canto alta e maleducata. Amo il mio bellissimo corpo bianco e slanciato, esangue bellezza incontaminata come un’insensata anonima lapide di marmo bianco nel bel mezzo di un’isola spartitraffico in un incrocio pregno di vitalità grigia di smog e cemento e lamiere che procedono con ripetuti e ipnotici singulti privi di ogni forma di passione. Amo il mio bellissimo corpo bianco e magro da sedare con amore. Una capsula rosa e blu trenta gocce di soporifero siero disciolte in piccolo bicchierino con del succo d’arancia altro sorso di William Lawson’s direttamente dal vetro verde trasparente. Accendo una grossa candela color avorio accendo una sigaretta accendo C’mon Billy di PJ Harvey. Cammino per la stanza scalza e bellissima come una dea diciannovenne in un mondo che ha dimenticato ogni mitologia. Micromonetina bianca di gesso benzodiazepinico deglutita con un sorso di Lawson’s. Mi siedo sul pavimento bella come una dea. Mi alzo prendo una birra e mi risiedo sul pavimento. Bella come una dea. Squilla il telefono è Senia “una di queste sere usciamo e ci beviamo la notte”. “Vorrei” le rispondo “vorrei piangere abbracciando triste una bianca sconosciuta lapide di ghiaccio”. Senia: “sono nuda appena uscita dalla doccia, indosso solo un’esuberante quantità di mascara sul mio sguardo”. Le dico “una di queste sere usciamo, sì. Ho voglia di vomitare fredde e chirurgiche cattiverie su chiunque cerchi di attaccare bottone”. Senia: “Cerco di recuperare anche Lara. Tra poco dovrei uscire con uno stronzetto che mi fa il filo a lavoro. Credo gli darò buca. Preferisco stare a casa, ho voglia di bere musica e dormire, senza respiri estranei sulla mia carne”. “Una di queste sere usciamo, sì. Fanculo Senia”. “ Ok, ci sentiamo. Fanculo a te Cry”. 

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