giovedì 6 giugno 2013

diomio i miei lupi stanotte sono più affamati che mai, non riesco nemmeno a stare sul letto, devo stare seduto sul divano, in salotto, forse per tutta la notte. ho il viso stravolto, stanco, sfibrato, invecchiato, la mia maschera è uno scafo eroso dai salmastri e invisibili venti che nascono come fumi o nebbie spettacolari, come napalm che si appiccica alla pelle e non la abbandona abbracciandola sino alla morte. ricordo ora, non so perché, quando da bambino ero ammalato, quando avevo la febbre, ricordo la meravigliosa sensazione di una spossatezza che mi molestava e quella molestia io la vivevo come una confortevole coperta che mi coccolava. immagino ora la fredda metallica estremità di una pistola che mi premo contro la fronte, immagino che premendo il grilletto si sentirebbe un crack della scatola cranica che si frantuma come vetro, adoro ora il suono di quel crack immaginario. seduto sul pavimento rannicchiato con le braccia che stringono le ginocchia, i piedi nudi sul verde del prato fatto di freddo bianco marmo di un appartamento cittadino. se mi passate l’ossimoro, un’inquieta serenità aleggia dentro il mio animo un poco ruvido e blueseggiante. la solitudine che mi sono regalato, o a cui sono stato destinato, è sempre più salda ed ha sempre più il sapore di una certezza che, a modo suo, mi dona una certezza solida come marmo. vorrei aver scritto moby dick. vorrei il talento pittorico di Raffaello. il resto è aria che riempie il tendone del circo quando lo spettacolo è finito, quando la gente se n’è andata e restano le cartacce, il silenzioso disordine e la puzza degli animali mista al dolciastro respiro di pop corn e zucchero filato.

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