martedì 3 febbraio 2015

luccicante come una scheggia di …oddio, quella cavolo di pietra nera dall’aspetto vetroso, che facilmente si frammenta in sottili scaglie taglienti…funk, odio quando non mi vengono le parole…vabbe’, l’incipit è andato a farsi friggere e non ricordo più nemmeno cosa diavolo volessi dire. alzo la musica così disperde l’antipatica sensazione di non ricordare la parola, la voce della mia adorata hope sandoval mi canta look on down from the bridge e ammorbidisce la mia mente facendola quasi liquefare e miscelare con la notte che incombe sulla città. … per qualche istante mi sono soffermato ad ascoltare la canzone poi ho guardato questo schermo e guardando le lettere ho pensato “cosa stavo scrivendo?”… come sempre la verità è che dispenso parole per il semplice piacere di farlo, così come mi vengono. non racconto niente, non parlo di niente, semplicemente faccio danzare le parole che mi nascono dentro ops, squilla il telefono, quasi una decina di squilli, è la mia amica matta rispondo-non-rispondo, alla fine rispondo perché è la mia amica matta e con lei posso essere matto anch’io: come stai sono nervosa domani passo a trovarti non dilungarti che mi fai spendere soldi sennò richiamami tu. io: domani mattina circo poi dovrei andare nel primo pomeriggio a vedere una partita di pallavolo della figlioletta di un amico se passi dopo le 18 dovrei essere a casa. lei: ok passo alle 18. la mia amica matta è sempre nervosa elettrica depressa effervescente come un tir che trasporta acqua gassata che ruzzola in un precipizio. è apprezzabile la mia amica matta perché si discosta dalla moltitudine ed è talmente matta che con lei posso evitare le convenzioni che normalmente regolano i rapporti sociali. cosa stavo dicendo prima della telefonata non lo so e poco importa. comunque, per la cronaca, la pietra è l’ossidiana. non c’è mai nessuna arianna a tendermi il filo per ritrovare i passi del discorso che stavo facendo ma va bene così. faccio danzare parole e basta. farfalle colorate che sventolano nella notte disegnando imprevedibili forme nell’aria scura. farfalle sprizzate dalla fecondità della mia mente totalmente privata di ormeggi. mi alzo accendo una sigaretta e mi gusto una canzone in piedi in mezzo alla stanza scalzo un poco pallido e con un’espressione [immagino] indefinita. due o tre minuti in cui mi sento bellissimo. un falco un fantasma un cavaliere un colore un suono una luce che non abbaglia un bacio un fiume un silenzio un monastero un fiore una lama un arbusto. ok, me ne vado. m’inoltro nel mio bosco. fitto buio nero pesto senza luna. una piccola morte da cui si può tornare. addio. 

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